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Continua l’esodo degli elettori dal voto anche con il test elettorale del Trentino, mentre si sentono i primi rumors dello tsunami politico che si abbatterà  sull’Italia, dopo il voto delle regionali del prossimo fine Maggio.

Il partito del Cavaliere ridotto al 4% con Raffaele Fitto che afferma: “Forza Italia è finita” e la Lega di Salvini che triplica il consenso; la prima rivoluzione in vista è quella del centro destra.

Anche il PD renziano, dopo la lunga stagione degli annunci, mostra i primi segnali di sofferenza in Trentino, sebbene continui a incassare il controllo di comuni su comuni, Trento in testa fra tutti.

Con Pippo Civati già fuori dal PD e Fassina e altri con un piede sull’uscio, da giorni è iniziato il tour anti renziano dei rottamati D’Alema, Prodi, Letta e Bersani e anche nel centro-sinistra si annunciano sconquassi.

Acquisito su strade illegittime l’Italicum, Matteo Renzi coltiva il sogno dell’en plein, se non per via di un decreto anticipato, almeno alla scadenza programmata nel 2016. E sarà così che un giovane mai eletto in Parlamento, conquistato con uno schizofrenico regolamento delle primarie il controllo del suo partito,  grazie a un Presidente delle Repubblica già esecutore di altri ingiustificati vulnus al nostro sistema istituzionale (dal “golpe blanco” del novembre 2011, agli incarichi a Monti e a Letta) e un parlamento di nominati illegittimamente, si è potuto ritagliare una legge elettorale su misura, e, con l’astensionismo corrente che penalizza soprattutto il centro destra, si accinge a conquistare quasi tutte le regioni italiani.

Con il controllo totale del Parlamento, un presidente della Repubblica amico, la possibilità di controllo totale nelle nomine della Corte Costituzionale, almeno 17-18 Regioni allineate, se non è “democratura” questa, come la si vorrà chiamare? Resta da vedere cosa accadrà dopo il voto di fine Maggio.

A sinistra sarà quasi inevitabile la nascita di un nuovo soggetto politico, costruito sul blocco sociale rappresentato dalla base sindacale di Landini e del residuo sistema di potere ex comunista. Essenziale il ruolo della fondazione che controlla i beni dell’ex PCI, i cui debiti furono saldati dagli italiani grazie alla benevolenza prodiana (vedi quanto documentato dalla trasmissione di Report di Domenica scorsa).

Sarà “il partito della nazione”, quello che Renzi ha veramente in testa di costruire? E’ evidente che senza un’adeguata ristrutturazione dell’area alternativa di centro-destra, quest’ambigua e trasformistica formula renziana, grazie alla legge elettorale appena approvata, rischia di risultare vincente almeno nel tempo breve.

Governare, tuttavia, anche con il controllo totale del sistema, ma senza un reale riferimento a un blocco sociale, economico e culturale specifico, lo  si potrà fare solo attraverso metodi autoritari.

E’ partita una nemmeno più sotterranea battaglia tra le istituzioni  che, con la Corte Costituzionale non ancora sotto il controllo-dominio renziano, con l’ultima sentenza sulla rivalutazione delle pensioni, ha sferrato un uppercut da stordimento alla simulata tranquillità del capo del governo.

L’INPS del neo presidente Boeri si affretta a fornire dati ottimistici sulle nuove assunzioni in polemica evidente con quelli di segno alternativo che l’ISTAT, solo pochi giorni prima, aveva pubblicato e  con i sindacati uniti a sottolineare il carattere transeunte e drogato di quelle assunzioni, garantite da una defiscalizzazione a termine dal jobs act.

In realtà in tutte le città e i paesi dell’Italia chiudono negozi commerciali e botteghe artigiane e non mancano le sofferenze pesanti nelle grandi catene di distribuzione e in molte imprese industriali, per non parlare della crisi dell’agricoltura.

Ciò che si sta delineando è la possibilità di un controllo a senso unico del sistema politico istituzionale, per l’ assenza impotente di una seria alternativa e il sostegno di una legge elettorale super truffa, con il risultato di un governo destinato a guidare senza opposizione un paese allo sfascio.

Di ciò che accadrà nel centro destra molto dipenderà dal voto di Maggio e dalla capacità di mettere insieme le culture politiche residuali ancora vive nel nostro Paese, ma in preda a un terzo stato, quello che produce la parte prevalente se non esclusiva del PIL,  stanco e sfiduciato.

Ettore Bonalberti

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