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Chissà cosa sarebbe accaduto se al posto di un colosso tedesco ci fosse stata un’azienda italiana, magari la nuova Fca guidata da Sergio Marchionne. Invece ad essere colpita da uno scandalo di proporzioni internazionali è stavolta la Volkswagen, gigante dell’automotive dell’efficientissima – almeno sulla carta – Germania.

IL CASO

Con un comunicato diffuso nella giornata di ieri, il gruppo di Wolfsburg ha riconosciuto l’uso intenzionale di software progettati per falsare la misurazione degli scarichi di gas dei veicoli diesel venduti negli Stati Uniti, con l’intento di aggirare gli standard ambientali del Clean Air Act. Un’eventualità che, sulla scia dello scandalo, ha spinto l’azienda a fermare la vendite delle vetture diesel quattro cilindri dei brand Audi e Vw negli Usa.

LE SCUSE DI WINTERKORN

In particolare le accuse riguardano circa 482.000 vetture diesel vendute negli Stati Uniti dal 2009: le Volkswagen Jetta, Beetle, Golf e Passat, e l’Audi A3. Cifre che hanno spinto l’ad Martin Winterkorn (nella foto) a scusarsi e ad annunciare l’avvio di un’inchiesta indipendente per chiarire l’accaduto e recuperare la fiducia di clienti e mercati, apparentemente compromessa.

IL TONFO IN BORSA

A testimoniarlo c’è in primo luogo il crollo del titolo, a picco sul listino di Francoforte, dove ha perso il 22%, bruciando in poche ore 16 miliardi di capitalizzazione, scendendo a 60,4 miliardi di euro. Mentre il rating “A”, con outlook stabile, che Fitch Ratings ha assegnato a Volkswagen potrebbe essere rimesso in discussione se questa crisi dovesse ulteriormente peggiorare.

GLI EFFETTI

Non solo. “Visti i precedenti della concorrenza – ha spiegato Andrea Malan sul Sole 24 Ore -, “è possibile che lo stesso manager (o qualcuno dei suoi sottoposti) sia costretto a chiedere scusa in pubblico di fronte al Congresso, come era accaduto a Mary Barra di Gm e Akio Toyoda della Toyota. La prima per il caso dei blocchetti di accensione difettosi, per il quale Gm è stata colpita di recente dal dipartimento della Giustizia con una multa da 900 milioni di dollari; Toyota cinque anni fa, per lo scandalo dei veicoli che acceleravano improvvisamente senza che il conducente potesse frenarli”.

COSA ACCADRÀ ADESSO

La notizia giunge come un terremoto a pochi mesi dal vertice di Parigi sul clima di novembre e in un momento di massimo impegno sul tema da parte dell’amministrazione Usa, che si propone come leader mondiale della lotta al climate change. Elementi che lasciano presagire una misura esemplare. Secondo le previsioni dell’Ente americano per la protezione ambientale Usa (Epa), raccolte da Reuters, il gruppo tedesco rischierebbe infatti una multa di ben 18 miliardi di dollari.

L‘OPINIONE DI FERRARI

“Non mi stupirebbe affatto”, commenta a Formiche.net Ernst Ferrari, consulente delle concessionarie automobilistiche e in passato nel Gruppo Fiat. “Siamo di fronte a un fatto gravissimo, mai avvenuto a mia memoria”. In passato, ricorda l’esperto, “abbiamo assistito al ritiro massiccio dal mercato di milioni di prodotti con problemi. Ma mai ciò è dipeso, per ovvi motivi, dalla volontà dell’azienda. In questo caso siamo invece di fronte a una cosa ben diversa, una frode voluta, che forse non affosserà un gigante come Volkswagen, ma gli arrecherà di certo, come minimo, un colossale danno d’immagine, con conseguenze sul lungo periodo”.

Tutti i trucchi tossici di Volkswagen

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