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Ci si lamenta troppo, ma paradossalmente a torto, della mancanza di solidarietà tra i Paesi dell’Unione europea.

La vicenda dei migranti che sbarcano in Italia per chiedere asilo, sfuggendo da guerre e carestie, viene portata ad esempio di un atteggiamento per cui ciascuno pensa esclusivamente al proprio tornaconto: la Gran Bretagna dichiarò subito che non avrebbe accettato il principio delle quote e presidia attentamente lo stretto di Calais, perché è dalla Francia che cercano di entrare. Quest’ultima, a sua volta, rafforza i controlli al valico di Ventimiglia, mentre l’Ungheria chiude le frontiere perché la “barca è piena”. Al Brennero e dintorni, girano ronde tripartite: gendarmi austriaci e tedeschi, insieme ai poliziotti italiani. E’ così: la solidarietà europea non esiste. Soprattutto quando si tratta di immigrati, extracomunitari o meno, non fa molta differenza: ogni Stato provveda per sè.

Diverso, invece, è il caso della solidarietà europea quando ci sono di mezzo le banche: qui la musica è diversa. L’ESM, soprannominato Fondo Salva stati, in realtà è un sistema che serve a ripartire, in realtà a danno dei cittadini dei Paesi più deboli, le perdite che altrimenti graverebbero sulle banche dei Paesi più forti, prime tra tutte quelle tedesche e francesi.

La solidarietà finanziaria funziona così: quando le banche hanno il timore di un default, di uno Stato come la Grecia, o di un intero sistema bancario come nel caso della Spagna, dell’Irlanda o di Cipro, allora si apre l’ombrellone degli Stati che intervengono con il salvataggio attraverso l’ESM. A pagare, nel caso di default del creditore, saranno i cittadini, con le tasse: ecco come si trasforma la regola del bail-in, quella secondo cui l’onere di un fallimento bancario dovrebbe ricadere sugli investitori, in un affarone per i creditori privati. Si mettono all’ombra, anzi indossano un bel ciambellone di salvataggio pagato dagli Stati: diventano creditori dell’ESM.

Ecco perché gli italiani non avrebbero niente da preoccuparci nel caso di un default della Grecia: i prestiti bilaterali, per l’importo di 10 miliardi di euro, sono stati già contabilizzati, visto che per versarli ad Atene ci siamo già indebitati per questa stessa cifra sul mercato. Lo stesso vale per le garanzie prestate dall’Italia all’ESM: anche quelle hanno contribuito ad accrescere la montagna del nostro debito pubblico, su cui paghiamo regolarmente gli interessi.

Insomma, anche se Atene non dovesse pagare, ci pensiamo noi. E così le banche di Francia e Germania che si erano esposte improvvidamente verso la Grecia si sono salvate: in fondo, le abbiamo aiutate noi italiani, che non c’entravamo niente. D’altra parte si sa, gli Italiani sono brava gente. Anche per il salvataggio delle banche spagnole ha provveduto l’ESM, e noi abbiamo dato il nostro contributo.

Affermare che in Europa non c’è solidarietà tra gli Stati è davvero una colossale bugia. Bisogna aiutare chiunque si trovi in cattive acque, e soprattutto ripartire in quote il costo del salvataggio tra tutti: servono solidarietà ed equità.

Peccato però che, alla fine, i Paesi più poveri paghino per i più ricchi e che queste regole valgano solo per chi naviga in un mare di soldi.

Perché l'Italia non deve preoccuparsi di un eventuale default della Grecia

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