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Cosa farebbe la Nato se la Turchia, così come detto da Erdogan, facesse ingresso militarmente a Gaza? “Non c’è motivo per cui non possiamo replicare lo schema andato in scena in Libia e in Karabakh, dobbiamo essere forti in modo da poter compiere questi passi”, ha detto il presidente turco scegliendo la strada delle minacce contro Tel Aviv.

Un passo che potrebbe avere conseguenze ancora più gravi delle stesse minacce e che non contribuisce a comporre uno scenario diplomatico, proprio mentre il segretario di Stato americano Anthony Blinken invita alla moderazione, dopo l’attacco attribuito a Hezbollah alle alture del Golan.

Turchia vs Israele

Le parole di Erdogan sono chiare, scelte con attenzione sia livello di riferimenti storici che di tenore e toccano le strategie turche applicate al Paese nordafricano sin dal 2020, accompagnate dalla scelta di Ankara di fermare le relazioni commerciali con Israele, come reazione per fermare Israele contro Hamas. La location in cui Erdogan ha pronunciato quelle frasi non è casuale: si trovava nella sua città natale, Rize, occasione in cui ha sottolineato anche il rafforzamento dell’industria della difesa nazionale.

Ma non è tutto, perché la Turchia paragona nuovamente Netanyahu a Hitler, affermando che i leader “genocidi” incontreranno la loro fine. In precedenza il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan aveva scritto su X che “il nostro presidente è diventato la voce della coscienza dell’umanità, coloro che cercano di mettere a tacere questa voce giusta, in particolare i circoli sionisti internazionali, tra cui Israele, sono in uno stato di grande panico. La storia è finita allo stesso modo per tutti i responsabili del genocidio e i loro sostenitori”.

La risposta di Tel Aviv

Il ministro degli Esteri israeliano Katz ha paragonato Erdogan al dittatore iracheno Saddam Hussein: “Erdogan sta seguendo la strada di Saddam Hussein e minaccia di attaccare Israele. Dovrebbe solo ricordare cosa è successo lì e come è finita”, ha scritto su X. Non è la prima volta che i due incrociano le lame della dialettica, già lo scorso gennaio Katz aveva reagito con stizza dopo che Erdogan si era vantato di aver presentato delle prove per contribuire a sostenere la causa intentata dal Sudafrica presso la Corte internazionale di giustizia, accusando Israele di genocidio.

“Il presidente della Turchia, il Paese che ha compiuto il genocidio armeno e pensava che il mondo avrebbe taciuto, è oggi ‘orgoglioso’ di aver consegnato al tribunale dell’Aja materiali che accusano Israele di genocidio”, aveva scritto Katz su X.

Scenari

Appare evidente che, al di là del peso specifico delle parole, scelte con cura da Erdogan, si tratta di un’azione che incontrerebbe più intralci che favori ed Erdogan ne è pienamente consapevole. In quanto membro della Nato, infatti, la Turchia se tentasse di intraprendere un’azione militare sulla guerra a Gaza incontrerebbe moltissime difficoltà politiche e burocratiche, con anche il rischio di provocare lo scenario che tutti dicono di voler evitare: l’allargamento a macchia d’olio del conflitto. Tra l’altro, dall’attacco di Hamas dell’ottobre scorso in poi, il presidente turco si è trovato spesso in disaccordo con i suoi alleati occidentali, dopo averli accusati più volte di sostenere un presunto piano israeliano di “diffondere la guerra” intenzionalmente in tutto il Medio Oriente.

Appare inoltre difficile non individuare un collegamento tra la presa di posizione di Erdogan e le intemperanze iraniane contro Benjamin Netanyahu. Così come osservato su Arab News da Ronald S. Lauder, presidente del Congresso ebraico mondiale, è “fondamentale dare potere a coloro che promuovono la pace”, senza quindi incendiare gli animi con proposte o minacce che si allontanano da questo obiettivo primario.

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