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In queste ore, il rapporto tra Ucraina e i suoi alleati occidentali sta prendendo una piega dolceamara: da un lato vengono registrati risultati concreti sia per quel che riguarda l’integrazione di Kyiv nella struttura euroatlantica, sia nelle azioni prese dai partner nei confronti dell’avversario russo; dall’altro però, all’orizzonte si profilano promesse di sganciamento e simil-ultimatum trasmessi da attori che fino ad ora erano stati estremamente supportivi della causa del Paese invaso da Mosca nel febbraio del 2022.

Le notizie positive arrivano principalmente dalla dimensione europea. La data di martedì 25 giugno segna l’avvio dei colloqui d’adesione dell’Ucraina e della vicina Moldavia alla comunità europea, attraverso due conferenze intergovernative parallela ma separate. “È una settimana davvero storica. L’Ucraina si sta muovendo verso questo traguardo da un decennio, e questo è il risultato personale di tutti coloro che hanno scelto l’Ucraina il 24 febbraio, che lottano per il nostro Paese, che rafforzano l’Ucraina con tutto ciò che è necessario”, sono le parole celebrative scelte dal leader ucraino Volodymyr Zelensky (il quale probabilmente si recherà di persona a Bruxelles nelle prossime ore per firmare un accordo di sicurezza con l’Unione europea) per commentare questa svolta. I funzionari europei hanno spinto per avviare questi colloqui prima del mese di luglio, quando la presidenza di turno del Consiglio Ue passerà dal Belgio all’Ungheria di Viktor Orbàn, passaggio che con ogni probabilità avrebbe reso l’avvio degli stessi negoziati ostaggio dei già noti giochi politici promossi dal leader ungherese.

Il giorno precedente all’inizio dei colloqui di adesione, l’Ue ha adottato un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia, comprendente restrizioni sui finanziamenti russi ai partiti politici e ad altre organizzazioni “formatrici di opinione”, oltre che sulle trasmissioni dei media statali russi (Ria Novosti, Izvestia, Rossiskaya Gazeta, Voice of Europe) nello spazio Ue. Il nuovo pacchetto di sanzioni dell’Ue vieta agli attori dell’Ue che “fanno parte del processo di formazione dell’opinione pubblica” di accettare donazioni, finanziamenti o altri benefici economici o forme di sostegno diretto o indiretto dalla Russia. Il nuovo pacchetto di sanzioni colpisce anche 116 nuove persone ed entità, prendendo di mira specifiche navi militari russe e vieta alle entità dell’Ue di fornire servizi di ricarica di liquified natural gas (lng) russo nel territorio europeo per operazioni di trasbordo verso Paesi terzi. Vi sono anche ulteriori restrizioni sull’esportazione di beni dual-use.

Accanto alle sanzioni, è arrivata anche l’approvazione di una prima tranche da 1,4 miliardi di euro di assistenza militare per l’Ucraina finanziata dai proventi dei beni russi congelati. Secondo quanto riportato da fonti europee, il 90% del primo pagamento è destinato alle esigenze di difesa dell’Ucraina, mentre il restante 10% è destinato al sostegno dell’Ue al programma Ukraine Facility, che sostiene la ricostruzione in Ucraina. La distribuzione di queste risorse inizierà nel luglio 2024 con pagamenti biennali.

Ma al di fuori del framework dell’Unione europea, per Kyiv la situazione pare meno rosea. In Francia il candidato premier del Rassemblement National Jordan Bardella ha ribadito che intende confermare il sostegno della Francia all’Ucraina, ma che si opporrà all’invio di truppe e missili di lunga gittata a Kyiv in caso di vittoria. Mentre dall’altra parte dell’Atlantico arriva la notizia per cui due importanti consiglieri di Donald Trump gli avrebbero presentato un piano (nel caso di una sia vittoria alle elezioni presidenziali) per porre fine alla guerra della Russia in Ucraina, piano che prevede di condizionare l’invio di ulteriori rifornimenti statunitensi solo se Kyiv avvierà colloqui di pace. Contemporaneamente, gli Stati Uniti avvertirebbero allo stesso tempo Mosca che qualsiasi rifiuto di negoziare si tradurrebbe in un maggiore sostegno americano all’Ucraina. Difficile però credere che quest’ultimo scenario si concretizzi, considerando come Mosca sia pronta a negoziare da una posizione di forze relativa come quella attuale, dalla quale potrebbe strappare importanti concessioni al Paese invaso.

L'Ue è solidamente al fianco di Kyiv. Ma gli altri?

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