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Le FARC (Forze armate rivoluzionarie colombiane) hanno chiesto che l’ultima e decisiva fase negoziale per mettere fine a sessant’anni di guerra civile sia anticipata da un incontro con il Papa, il prossimo settembre a Cuba. Non solo, visto che la stessa organizzazione armata ha richiesto alla conferenza episcopale colombiana di fare il possibile affinché un delegato del Vaticano sia presente regolarmente ai colloqui in corso. Una fonte diplomatica della Santa Sede, sotto la garanzia dell’anonimato, ha affermato al portale americano Crux che “la presenza di un rappresentante vaticano ai colloqui di pace è possibile”, senza però confermare la possibilità di un incontro tra i guerriglieri e Francesco all’Avana. In ogni caso, è allo studio un viaggio del Pontefice proprio in Colombia nel 2016 o, al più tardi, nel 2017.

LA SMENTITA DEL VATICANO

Ed è questa eventualità che pare riferirsi il vicedirettore della Sala stampa vaticana, padre Ciro Benedettini, quando smentisce che un incontro sia previsto: “Non è in agenda”, ha detto commentando le notizie di stampa. “E questo è notizia ufficiale della Santa Sede”, ha aggiunto, spiegando che per quanto riguarda i colloqui di pace in Colombia si tratta di trovare “altre modalità”.

LA DISPONIBILITA’ DI FRANCESCO

L’arcivescovo di Tunja e presidente dei vescovi colombiani, mons. Luis Augusto Castro, ha sottolineato come “entrambe le parti”, FARC e governo di Bogotà, vedano “positivamente” un interessamento del Papa nel processo di pace. E che Jorge Mario Bergoglio sia disponibile a far valere le proprie doti da mediatore – come s’è già visto nel caso della distensione tra gli Stati Uniti e Cuba – lo ha confermato lo stesso Castro il 3 agosto scorso, intervenendo a una radio locale. Antonio Lozada, negoziatore per conto dei guerriglieri, ha spiegato che l’incontro con il Pontefice “dipenderà dal Vaticano e dal governo cubano”. Ivan Marquez, portavoce Farc, su Twitter si è detto ottimista, aggiungendo che il desiderio di incontrare Francesco “proviene dal cuore”.

IL PARAGONE CON WOJTYLA PERO’ NON REGGE

Ancora una volta, dopo il già ricordato intervento riguardo i rapporti tra Cuba e gli Stati Uniti – apprezzato e sottolineato da Raul Castro e Barack Obama, nonché dal segretario di stato americano John Kerry – il Papa si trova a essere chiamato in causa in veste di mediatore nei conflitti (spesso lunghi e striscianti) del suo continente. Lo ha ricordato sulla Stampa Andrea Tornielli, spiegando che le richieste ufficiali delle FARC “riaccendono i riflettori sul ruolo geopolitico del Pontefice argentino”. Il responsabile di Vatican Insider rileva quanto poco senso abbia paragonare l’azione di Francesco in Sudamerica con quella attuata da Giovanni Paolo II in riferimento ai Paesi dell’est europeo: “Il confronto non regge. Innanzitutto perché è cambiata la geopolitica e il mondo non è più diviso in due. E poi perché all’origine di questi passi del Papa argentino con radici italiane non c’è innanzitutto un’identità culturale latinoamericana o un pensiero politico strutturato, ma più semplicemente un approccio evangelico e realistico ai problemi del globo”. Si tratta, aggiunge Tornielli, “di un approccio libero da progetti geopolitici e indennitari”, che si sviluppa “senza preoccuparsi dei veti politicamente corretti dei maître à penser occidentali”.

LE RICHIESTE DI EVO MORALES

C’è poi, da rilevare, anche una terza richiesta di mediazione: quella avanzata dal singolare Evo Morales, presidente boliviano, perché il Papa aiuti La Paz ad avere lo sbocco sul mare frodato – secondo il capo dello Stato locale – dai vicini cileni. Francesco si è detto pronto ad attivarsi “In tutto ciò che possa essere utile”. Frase che è bastata a Morales per ritenere che Bergoglio si è schierato dalla sua parte nel contenzioso contro il Cile. Francesco, però, si è limitato ad auspicare un dialogo concreto e genuino tra le parti in causa, senza prendere posizioni a sostegno dell’una o dell’altra tesi.

Anche le Farc colombiane chiedono la mediazione del Papa

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