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Bravo Tsipras. La sua maggioranza si è liquefatta sull’accordo con i creditori. E lui, come fa un leader democratico, va al voto. Per ricevere nuova legittimazione.

Ma peserà, in campagna elettorale, una domanda: era lecito e necessario sottoporre la Grecia al martirio dei sei mesi assurdi di governo di Syriza? A cosa è servita la sinistra al governo in Grecia sinora? Solo a dimostrare, tragicamente per i greci, che la demagogia antiausterity e di sfida alle regole europee non esiste. Non è una linea praticabile. Porta solo a sacrifici maggiori e al disastro politico di chi la tenta.

A cosa è servita la sinistra in Grecia? Ad illudere, per pochi mesi, un popolo con promesse fuori dal mondo e non credibili. A far credere che l’austerità sia una specie di capriccio cinico, chissà poi perché, dei tedeschi che si divertono.

L’austerità è solo l’unica via possibile per correggere i conti disastrosi di economie indebitate e falcidiate da deficit pubblici, alti tassi e alto costo del denaro, spesa pubblica fuori controllo. Economie in queste condizioni (Spagna, Irlanda, Italia, Portogallo, Grecia) non avrebbero mai potuto, senza austerità, cioè correzione dei conti, non solo tentare di traguardare la crescita ma neanche pretendere di restare nell’Euro (fuori dal quale, la sinistra greca lo ha sempre saputo, sarebbe stato il fallimento economico e l’economia di guerra).

Tsipras ha la responsabilità di aver fatto credere, per sei mesi e fino al demenziale referendum di giugno, che ci fosse un’alternativa all’austerità (cioè a riforme di correzione dei conti pubblici e dell’economia sprecona e improduttiva della Grecia). Ha compiuto un disastro.

La Grecia, dopo sei mesi di cura demagogica della sinistra, si è trovata in condizioni peggiori, su tutti i parametri, di quanto non fosse alla fine del governo europeista che aveva preceduto Syriza. In un lampo finale di consapevolezza,

Tsipras ha preso atto delle cose assurde, fatte e sostenute, di sei mesi tragici del suo governo. Ha cambiato linea e rotto con la minoranza interna del suo partito ferma, come un pezzo di legno senza vita, al populismo e alla demagogia di politiche senza sbocchi. Ala fine resta il gesto democratico di Tsipras. Encomiabile. Ma lui resta il maggior colpevole di un programma elettorale del 2014 demenziale e pericoloso e di sei mesi di governo disastrosi per la Grecia (e per l’Europa tutta). La Grecia ora dovrebbe mandarlo a casa.

Tutte le salutari giravolte di Tsipras

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