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È al centro dell’attenzione di tutti la lotta al cambiamento climatico. L’Onu ha addirittura istituito un gruppo di studio: l’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc).
E molti pensano che su questa lotta debbano entrare in gioco la scienza e la fede. La serie di eventi cui si dà il nome di cambiamento climatico riguarda lo strato d’aria che circonda la sfera terrestre. Questa enorme quantità d’aria obbedisce alle leggi fondamentali che la scienza ha scoperto negli ultimi quattro secoli, grazie a Galileo Galilei che cercava nelle pietre le “impronte del Creatore”.

Avrebbe potuto trovare il caos e invece scoprì che esiste una logica rigorosa. Oggi sappiamo che questa logica è fatta di sette strutture elementari e di quattro forze fondamentali. Lewis Richardson – cent’anni fa – usando la logica di Galilei trovò che, per fare previsioni meteo, sarebbe stata necessaria una squadra con centinaia di persone, tutte dedite a fare calcoli, giorno e notte. Per mesi e mesi. Se a Londra ci fosse stato sole o pioggia si sarebbe saputo molte settimane dopo l’arrivo del sole o della pioggia. Si arriva così al 1950. Il padre dei computer, Johnny von Neumann, insieme a due suoi collaboratori, Jule Gregory Charney e Ruth Fjörtoft, riesce a fare le prime previsioni meteorologiche, grazie all’uso del calcolo elettronico da lui stesso inventato. Von Neumann si accorge subito che l’errore nelle previsioni aumenta col passare dei giorni, non in modo probabilistico.

Prevedere che tempo farà fra una settimana introduce errori più grandi di quelli che vengono fuori se ci si limita alle previsioni per il giorno dopo. Avere un gruppo di equazioni per seguire l’evoluzione meteorologica non vuol dire avere risolto il problema delle previsioni. Vuol dire provare, tentando, diverse strade. Ciascuna con un modello costruito

Più raffinato è il modello, più piccolo dovrebbe essere l’errore. Von Neumann scopre che non è così. L’errore cresce man mano che si va più in là nelle previsioni meteorologiche. Senza che questo errore possa essere ridotto, migliorando il modello. La dinamica atmosferica non si lascia facilmente imitare dai modelli.

Si arriva così a due scoperte: il cosiddetto “effetto farfalla” e “l’attrattore meteorologico”. La prima ci dice che basta il battito delle ali di una farfalla in pieno oceano per stravolgere le previsioni di un modello meteorologico, anche raffinatissimo. La seconda scoperta ci dice che ci sono mille modi in cui ci si può avvicinare a una previsione, ma la certezza non la si potrà avere mai. Ecco perché è lungi dalla certezza attribuire alle attività umane il cambiamento climatico. L’unica via di uscita nel cercare di descrivere l’atmosfera è infatti la costruzione di un modello matematico.

In termini semplici un modello matematico corrisponde a dire: “E’ così perché io penso in modo matematicamente corretto che debba essere così”. In termini ancora più semplici: “E’ così perché l’ho detto io”. Citiamo qualche esempio che illustra le difficoltà nel descrivere ciò che accade nell’atmosfera. Le nuvole sono la componente più importan­te nella dinamica climatologica planetaria. Il loro colore che continuamente cambia, la loro densità, la loro struttura in altitudi­ne sono fattori di estrema importanza per capire come queste quantità d’aria assorbo­no e riflettono la radiazione solare. Sono le proprietà caratteristiche delle nuvole le vere responsabili delle numerose discrepanze che vengono fuori quando si mettono a confron­to le previsioni dei modelli climatologici con i dati sperimentali.

Ci sono poi i problemi legati a come descrivere le interazioni tra atmosfera, oceani, venti, correnti marine e gas a effetto-serra. E poi ci sono le particelle di polvere, fuliggine e di altre sostanze che vengono continuamente iniettate nell’at­mosfera senza che sia possibile un controllo accurato delle loro caratteristiche, sia in ter­mini di quantità sia in termini di qualità. Ep­pure queste polveri hanno un ruolo impor­tante nella termodinamica dell’atmosfera. Il grande pubblico vuole sapere se è vero che le attività dell’uomo stanno portando a uno sconvolgimento delle caratteristiche clima­tiche di questo satellite del sole. La risposta non può essere data da un modello matema­tico per i motivi sopra esposti. Non bisogna quindi dimenticare che si tratta di modelli matematici le cui conseguenze si valutano in miliardi di dollari.

Il futuro sta nella velo­cità di calcolo e nella struttura matematica da perfezionare. Il nostro cervello impiega un secondo per fare una semplicissima ope­razione matematica. Ad esempio, 3 per 5 fa 15. Ed è passato un secondo. L’elettronica moltiplica la potenza di calcolo per un fat-tore di un miliardo. Chi scrive ha un gruppo che detiene il record mondiale di precisione sulla misura dei tempi di volo nell’univer­so subnucleare: il record è di 15 picosecondi (un picosecondo è un millesimo di miliarde­simo di secondo). È certo quindi che si può aumentare la velocità dei futuri calcolatori. La matematica in uso per descrivere l’atmo­sfera è identica a quella usata da noi fisici per studiare l’unificazione delle forze fonda­mentali della natura.

Chi scrive ha al suo at­tivo lo studio più esatto che esista su questo problema. Viene fuori che bisogna fare veri­fiche sperimentali per stabilire la validità dei nostri modelli. Ad esempio, qual è il livello d’energia in cui viene fuori il supermondo. È questo il più affascinante obiettivo del Cern. Nella matematica che studia il riscal­damento globale e l’effetto delle attività umane su esso bisognerebbe andare avanti proponendo esperimenti da fare. Siamo lun­gi da questo traguardo. L’unica certezza è che bisogna evitare di fare errori, prendendo provvedimenti che invece di curare peggio­rino le cose. Infatti, il sistema di equazioni non ha soluzione analitica, il che vuol dire che nessuno riuscirà mai a scrivere l’equa­zione che descrive l’atmosfera. Se la cultu­ra dominante del nostro tempo, detta mo­derna, fosse al passo con le conquiste della scienza, tutti combatterebbero coloro che inquinano e distruggono i doni del Creato­re. Fede e scienza sono doni di Dio, disse san Giovanni Paolo II, e sono anche le due più grandi conquiste della ragione: la fede nel trascendente, la scienza nell’immanente. È sui valori di queste due grandi conquiste che dobbiamo impegnarci affinché ciò che inse­gna papa Francesco sulla difesa della natura diventi realtà. C’è quindi una sola conclusio­ne, in attesa che la scienza riesca a stabili­re come realmente stanno le cose: bisogna subito intervenire per punire severamente coloro che inquinano e distruggono il creato.

di Antonino Zichichi
Presidente World federation of scientists – Wsf

Enciclica ambiente, inquinare è un peccato per la scienza e per la fede

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