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L’illusione, per un momento, c’è stata. Quando, poche ore fa, il governatore della Federal Reserve, Jerome Powell, nel corso della sua audizione al Congresso americano ha ammesso che sì, un taglio dei tassi è sempre più nelle corde della banca centrale americana, i mercati ci hanno creduto. Salvo poi ascoltare la seconda parte dell’intervento, quella che racconta, o meglio rettifica: le condizioni per ridurre il costo del denaro ci saranno sicuramente, ma ad oggi ancora no. E allora stop, si torna al punto di partenza. I mercati hanno chiamato questo atteggiamento wait and see, aspetta e monitora (magari anche cosa succede nel Mar Rosso). Ed è esattamente quello che sta facendo la Fed.

“Stiamo cercando di utilizzare le nostre politiche per mantenere la crescita in corso e per mantenere forte il mercato del lavoro, ottenendo allo stesso tempo ulteriori progressi sull’inflazione”, ha detto Powell, cercando di schivare le domande sul cosiddetto soft landing, l’atterraggio morbido ovvero l’inizio dell’allentamento monetario. Lo stesso di può dire per l’altra dell’Atlantico. Questo pomeriggio la Bce ha fatto esattamente quello che i mercati si aspettavano: non ha toccato i tassi, lasciandoli al 4,50%, per il sesto mese consecutivo. Ma non perché non lo abbia fatto la Fed, ma semplicemente perché per Christine Lagarde non è ancora arrivato il momento di azionare il freno. E questo nonostante Francoforte abbia tagliato ancora le stime sull’inflazione: al 2,3% nel 2024 e al 2% nel 2025. Il costo della vita si avvicina alla soglia psicologica del 2%, ma ancora non è sufficiente. E allora?

La data da cerchiare con il rosso, quella sì, è giugno. Quella è la finestra buona, dove aspettarsi una prima vera sforbiciata ed è in quel lasso di tempo che i mercati hanno deciso di puntare la scommessa. Gli stessi analisti sono attendisti. Per Martin Wolburg, Senior economist di Generali Investments “i dati sull’inflazione di febbraio hanno confermato la disinflazione in corso e le varie misure dell’inflazione sottostante hanno continuato a diminuire. Detto questo, è emerso ancora una volta che l’inflazione dei servizi persiste in presenza di una forte crescita dei salari. Nel complesso, la Bce dovrebbe avere maggiore fiducia nel raggiungimento dell’obiettivo di inflazione rispetto all’ultima riunione”.

Anche per gli esperti di Oxford Economics i tempi sono maturi ma non così maturi. “I nostri dati sul sentiment suggeriscono che le preoccupazioni della Bce riguardo ad un’inflazione vischiosa determinata dalla forte crescita salariale sono fuori luogo. E ci sono altri segnali supportano la nostra convinzione che la crescita salariale non costituisca una minaccia a un imminente taglio dei tassi. La resilienza del mercato del lavoro, inclusa una crescita sorprendentemente forte dell’occupazione, ha sostenuto la crescita dei salari. Ci aspettiamo, quindi, tagli dei tassi per 125 punti base nel 2024 nel complesso”.

Fed e Bce comprano tempo sui tassi. La svolta in Europa a giugno

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