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Forse c’è stato un momento in cui gli iraniani hanno pensato sul serio che il loro intervento a sostegno del governo di Damasco, potesse riequilibrare le cose e ristabilire quello status quo in fondo tanto caro agli ayatollah. Forse, all’inizio: non sicuramente adesso.

Stando ai dati che emergono dal campo di battaglia, adesso i generali iraniani che si trovano a Damasco, su indicazione del governo di Teheran, stanno procedendo alla ritirata dal nord delle proprie truppe (e dunque si parla dei Quds, dei guerriglieri Basij, ma anche delle milizie sciite sensibilizzate in giro per il paese e degli Hezbollah fatti venire dal Libano). Non è una coincidenza, è una decisione tattica, frutto di quello che può essere definito un piano B ─ ammesso che quello “A” fosse il ritorno alla situazione pre-rivolte e pre-2011.

Che l’Iran fosse interessato a difendere soltanto alcune aree, è una questione nota da diverso tempo, registrata sia dalle voci dal campo che dalle analisi degli esperti. Si tratta di tre fasce: una si estende da Palmyra ad al Qusair ed è un corridoio che collega il Libano (e gli Hezbollah) con il centro della Siria; la seconda è perpendicolare alla prima e va da Maarat al Numan (sotto Idlib) a Damasco, mentre la terza è la fascia costiera alawita di Latakia e Tartus ─ Daniele Raineri del Foglio, ha riassunto tutto in una mappa immediata.

Dopo le sconfitte riportate al nord, nella zona di Idlib e Aleppo, importanti e popolose province, gli alleati iraniani del regime siriano hanno pianificato una ritirata tattica in difesa delle tre aree di sud ovest: il piano ha come idea di fondo la creazione di un nuovo status quo, lungo e durevole, impostato sull’attuale stallo militare ─ infatti, se è vero che l’esercito regolare è in difficoltà, anche i ribelli hanno la necessità di frenare le proprie offensive per riprendere fiato.

Si tratta di una partizione de facto del Paese, alla quale va aggiunta l’ampia porzione in mano allo Stato islamico nella zona centro orientale, e quella a nord est del Rojava curdo ─ la cartina creata dall’analista belga Pietr Vanostaeyen dà una buona visione ed è sufficientemente aggiornata.

Il sistema pensato dagli iraniani, è sostenuto per ragioni di mero interesse e di conservazione del potere dal presidente Bashar al Assad (non si sa quanto realisticamente ancora illuso di essere, un giorno, ancora, “il presidente di tutta la Siria”), ma non è ben digerito da buona parte dell’establishment. Va ricordato a proposito, che sebbene l’aiuto militare fornito da Teheran è ben accetto, gli alawiti ─ che sono i principali rappresenti delle classi dirigenti siriane e la setta d’origine di Assad ─ non sono come gli sciiti iracheni (l’esempio vale perché le due popolazioni si trovano in condizioni analoghe, usufruendo sia di qua che di là del sostegno della Repubblica islamica). Gli alawiti sono una setta particolare, tendenzialmente secolaristi e nazionalisti, per questo il vulnus di sovranità “offerto” da Teheran come “piano B” per risolvere la crisi rischia di non funzionare. Una larga parte della base sta pensando da tempo che Assad li abbia messi in una delicata situazione esistenziale, nel momento in cui, ormai quattro anni fa, ha scelto di reagire militarmente alle opposizioni. Molti hanno iniziato a dubitare delle capacità del presidente di proteggerli: e ora arriva anche il partizionamento e la creazione di una pseudo enclave costiera iraniana.

L’interesse dell’Iran sulla guerra, non è solo una questione di alleanza e di aiuto confessionale ai fratelli sciiti. L’Iran ha un piano e un interessamento geopolitico. Già durante i lunghi dialoghi tenuti tra il segretario di Stato John Kerry e il suo omologo iraniano Javad Zarif per arrivare al deal sul nucleare, sarebbero uscite delle linee guide ─ delle volontà, più che altro ─ che Teheran mette come prologo per un futuro/eventuale accordo sulla Siria. L’Iran vorrebbe un corridoio al confine libanese, per permettere il passaggio degli Hezbollah e garantire la forte presa della milizia sui locali; in più chiede la garanzia che qualsiasi futuro governo siriano possa garantire il pagamento dei debiti nei confronti di Teheran; e infine l’impegno a non perseguire nessun individuo iraniano per responsabilità sulla guerra e rispettare le proprietà e gli investimenti dei cittadini iraniani in Siria.

@danemblog

(foto: Press TV)

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Magari è un piano B, ma ora l'Iran in Siria punta solo sulla partizione

Forse c'è stato un momento in cui gli iraniani hanno pensato sul serio che il loro intervento a sostegno del governo di Damasco, potesse riequilibrare le cose e ristabilire quello status quo in fondo tanto caro agli ayatollah. Forse, all'inizio: non sicuramente adesso. Stando ai dati che emergono dal campo di battaglia, adesso i generali iraniani che si trovano a…

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