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L’iniezione di 1,140 miliardi di Euro in corso fino a settembre 2016 da parte della Bce via acquisito di titoli di Stato europei (Quantitative Easing) non riuscirà a stimolare la crescita strutturale dell’economia. Ed è per questo motivo che MBS giunge alla conclusione secondo cui Draghi sarà costretto a continuare a stampare anche oltre il 2016, raddoppiando la dimensione del suo QE annunciato nel gennaio scorso.

Si entrerà dunque secondo Mediobanca Securities (MBS) in un QE2 seguendo la scia di quanto fatto dalla FED che ha dovuto rinnovare ripetutamente le sue iniezione di liquidità nel sistema iniziate nel 2009. Sono tre i motivi principali che portano MBS a parlare di QE2:

1) QE1 resta di dimensioni ridotte rispetto a quanto fatto dalla altre banche centrali (11% del Pil europeo contro il 20% di quanto fatto dal QE in US e UK);

2) il mercato banco-centrico europeo non aiuta la trasmissione del QE all’economia reale (il 74% del debito corporate è bancario, il doppio rispetto agli Usa);

3) la trappola di liquidità di keynesiana memoria rende la moneta endogena nell’Eurozona e quindi guidata dal PIL e dalla domanda piuttosto che dall’offerta di moneta e dal bilancio della banca centrale.

HELICOPTER MONEY – LA PROVOCAZIONE DI GUGLIELMI 

Dove sta scritto che il QE si può fare solo cosi? Perché iniettare QE via banche sperando che poi loro lo passino alle famiglie e non dare moneta direttamente alle famiglie? La teoria economica ha guardato spesso al concetto di distribuire soldi a pioggia alle famiglie scavalcando il sistema bancario ma l’applicazione pratica finisce per scontrarsi con decisioni politiche che preferiscono premiare le banche.

Ed ecco allora che Mediobanca Securities, capitanata da Antonio Guglielmi, ha quantificato che qualora lo stesso QE di 1,140 miliardi fosse stato fatto via helicopter money ogni contribuente europeo avrebbe avuto circa 4mila euro da spendere. Assumendo che ne spenda il 25% il risultato sarebbe stato una crescita del PIL europeo dio circa il 3.1%. Perché non prendere in considerazione questa strada come soluzione per introdurre uno shock salutare sul lato della domanda? La risposta non può che essere politica a vantaggio della lobby bancaria visto che economicamente un intervento a pioggia sulle famiglie avrebbe avuto molto più senso, secondo Guglielmi.

UTILI A RISCHIO PER LE BANCHE

Ma il vero problema del QE fatto via titoli pubblici acquistati dalla BCE è che porterà a tassi di interesse a livelli ultra bassi per un periodo molto lungo in Europa, il che inevitabilmente metterà forte pressione sulla redditività delle banche. Ecco dunque che l’impatto del QE1 sulla contrazione dei tassi significa che gli utili attesi per il prossimo anno dalle banche europee sono a rischio di un 12% di erosione, secondo la stima proposta dagli analisti di Mediobanca Securities capitanati da Guglielmi. Circa un 30% degli attivi totali (€4.7 trilioni) nella Eurozona sono infatti a rischio di contrazione di margini (mutui a tasso variabile, portafoglio titoli, etc). Questo impatto sarà solo parzialmente compensato da minori costi di rifinanziamento sui circa €10.5 trilioni di depositi della Eurozona e €1 trilione di passività a medio lungo termine che scadono entro il 2016 (subordinati, covered bonds, etc) offrendo dunque alle banche opportunità di rifinanziamento a tassi più bassi.

L’ITALIA SI SALVA, POPOLARI IN TESTA

Il risultato è che solo otto delle 41 banche analizzate – si legge nel report – mostrano un impatto neutro o leggermente positivo sull’utile per azione del 2016. Si tratta per lo più di banche italiane o Scandinave (Popolari, Intesa Sanpaolo, SHB, Swedbank). Gli sconfitti con un rischio sull’eps del 20-30% sono un mix di banche spagnole, UK, Austriache e tedesche (Bankinter, Santander, BBVA, RBS, Commerzbank, Caixabank, Bbva, Erste). Dunque, long su Italia e Francia, short su Europa core e Spagna.

DAVIDE SCONFIGGE GOLIA

Insomma, la povera periferia bistrattata vince sui muscoli della Germania, all’incirca. In realtà “i vincitori marginali sono Italia e Francia, i cui istituti di credito dovranno limare gli utili del 7 e 8% rispettivamente contro un 12% medio di settore. I primi riflettono una velocità ed uno spazio di rifinanziamento del passivo ben superiore alla media europea il che garantisce alle banche italiane minori costi per interessi passivi. Se il 38% delle passività a medio lungo termine arriva in scadenza in Europa entro il 2016 (8% del totale delle passività) per le banche Italiane questo numero sale al 56% (15% delle passività totali).

Emerge dunque una capacità quasi doppia delle banche italiane rispetto ai cugini europei di rifinanziare il passivo a tassi più bassi. Le banche francesi invece vincono sul lato dell’attivo mostrando una capacita’ di difesa dei margini superiore alla media grazie alla elevata componente degli attivi a tasso fisso e quindi non a rischio di contrazione di margini.

Solo il 20% degli attivi delle banche francesi infatti subirà un riprezzamento al ribasso per via del QE rispetto al 45% di Spagna e Scandinavia che sul fronte opposto mostrano infatti la maggiore esposizione a rischio di contrazione dei margini da QE. Infatti le prime 15 banche quanto a sofferenza sui margini dell’attivo sono proprio in Scandinavia, Europa core e Spagna.

MARIO DRAGHI BCE

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