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“Tutto nasce da Andrea Guerra”. Così un uomo di finanza milanese tagliava corto con Formiche.net sabato scorso alla domanda: “Che succederà in Cdp?”.

La risposta parve un po’ troppo gossippara. Quindi qui si preferì approfondire i possibili dossier su cui i vertici della Cassa e il governo erano entrati in collisione, visto che da giorni si parlava della volontà di Palazzo Chigi di puntare su Claudio Costamagna al posto dell’attuale presidente Franco Bassanini e di Fabio Gallia (ora ad di Bnl-Bnp Paribas) come amministratore delegato, carica ricoperta da Giovanni Gorno Tempini.

Sia Bassanini sia Gorno scadono l’anno prossimo, dopo l’approvazione del bilancio 2015 di Cdp, ma evidentemente la presidenza del Consiglio (e chissà se anche il ministero dell’Economia e le fondazioni bancarie) ritiene di dare un nuovo e diverso impulso alla Cassa, controllata dal ministero dell’Economia (80,1%) e partecipata dalle fondazioni bancarie con il 18,4%.

Il nome di Guerra rimanda al dossier Telecom, sostiene oggi Giovanni Pons di Repubblica: “Per capire le manovre in corso occorre aggiungere che il governo Renzi, attraverso la Cdp, ha cercato nei mesi scorsi di stringere un’alleanza con Telecom Italia per sviluppare insieme il Piano per la banda larga. Tentativo fallito – scrive Pons – in buona misura per l’ostilità del cda Telecom che ha posto condizioni impossibili per la sua partecipazione alla società della rete. Certo, il governo italiano non ha gradito il gran rifiuto e ora potrebbe correre ai ripari. Come? Per prima cosa con un ribaltone ai vertici della Cdp”. “Il nome più gettonato è quello di Claudio Costamagna, suggerito a Matteo Renzi da Andrea Guerra che lo ha avuto per anni nel cda della Luxottica”, ha aggiunto Repubblica.

Eppure fino a poco tempo, come rimarca Stefano Feltri del Fatto Quotidiano, il premier e il presidente di Cdp erano concordi su banda larga, Telecom e ruolo di Cdp: “Bassanini ha ispirato per una lunga fase la strategia governativa sulla banda larga, nel tentativo di piegare Telecom a un progetto di infrastruttura semi-pubblica”.

Ora dunque si cambia marcia? Quindi si frenerà l’indirizzo che Bassanini ha dato a Metroweb Sviluppo per diffondere la banda larga in altre città oltre a Milano, insieme con Vodafone e Wind? E’ quello che si chiedono alcuni addetti ai lavori che intravvedono nelle mosse di Guerra le preoccupazioni di Telecom per una rottamazione surrettizia della rete fissa in rame, con conseguenze contabili non esaltanti per l’ex monopolista. D’altronde i dissidi recenti fra Bassanini e il gruppo presieduto da Giuseppe Recchi e guidato dall’ad, Marco Patuano, sono addirittura sfociati in una segnalazione di Telecom alla Consob.

Ma c’è chi sostiene che il banchiere Costamagna, in quanto ex consulente di Vodafone, come scritto da Stefano Sansonetti de La Notizia, non potrà avere un atteggiamento ostile verso Vodafone e dunque anche verso Metroweb. Si vedrà.

Ambienti finanziari, peraltro, continuano a sottolineare che uno dei dossier caldi su cui tra società statali, istituti bancari e ministeri si continua a dibattere sottotraccia è il vero futuro del progetto di Cdp per una Export Banca; un settore su cui da tempo guarda con attenzione e interesse anche la società statale Sace (come accennato in questo articolo).

C’è pure, come scritto ieri, il dossier Ilva da considerare. Con il consigliere renziano Guerra che spingeva per un ruolo più attivo di Cdp su Ilva e i vertici di Cdp che ricordavano i vincoli previsti dallo statuto della società per intervenire: niente ingressi nel capitale in aziende con i conti in rosso. Ieri il Corriere Economia ha scritto: “Gorno non voleva assolutamente finanziare l’Ilva senza garanzie per non ricalcare l’Iri”. E oggi del tema accenna anche l’editorialista di Mf, Angelo De Mattia: “La contrarietà della Cassa sarebbe stata poco gradita”.

Eppure in ambienti governativi si invita a guardare più in alto e magari verso est. In altri termini, a Palazzo Chigi sarebbe maturata una convinzione secondo cui i rapporti che di recente la Cassa presieduta da Bassanini ha stretto con fondi e partner cinesi non possono segnare una direzione di marcia per il futuro di Cdp nell’era renziana. Dall’ingresso di Pechino con il 35% in Cdp Reti (che detiene le quote di controllo di Snam e Terna), fino al 40% di Ansaldo Energia venduto dal Fondo strategico (Fsi) della Cassa alla cinese Shanghai Electric Corporation (Sec), passando per l’entrata dei cinesi anche nel secondo fondo di F2i partecipato da Cdp, sarebbero stati compiuti passi che le sintonie obamiane di Renzi sulla finanza non ritengono opportuni.

Quindi si sceglie un ex Goldman Sachs come Costamagna per invertire la rotta geopolitica? Vedremo.

Cassa depositi e prestiti, ecco cosa succederà e perché (forse)

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