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Mentre la Libia continua a infiammarsi, i negoziati languono, nonostante gli annunci, e l’invocazione a pacificare quanto prima il Paese nordafricano si ode provenire con sempre più forza anche dai prudenti diplomatici di stanza in Vaticano, come l’ambasciatore di Libia presso la Santa Sede, Mustafa Rugibani, candidato a primo ministro alle prossime elezioni in Libia, quelle che seguiranno le trattative finora poco fruttuose alle quali sta lavorando l’inviato dell’Onu Bernardino Leon.

IL TERRORE DELL’ISIS

La situazione è ormai fuori controllo. Questa mattina, nell’ex regno di Muammar Gheddafi già fiaccato dalla pesante guerra civile seguita alla deposizione del Rais, lo Stato Islamico ha rivendicato un attacco in un’area dell’aeroporto di Mitiga, a Tripoli, adibita a prigione. Un’offensiva che ha causato almeno 6 morti e che accompagna le polemiche, ancora vive, sui risultati di Leon, ritenuti inconcludenti da diversi osservatori.

L’INCONCLUDENZA DI LEON

Solo domenica scorsa, l’emissario aveva dato nuovo vigore alle speranze di un’intesa, annunciando che durante i negoziati in corso in Marocco era stato raggiunto un consenso “sui principali elementi” di un accordo per la formazione di un governo di unità nazionale, salvo poi essere smentito da una delle parti. Mentre il Congresso nazionale libico di Tripoli aveva approvato nei giorni scorsi le modifiche apportate al documento di accordo per il dialogo inter-libico, il governo di Tobruk, riconosciuto dall’Occidente e col mandato in scadenza il 20 ottobre, al contrario, ha bocciato la nuova bozza.

LA NOTA A SOSTEGNO

Oggi, con una nota congiunta, i Governi di Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti hanno lanciato un messaggio di sostegno a Leon, condannando “ogni tipo di violenza e di intimidazione nei confronti di qualunque parte coinvolta nel processo di dialogo” ed esortando “con forza tutte le parti del dialogo a continuare a partecipare in maniera costruttiva ai colloqui in questa fase cruciale dei negoziati, al fine di raggiungere un accordo di portata generale”. Ciò comprende il raggiungimento di un accordo definitivo su un pacchetto che comprenda la nomina dei candidati per il Governo di Concordia Nazionale prima del 20 settembre, che sia avallato dalle parti prima della fine di settembre, affinché questi possano insediarsi quanto prima (e comunque non oltre il 21 ottobre).

LA DIFESA DELL’EMISSARIO

Ma quella dell’esecutivo sostenuto da Egitto ed Emirati Arabi Uniti non è l’unica scadenza in calendario. Anche il mandato di Leon scade alla fine del mese e, si moltiplicano le voci di un possibile prolungamento del suo impegno. Il diretto interessato per il momento smentisce, adducendo motivazioni familiari, ma non rinuncia a difendere il proprio operato. Il dialogo inter-libico non è “mai stato così vicino” a un testo accettabile da tutte le parti – ha spiegato da Shikrat, in Marocco, ripreso dall’Agenzia Nova -, ed è normale che con l’avvicinarsi di un’intesa finale vi sia un irrigidimento delle posizioni”. Più sono le possibilità di raggiungere un accordo finale, “più vedremo posizioni difficili e forti. Ciò non significa che non si possa arrivare ad un’intesa”, ha chiosato l’inviato delle Nazioni Unite nel primo giorno dell’ultimo round negoziale in ordine di tempo per raggiungere l’intesa.

LE CRITICHE E GLI APPELLI

Chissà. Di certo l’azione di Leon, fanno notare molti esperti, ha evidenziato per l’ennesima volta i suoi limiti (arduo comprendere se per incapacità personale o per l’oggettiva complessità della situazione). Malgrado gli auspici ci si trova di nuovo in uno stato d’impasse e, malgrado alcune richieste tutto sommato formale di prorogare il suo mandato in scadenza a fine mese, sono sempre di più coloro che si chiedono se non sia il caso che l’inviato Onu rassegni in anticipo le dimissioni e la comunità internazionale aumenti il livello di ingaggio in Libia. Nelle ultime ore non sono mancati gli appelli per uscire dalla palude nella quale sembrano trovarsi i negoziati. Come quello di Italia ed Egitto che pur ribadendo pieno sostegno all’iniziativa di Leon premono per un accordo rapido in Libia, “senza ulteriori rinvii”. O quello di Rugibani, che all’Adnkronos ha chiesto una soluzione immediata.

LE PAROLE DI RUGIBANI

Parlando dell’avanzata dei drappi neri e del controllo che il Califfato sta esercitando sulle due città libiche di Sirte e Derna, il candidato premier chiede aiuto alla comunità internazionale: “Noi possiamo combattere sul territorio perché i nostri militari conoscono bene il Paese, ma devono essere messi in condizione di difendersi. Le Nazioni unite devono togliere l’embargo sulle armi, devono armarci contro l’Isis e sostenerci con un supporto aereo perché i confini sono troppo vasti. La nostra divisione interna è politica e non ideologica, tutti insieme combatteremo l’Isis così come abbiamo combattuto contro Gheddafi”.

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