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Il briefing su Libia e migranti tenuto ieri al Consiglio di sicurezza dell’Onu da Lady Pesc Federica Mogherini, va considerato da diversi osservatori come un passaggio per nulla scontato di un processo difficile verso un’operazione europea nel Mediterraneo.

DIECI PUNTI              

L’indignazione questa volta largamente europea per il naufragio e la morte di oltre ottocento migranti, avvenuto tra il 18 e 19 aprile 2015 ha permesso di rilanciare gli argomenti che l’Italia si era vista rifiutare tra novembre e dicembre 2013, sotto l’iniziativa degli allora ministri degli Esteri e della Difesa Emma Bonino e Mario Mauro, in alleanza con l’allora ministro greco della difesa Dimitris Avramopoulos. I punti del 2013 – intervento sui Paesi terzi che producono le ondate di migranti, rafforzamento di Frontex, operazione navale congiunta – sono quindi stati sostanzialmente ripresi nel piano di dieci punti approvato il 23 aprile scorso dai Capi di Stato e di governo del Consiglio europeo straordinario.

LE CARTUCCE DELLA MOGHERINI

Mogherini ha presentato a New York la relativa velocità decisionale che il sistema europeo è riuscito a mettere in piedi. In meno di 24 ore dalla tragedia del 19 aprile si è riadattata l’agenda del Consiglio Affari esteri del 20 aprile, allargato poi ai ministri degli interni. Nelle successive 48 ore è stato convocato un Consiglio europeo straordinario per il 23 aprile. I due commissari Mogherini e Avramopoulos, che da ministro della Difesa greco è diventato commissario europeo per gli Affari interni, hanno scritto il piano in 10 punti, poi approvato dai Capi di Stato e di governo in un clima di consenso sostanziale. Già dal 20 aprile le strutture nazionali preparano l’attuazione, le navi si spostano, la Commissione cerca di soldi per rafforzare Triton, il piano operativo è sul tavolo del Comitato politico e di sicurezza (Cops) a livello di ambasciatori a Bruxelles il 5 maggio. Diventano operative forze britanniche (salvano circa 110 migranti il 6 maggio), quelle tedesche (449 migranti l’8 maggio, con l’ausilio di due navi), e quelle francesi (217 migranti il 2 maggio). Frontex, sotto coordinamento italiano, va  già oltre la missione originaria: le navi, come ai tempi di Mare nostrum, sono proprio di fronte alle acque libiche.

MAGGIORE DETERMINAZIONE

Il secondo progresso è nei contenuti e quindi nel metodo. Il processo decisionale è meno verbale e più orientato al risultato: si raccoglie quindi a mani basse nelle esperienze già fatte. Dall’operazione antipirateria al largo della Somalia, Eunavfor Atalanta, si recupera sia la capacità di lavorare insieme sul piano navale sia le tecniche per neutralizzare le barche: le navi tedesche ora al largo della Libia provengono proprio da lì. Da Mare Nostrum si importano tecnica e risultati, e Triton finisce per assomigliargli. Dal pluriennale e faticoso esercizio di coordinamento dei Paesi membri al Consiglio di sicurezza dell’Onu si mette in piedi una bozza di risoluzione. L’intelligence europea (Eu Intcen), che pure ha già occhi sulla Libia, insieme ai Servizi nazionali si mette a contare barche, a studiare organizzazioni e conti bancari. Si formulano ipotesi operative (nei documenti Cops del 5 maggio): anche senza una risoluzione dell’Onu, anche senza l’accordo dei “due governi” libici sarebbe già possibile avvicinare i barconi in acque internazionali e, una volta svuotati, “neutralizzarli”, nell’ambito del diritto vigente, e come già sperimentato al largo della Somalia con Atalanta. Da lì si può solo migliorare: bloccando conti bancari, ottenendo il consenso per esempio di Egitto e Tunisia alle azioni di contrasto, intervenendo sui Paesi di origine (Niger, per esempio, con un centro raccolta profughi). Si può già fare molto anche senza le autorizzazioni Onu.

LA DECISIONE POLITICA

Per l’Europa sono ritmi più veloci delle operazioni militari in Congo (Artemis, 2003) o di osservazione in Georgia (2008). Anche in politica si sono fatti progressi e, separatamente o in modo congiunto, si è cercato appoggio internazionale: il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni e la cancelliera tedesca Angela Merkel con il presidente russo Vladimir Putin in preparazione Onu; Mogherini davvero dappertutto e anche in Cina; il commissario greco Avbramopoulos, e con l’insieme degli attori in gioco, da David Cameron a François Hollande; fino all’inviato Onu in Libia Bernardino Léon. A Matteo Renzi la stampa estera riconosce un ruolo politico di primo piano, mentre il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker ha colto l’opportunità per stimolare gli Stati membri a rafforzare la politica di difesa comune.

In quanto tale un’operazione Eunavfor nel Mediterraneo non c’è o non c’è ancora, almeno fino al 18 maggio, quando si riunirà il Consiglio Affari esteri, o forse fino al Consiglio europeo di giugno. Tuttavia la politica estera e di difesa europea sta passando dall’anarchia mal coordinata dei tempi della precedente Lady Pesc, Catherine Ashton, a una specie di poliarchia federale, con le navi e la politica che lavorano, in vista di uno scenario di migrazione estiva che ci si attende molto pesante.

europa

Tutte le mosse per un’operazione europea nel Mediterraneo

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