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Mentre in Italia i No-tutto approfittano di ogni occasione per protestare (in alcuni casi provocando non pochi danni) urlando “Not in my back”, in Tunisia manifestano per il contrario. Chiedono più trivellazioni e più ricerche dei giacimenti petroliferi del Paese. A Tunisi, Tozeur e Tataouine ci sono stati una serie di cortei, organizzati attraverso i social network, con la richiesta di “più petrolio per il popolo” della campagna “El Winou Olio”.

Sul blog del giornalista del Sole 24 Ore Jacopo Giliberto si possono ascoltare le canzoni rapper dedicate alle bontà delle trivellazioni petrolifere.

MARE DI PETROLIO

Secondo alcuni movimenti sociali in Tunisia ci sono “riserve nascoste” che potrebbero essere più sfruttate. Ma l’amministratore delegato della statale petrolifera Enterprise, Mohamed Akrout, sostiene che “la storia che la Tunisia sta dormendo su un mare di petrolio è una finzione inventata da dispute politiche dietro la campagna El Winou Olio sui social network”.

PRODUZIONE SOSTENUTA

Da quanto si legge sul sito Mosaiquefm, Akrout ha invitato alle persone che lavorano nel settore petrolifero a reagire contro questo tipo di campagne. Il Ministero dell’Industria tunisino pubblicherà sul sito ufficiale i contratti petroliferi e la produzione giornaliera di petrolio in Tunisia. La produzione di greggio tunisino è di circa 55.000 barili al giorno, con un calo della produzione di 51.000 a causa della sospensione di due giacimenti petroliferi nella regione di Kebili.

I tunisini sono consapevoli dei vantaggi economici e sociali delle trivellazioni in casa. Sanno che con quelle risorse si possono combattere la disoccupazione, la povertà e l’immigrazione. Mentre molti Paesi possono subire conseguenze negative della discesa del prezzo del petrolio (come Iran, Irak, Libia, Russia e Venezuela), in Tunisia la tendenza degli ultimi mesi è positiva.

CONSEGUENZE POSITIVE

Un rapporto economico della Banca Mondiale di questo anno indica che la Tunisia può trarre profitto. Il bilancio dello Stato è stato calcolato con il barile di petrolio a circa 95 dollari, per cui un prezzo più economico significa che il governo spenderà ancora meno in sussidi per l’energia. Un petrolio ancora più economico ridurrà i costi di produzione e di trasporto dell’alimentazione, oltre al prezzo dell’energia.

Anche la Mappa di rischio politico 2015 della britannica Aon Corporation, che ha analizzato la situazione di 163 Paesi (esclusa l’Unione europea), sostiene che mentre Iran, Irak, Libia, Nigeria, Sudan e Turkmenistan hanno un rischio politico alto e medio, Egitto, Tunisia e Marocco potranno beneficiarsi di importazioni più economiche e un maggior benessere sociale per la popolazione.

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