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L’ITALIA SI SALVA, POPOLARI IN TESTA
Solo otto delle 41 banche analizzate – si legge nel report – mostrano un impatto neutro o leggermente positivo sull’utile per azione. Si tratta di Banco Popolare, Bpm, Creval, Ubi, Intesa Sanpaolo, Handesbanken, Swedbank e Lloyd’s. Gli sconfitti con un rischio sull’eps del 20-30% sono la spagnola Bankinter, Danske, Santander, Royal Bank of Scotland, Commerzbank, Caixabank, Bbva, Sabadell e l’austriaca Erste. Dunque, long su Italia e Francia, short su Europa core e Spagna.

DAVIDE SCONFIGGE GOLIA
Insomma, la povera periferia bistrattata vince sui muscoli della Germania, all’incirca. In realtà “i vincitori marginali sono Italia e Francia, i cui istituti di credito dovranno limare gli eps del 7 e dell’8% rispettivamente rispetto al 12% medio europeo. I primi riflettono un repricing più rapido e più vasto del passivo, i secondi una resilienza dei margini sopra la media. Austria e Regno Unito appaiono lepeggio posizionate per beneficiare dal minore costo del passivo, mentre Scandinavia e Spagna sembrano destinate alla maggiore erosione dei margini dell’attivo.

L’ANALISI

Il lavoro di Mediobanca si basa sull’analisi di 11,5 trilioni di passività di cui un trilione è costituito da funding a medio termine con scadenza nel 2016, il resto da depositi. In assoluto è l’Italia la più beneficiata “grazie al 56% di finanziamenti a medio lungo che scadono nel 2016, il 15% dei prestiti totali (contro il 38% e l’8% di media Eu, rispettivamente); Ubi e Banco Popolare guidano la squadra vincente con un impatto positivo sugli utili del +20%. Il repricing dei Covered bond pone anche le banche scandinave al top, mentre lo spazio limitato per il rifinanziamento a lungo terminesi traduce in un aumento solo single digit per le banche svizzere e le grandi spagnole”.

PERCHE’ RESISTE ANCHE LA FRANCIA

I mutui a tasso fisso e i prestiti corporate con scadenze superiori al 2016 mostrano una maggior resistenza dei margini dell’attivo e questo spiega “perché le banche francesi e quelle britanniche sono sul carro dei vincitori sull’attivo, con Intesa Sanpaolo la principale eccezione della periferia sul fronte della resilienza dei margini. Spagna e Scandinavia sono sul fronte opposto, dal momento che il 45% dei loro asset totali sono esposti al Qe, essendo costituti da prestiti a tasso variabile. Il risultato è che le prime 15 banche quanto a sofferenza sui margini dell’attivo siano proprio in Scandinavia, Europa core e Spagna, con il 20% degli utili a rischio, tre volte tanto il Regno Unito e la Francia”.

MA IL SETTORE RESTA OUTPERFORM

“Stimiamo un upside pre QE sul settore del 9% sul 2016, che compenserà il calo del 12% degli utili dovuti alla pressione dei margini, il che ci mette di fronte a un settore non a sconto ma nemmeno in bolla – conclude il report di Mediobanca Securities – ed è abbastanza per conservare il nostro giudizio outperform visto che ci aspettiamo nuovo Qe e un incremento ciclico nel secondo trimestre del 2015 dovuto al prezzo del petrolio a sconto e ai costi di finanziamento e al cambio. Dubitiamo che il Qe possa avere impatti strutturali sulla crescita, date le sue dimensioni ridotte (l’11% del Pil europeo contro il 20% di quello che era stato investito in relazione al Pil Usa o britannico), il mercato banco-centrico (il 74% del debito corporate è bancario, il doppio rispetto agli Usa) e una trappola della liquidità che fa che la moneta sia endogena nell’Ue (correlata al Pil e non al bilancio della Bce). Dunque ci aspettiamo che Mr Draghi replichi il Qe il prossimo anno e ne raddoppi la misura”.

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