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“Ha ragione Matteo”. “Come dice giustamente Matteo”. E Matteo di qui, e Matteo di là.

Lasciò stupefatti gli stessi renziani, oltre che gli addetti ai lavori, i toni confidenziali che usò lo scorso novembre alla Leopolda5, alla presenza di Matteo Renzi, la neo nominata direttrice dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi.

RENZIANA O VISCHIANA?

Toscana, già direttore delle Entrate in Piemonte, Orlandi è stata troppo presto e frettolosamente etichettata come super renziana. In verità, come si disse quando fu nominata dal governo Renzi al posto di Attilio Befera, non era considerata troppo renziana. Orlandi era infatti annoverata tra i dirigenti del fisco non troppo lontana, anzi, rispetto all’entourage di Vincenzo Visco, già ministro delle Finanze. In effetti, nel discorso alla Leopolda 5, dopo l’affettuoso “Matteo”, parlò della necessità di combattere evasione e corruzione, sulla scia di quanto aveva detto poco prima di lei il magistrato Raffaele Cantone, ora alla testa dell’Autorità anti corruzione.

LE PRIME AVVISAGLIE

Ma quel feeling con Matteo Renzi pare che sia ormai un lontano ricordo. Gli ultimi provvedimenti del governo hanno visto contrapposti Orlandi e l’esecutivo. Le prime avvisaglie risalgono alla vigilia dello scorso Natale, con la nota questione del 3%: al di sotto di quella percentuale l’evasione non era considerata un reato. Tra i critici rispetto alle intenzioni del governo ci fu proprio la Orlandi, che manifestò la “sua contrarietà in modo molto energico”, ricorda oggi il Corriere della Sera in un articolo di Lorenzo Salvia.

L’AUDIZIONE BIZZARRA

Alla prima audizione parlamentare, alla fine di luglio dello scorso anno, Orlandi dice testualmente: “Siamo un paese dove chi evade poi si aspetta l’assoluzione” e invece “serve certezza della pena”. Il neo direttore dell’Agenzia delle Entrate precisa poi che “la matrice cattolica di questo paese poi spinge chi evade a credere che poi arriverà uno scudo o un condono”. Tesi bizzarre che sono state dibattute e critiche su Formiche.net.

LE RAGIONI DELLE TENSIONI

Ci sono poi stati altri motivi di attrito con l’esecutivo, oltre al cosiddetto “decreto Berlusconi”: da una certa insoddisfazione da parte dei renziani per la dichiarazione fiscale pre-compilata non troppo semplificata rispetto alle attese, si mormora a Palazzo Chigi. Ma le tensioni sono poi deflagrate sulla questione del tetto alzato da mille a 3mila euro per l’uso del contante: il provvedimento non è stato condiviso dalle Entrate, che invece avrebbero preferito che fosse incentivato l’uso del bancomat.

LE STILETTATE DI ORLANDI

L’ultimo casus belli è quello relativo al personale dirigente dell’Agenzia: “Le agenzie fiscali rischiano di morire, rimangono in piedi solo per la dignità delle persone che ci lavorano”, ha sibilato nei giorni scorsi al quotidiano la Repubblica a proposito anche delle uscite dei dirigenti delle Entrate verso il settore privato dopo una recente sentenza della Consulta. La Corte costituzionale ha giudicato illegittime le promozioni in passato di circa 800 dirigenti, nel frattempo degradati a semplici funzionari e che dunque hanno fatto causa a Palazzo Chigi. “Mi accusano di lanciare falsi allarmi, ma se il recupero dell’evasione non è crollato è solo per la dedizione dei colleghi e il loro senso dello Stato”, si è sfogata Orlandi secondo una ricostruzione di Valentina Conte del quotidiano la Repubblica.

LA SCUDISCIATA DI ZANETTI

Le parole di Orlandi contro l’esecutivo sul contante e come risolvere la questione nata dalla decisione della Consulta sui dirigenti hanno fatto imbufalire il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, segretario di Scelta Civica, uno dei partiti della maggioranza di governo: “Se continua ad esternare il suo malessere e a dire che l’Agenzia muore, le dimissioni diventano inevitabili”, ha detto oggi Zanetti al quotidiano la Repubblica: “Se lei si sente messa all’angolo – ha aggiunto il tributarista sottosegretario all’Economia – è solo perché preferisce risolvere in un altro modo il nodo dei suoi dirigenti dichiarati illegittimi dalla Consulta. L’errore qui però è che difende i suoi uomini più fidati, non l’istituzione. Ma questo non è il suo compito”. “Non possiamo consentire a questi dirigenti, assunti in modo illegittimo, di tornare ai loro posti senza concorso. E invece ci sorbiamo da mesi la tiritera del direttore che dice di non essere in grado di andare avanti”, dice il sottosegretario che ha l’appoggio di Palazzo Chigi e dei vertici del dicastero dell’Economia. Stoccata finale di Zanetti indirizzata a Orlandi: “Passa il tempo a chiedere soluzioni giuridicamente impraticabili. Vuole forse una sanatoria? Se il governo la facesse, scoppierebbe la rivolta nelle agenzie. Gli altri 40 mila dipendenti non hanno l’anello al naso”.

LA DIFESA DI PADOAN

Il dicastero guidato da Pier Carlo Padoan, a poche ore da questa affermazione, ha divulgato una nota esprimendo il proprio sostegno alla Orlandi: “Nella lotta all’evasione fiscale l’Agenzia delle Entrate svolge un ruolo cruciale. Le competenze maturate e consolidate dal personale e dalla dirigenza costituiscono un patrimonio che il Governo intende salvaguardare. Lo spirito di dedizione e l’esecuzione dei doveri d’ufficio lontano dai riflettori che il personale ha mostrato in tante occasioni deve continuare a essere di esempio per chiunque operi al servizio del cittadino e dell’interesse pubblico. Nel contesto di immutata stima nel direttore Rossella Orlandi, questo Ministero è impegnato nell’attività di rafforzamento organizzativo e operativo dell’Agenzia delle Entrate”.

LA RICHIESTA DI DIRPUBBLICA

A dar man forte a Zanetti, comunque, sembra essere anche un sindacato dei dirigenti, la Dirpubblica guidata da Giancarlo Barra: “Gli organi di vertice dell’Agenzia delle Entrate – ha scritto Dirpubblica a Renzi e a Padoan – sono di tutt’altro avviso rispetto alla necessità di procedere all’indizione di un concorso pubblico, nel pieno rispetto della legge e dei principi costituzionali. Le intenzioni di Orlandi, secondo Dirpubblica, “emerge in maniera palese dalle dichiarazioni che la Direttrice della predetta Agenzia avrebbe rilasciato in ordine alle statuizioni di cui alla sentenza del Consiglio di Stato del 6 ottobre 2015, n. 4641, inerenti il concorso per il reclutamento di 175 dirigenti, già annullato dal T.A.R. del Lazio – Roma con sentenza 30 settembre 2011, n. 7636”. Orlandi, secondo Barra, “a distanza di anni, vorrebbe riprendere procedendo alla selezione dei candidati solo sulla base di un “colloquio”, ancora una volta in violazione delle norme, generali e ordinarie, in materia di reclutamento dei dirigenti pubblici ed in violazione finanche della speciale (e pur illegittima) disposizione di cui all’art. 4-bis, comma 1, del D.L. n. 78 del 2015”. Da qui nasce secondo Barra la richiesta di Dirpubblica per la “nomina del Commissario straordinario ai sensi all’art. 69, comma 1, del D.Lgs. n. 300 del 1999”. Non solo: ciò “non esclude l’avviso di un procedimento legislativo che, auspicabilmente, conduca alla liquidazione dell’Agenzia delle Entrate, dal momento che il processo di agencification, nell’esperienza concreta, non è servito a favorire una maggiore autonomia della dirigenza pubblica nell’organizzazione di funzioni tecnico-operative, ma si è risolto in un sistema caratterizzato dall’esercizio “precario” delle funzioni dirigenziali”.

(COMMENTI E ANALISI SU AGENZIA DELLE ENTRATE E DINTORNI. LO SPECIALE DI FORMICHE.NET)

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