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La scorsa settimana è iniziata abbastanza tranquillamente poiché la maggior parte degli investitori attendevano la riunione di giovedì della Fed. Alla fine, e diversamente da quanto ci aspettavamo, l’FOMC ha deciso di non alzare i tassi, indicando come motivo principale di tale decisione l’attuale incertezza economica globale. La Banca Centrale Americana non ha fornito maggiore visibilità ai mercati. Dato che non vi è alcuna garanzia che la volatilità che ha fermato la Fed questa settimana si sarà placata nei prossimi mesi, la non-decisione della Fed potrebbe, al contrario, alimentare l’incertezza sui mercati.

Più in generale, la Fed ha dato l’impressione di navigare a vista ed il suo comportamento è ormai meno prevedibile: l’Istituto ha aumentato il numero di indicatori da osservare per analizzare il contesto economico mondiale prima di prendere una decisione sull’aumento dei tassi. Riteniamo che la situazione attuale abbia numerosi punti in comune con quanto avvenuto nel 2013: la Fed posticipò l’inizio del tapering a causa dello stress finanziario ma alla fine si mosse (inaspettatamente) quando i dati nazionali diedero prova di essere resistenti. Sebbene attualmente riteniamo possibile (basic scenario) un rialzo a dicembre, le nostre convinzioni non sono più salde e, nel frattempo, dovremo far fronte all’incertezza politica in Europa e a quella economica nei paesi emergenti.

In particolare, la capacità della BCE di proteggere i mercati da problemi politici è attualmente ridotta. Anche se la BCE ha leggermente accelerato gli acquisti di titoli di stato nelle ultime due settimane, intensificando gli sforzi di easing monetario, tale azione potrebbe però non essere sufficiente a ridurre la stagionalità delle emissioni obbligazionarie che sono in aumento.

Per esempio, lo spread spagnolo ha registrato un rialzo. Da due anni, il consensus sulla Spagna è molto bullish. L’economia sta andando bene, ma il deficit fiscale è ancora enorme e le riforme si sono praticamente bloccate nel corso degli ultimi 12 mesi. Dato che nei prossimi giorni ho in programma di incontrare degli investitori a Madrid, approfondirò la situazione politica spagnola nella mia prossima e-mail settimanale. Va, tuttavia, evidenziato che il sentiment degli investitori nei confronti della Spagna sta cambiando: il mercato azionario spagnolo è stato uno dei peggiori in Europa nelle ultime settimane (-2% dal 24 agosto rispetto al benchmark europeo).

Più in generale, l’Europa si trova ad affrontare una grande sfida con la peggior crisi dei rifugiati dal dopoguerra. Vi sono stati pochi commenti provenienti dal settore finanziario, ma i media ci tengono aggiornati quotidianamente su questa allarmante tragedia. La maggior parte dei rifugiati fuggono dalla guerra, dalle dittatura, o dalla corruzione in Siria, Afghanistan, Kosovo ed Eritrea. Il dibattito attorno alla crisi dei rifugiati va ben al di là di una semplice e-mail di un economista che sta perdendo i capelli, ma, da un punto di vista politico e sociale, scorgo alcune tendenze negative a livello politico e sociale.

In primis, è chiaro che l’Europa ancora una volta non sta adottando una strategia chiara e coerente. La crisi dei rifugiati porterà ad una frammentazione ancora più accentuata tra i vari paesi. La Germania ha inizialmente annunciato di accettare i migranti e successivamente ha posto in essere i controlli alle frontiere. La riluttanza di molti paesi ad accogliere i rifugiati sta creando un divario con la Germania. Non siamo sicuri che la Germania accetterà di condividere il rischio di un sistema di garanzia comune dei depositi dell’Eurozona quando gli altri paesi non accettano l’onere di un reinsediamento dei rifugiati.

La seconda fonte di timori è riconducibile ai rinnovati timori sul Brexit. La tempistica della crisi dei migranti non è sicuramente la migliore per Cameron e sebbene il Regno Unito non faccia parte di Schengen, la situazione attuale potrebbe far aumentare il sentiment anti-europeo. Più in generale, è chiaro che i partiti populisti di tutta Europa beneficeranno del malcontento creato dalla crisi.

Tutto sommato, nonostante lo sforzo della BCE nel portare maggiore stabilità all’interno dell’eurozona e nel voler costruire un sistema bancario più solido, l’Europa sta registrando un’ulteriore frammentazione politica e sociale. La debolezza della zona euro è, in particolare, riconducibile all’assenza di un potere politico centralizzato piuttosto che ad un contesto economico imperfetto.

La ruota della storia sta girando e la crisi dei rifugiati sottolinea che, al di là di rischi economici puri, le tensioni sociali e geopolitiche potrebbero essere i “cigni neri” per i mercati nel corso dei prossimi anni.

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