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A quasi un anno dalle elezioni europee sono ormai chiari gli equilibri e i rapporti di forza in seno al Parlamento europeo. Come primo dato, prendendo in considerazione i numeri, salta all’occhio che la delegazione tedesca è composta da 96 deputati (i seggi vengono attribuiti in base alla popolazione). Seguono le delegazioni di Italia, Francia e Gran Bretagna con 73 deputati. Alla maggioranza numerica degli eurodeputati tedeschi, si aggiunge il presidente tedesco (Martin Schulz) che sommato alla presenza del segretario generale dell’europarlamento anche lui tedesco (Klaus Welle), si traduce in una “predominanza” di funzionari tedeschi o “germanofili” nelle istituzioni europee. La ”predominanza” tedesca trova riscontro anche nelle presidenze delle commissioni parlamentari, infatti su 20 commissioni e 2 sottocommissioni, 5 sono presiedute da tedeschi; fin qui, considerata la maggioranza numerica, la ripartizione può apparire più o meno proporzionata.

Gli addetti ai lavori, fanno notare che, oltre al dato numerico, si ha realmente il controllo dell’istituzione quando “si possiedono” i coordinatori e quando si riescono ad avere i cosiddetti ”rapporteur” (relatori delle leggi). In ogni commissione parlamentare c’è un coordinatore per ogni gruppo politico che indirizza le liste di voto, assegna i rapporti, e interviene su tutte le decisioni fondamentali, insomma il vero “deus ex machina” dei lavori parlamentari. Fino a questo momento i rapporti venivano assegnati dai coordinatori su una base più o meno geografica, quindi a turno ogni deputato si vedeva assegnato un rapporto; è chiaro che i gruppi parlamentari numericamente più consistenti, quali il Ppe e l’S&d, avevano la fetta maggiore della torta. Da poco però in seno ai gruppi politici all’europarlamento si è aperto un dibattito (abilmente sollevato dai tedeschi) che non accontentandosi più di tutto quello che controllano, vorrebbero il marchio tedesco (e quindi il relatore tedesco) sul maggior numero possibile di testi legislativi.

Quindi in seno ai gruppi politici si stanno elaborando le nuove “guideline” per l’assegnazione dei rapporti.
Gli osservatori più maliziosi dicono che i tedeschi, non volendo più accettare il criterio della distribuzione geografica, stanno studiando a tavolino il modo per puntare sul criterio della presenza per l’assegnazione dei rapporti. Ma la presenza che intendono i tedeschi non è quella del voto in seduta plenaria (momento in cui quasi tutti gli europarlamentari partecipano per questioni anche di gettone di presenza), ma vorrebbero che venisse tenuta in considerazione – oltre alla presenza nelle commissioni parlamentari – anche la partecipazione a tutte le riunioni preparatorie. Questo sarebbe un problema, soprattutto per alcuni eurodeputati italiani che alle riunioni preparatorie mandano quasi esclusivamente i loro assistenti.

Quindi, se le nuove linee guida dovessero andare in questa direzione, i tedeschi porterebbero a termine la completa colonizzazione del Parlamento europeo, visto che, in proporzione, sono i più presenti. Però è altrettanto vero che gli eurodeputati tedeschi vengono eletti sulla base di liste bloccate; mentre gli italiani, con questa legge elettorale, non potrebbero trasferirsi a Bruxelles e Strasburgo, perché dovendo essere eletti con le preferenze perderebbero il contatto con il territorio, con il rischio della non rielezione. Ma la lista bloccata per le elezioni europee in Italia risolverebbe il problema della presenza degli eurodeputati o sarebbe un incentivo a disinteressarsi completamente dell’Europa, visto che nella elaborazione delle liste prevarrebbe probabilmente il criterio della vicinanza al leader di partito?

Parlamento europeo, tutte le manovre dei tedeschi per contare ancora di più

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