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L’attacco allo storico museo Bardo di Tunisi, avvenuto mercoledì, ha lasciato una parte dell’opinione pubblica italiana interdetta. La Tunisia era fin qui rappresentata come il paese simbolo della Primavera araba: la sostituzione del despota Ben Ali nel 2011 con la Rivoluzione dei Gelsomini, aveva consegnato il paese in mano a un mix stabile (finora) di democrazia, politica e Islam ─ una specie di eccezione, visti i risultati libici, siriani, yemeniti e egiziani.

Ma internamente cova da tempo una resistenza fortissima, con posizioni integraliste che sfociano nel radicalismo terroristico, che finora si erano sfogate soltanto all’estero ─ la Tunisia è il paese da cui sono partiti più foreign fighters per andare a combattere al fianco del Califfo in Siria e Iraq.

Il web magazine tunisino Iknyfada ha ricostruito gli eventi terroristici più importanti, che si sono verificati dopo il 14 gennaio del 2011, data che viene identificata come la fine dei 23 anni di potere di Ben Ali e l’inizio del percorso democratico islamico della nazione. Di seguito un elenco rappresentativo.

2011

Nel maggio del 2011, uomini armati si sono scontrati con le forze di polizia nella cittadina di Rouhia, nel governatorato nord occidentale di Siliana, poco a nord di Kasserine ─ città storicamente legata alla presenza di gruppi islamisti combattenti e che tornerà spesso nella trattazione. Negli scontri rimasero uccisi anche due ufficiali del’esercito, che era intervenuto sul posto per sedare i combattimenti che duravano da un paio di giorni. Due perdite ci furono anche tra coloro che avevano attaccato le forze di sicurezza, mentre altri due vennero arrestati: erano libici. Per tutti fu ricostruito un link con il gruppo combattente salafita Ansar al Sharia. Da alcune perquisizioni furono rinvenuti armamenti di vario genere (AK47, granate, esplosivo) e le mappe di siti turistici a Bizerte, Tabarka, Hammamet e Nabeul.

2012

All’inizio dell’anno, in febbraio, ci furono alcuni episodi di scontro nell’area di Bir Ali Ben Khalifa. Diverse operazioni di polizia, portarono alla scoperta di numerosi depositi di esplosivo, con cinture, fucili Kalashnikov e riferimenti all’AQIM (Al Qaeda nel Maghreb Islamico). Nel settembre di quest’anno, la sede dell’ambasciata americana di Tunisi finì sotto attacco terroristico, il proxy fu l’uscita del film (considerato blasfemo), “Innocence of muslims”. Il capo di Ansar al Sharia tunisina, Seifallah ben Hassine (conosciuto come “Abu Iyad) aveva deciso di emulare quello fatto dai fratelli di Bengasi pochi giorni prima, quando con un assalto simile era stato ucciso il capo della sede diplomatica americana Chris Stevens. Il bilancio degli scontri, fu di quattro morti e 28 feriti.  Tre mesi dopo, il 10 dicembre una pattuglia della guardia nazionale viene attaccata a Feriana nel governatorato di Kasserine (centro-ovest della Tunisia): resta ucciso un maresciallo e diversi feriti. La settima successiva la pista della polizia porta ad un’abitazione a Douar Hicher: durante la perquisizione viene uccisa la moglie del proprietario, un sospetto terrorista, dopo che uomini armati si erano asserragliati nella casa.

2013

A gennaio vengono scoperti due depositi di armi a Medenine: contenevano di tutto, Kalashnikov, lanciarazzi RPG, granate, pistole, esplosivi. Meno di un mese dopo, la Tunisia assiste al primo assassinio politico post-rivoluzione. Tre colpi di pistola uccidono, fuori dalla sua abitazione nel quartiere di El Menzah di Tunisi, Chokri Belaïd. Politico di sinistra, leader del Fronte popolare tunisino, da tempo in opposizione alla coalizione di governo che sosteneva il premier Hamadi Jebali (islamista, del partito Ennahda), denunciandone l’incompetenza. La morte di Balaïd scatena un’ondata di proteste in tutto il paese (al suo funerale parteciparono quasi un milione e mezzo di persone). Le indagini portano alla pista terroristica, e a una lista di sospetti tutti legati ad Ansar al Sharia. Tra loro c’è Ahmed al Rouissi, ricomparso come “Abu Zakaria al Tunisi”, ucciso dalle milizie di Misurata durante gli scontri di Sirte, in Libia, in questi giorni. (Secondo i dati raccolti, Rouissi “il tunisino” era uno dei comandanti dello Stato islamico nell’ex roccaforte del rais Gheddafi). Nei mesi successivi furono scoperti altri arsenali e un commissario di polizia fu trovato ucciso nel suo ufficio. Da aprile ad agosto il Djebel Chaambi, area montuosa a nord di Kasserine, diventa il teatro di una serie di attentati contro le forze delle Guardia nazionale che provocarono la morte di diversi soldati ─ ad operare nell’area sarebbe stato il gruppo qaedista Okba Ibn Nafaa, legato all’AQIM ─, tanto che il governo lanciò nell’area una vera e propria offensiva militare. Nel frattempo, il 25 luglio del 2013 fu ucciso un altro politico, Mohamed Brahmi, anche lui dirigente del Fronte popolare e membro dell’assemblea costituente: la morte arrivò in circostanze analoghe a quella di Belaïd. Le indagini portarono ancora al gruppo di Rouissi, considerato il mandante di entrambi gli omicidi. Pochi giorni dopo, le violenze sfociarono nuovamente sul monte Chaambi: una decina di soldati furono uccisi, tre decapitati; nel corso della vasta operazione 45 persone furono arrestate. Ad ottobre, a Goubellat, nel nord, una chiamata anonima segnala alla Guardia nazionale una situazione sospetta: ma è in realtà un’imboscata, due soldati rimangono a terra, diversi feriti. Alla fine di ottobre, durante una perquisizione a Sidi Ali Ben Aoun, sei militari rimangono uccisi. Il 30 ottobre, 2013 alle 9:30, Mohammed Issawi, un giovane di 22 anni, innesca la sua cintura esplosiva sulla spiaggia dell’hotel a Sousse Riadh Palms. Morto all’istante, senza causare vittime. Mezz’ora dopo, un altro giovane viene fermato mentre stava per far esplodere il mausoleo di Bourguiba, con candellotti di TNT.

2014

L’anno si apre con l’eliminazione del terrorista Kamel Gadhgadhi, considerato “nemico pubblico numero uno” e assassino di Belaïd, da parte delle forze speciali della Brigade antiterrorisme (BAT). A marzo, dopo che in un attentato a febbraio rimasero uccisi tre soldati e un civile, fu arrestato l’ideologo predicatore di Ansar al Sharia: Abu Ayoub, preso mentre tornava dalla Libia. A maggio, dopo che varie operazione del BAT tra marzo e aprile avevano portato all’arresto e all’eliminazione di diversi terroristi, ci furono altri due attenti nell’area del monte Chaambi, in cui persero la vita due soldati. Sempre a maggio, la notte tra il 27 e il 28, viene attaccata la casa del ministro dell’Interno Lotfi Ben Jeddou a Kasserine: quattro agenti di polizia vengono uccisi, si pensa ci siano infiltrazioni all’interno della catena di sicurezza ministeriale, poi a giugno AQIM rivendicò l’attentato. A luglio due Hummer che trasportavano cibo per l’Iftar (rottura del digiuno nel mese del Ramadan) ai commilitoni dispiegati sul confine montuoso tra Tunisia e Algeria (a nord), furono attaccati nei pressi di Sakiet Sidi Youssef: nello scontro a fuoco rimasero uccisi due soldati e diversi feriti. Pochi giorni prima, più a sud (ancora sul monte Chaambi), furono lanciati RPG contro dei posti di blocco dell’esercito, provocando l’uccisione di 14 soldati, uno fu rapito e ritrovato morto nei giorni seguenti. I primi di novembre a Nebbeur tra Jendouba e Kef un autobus militare finì sotto attacco dei miliziani: 5 morti tra gli uomini dell’esercito. Nei mesi successivi ci furono altri agguati, in uno perse la vita un ufficiale della Guardia nazionale, in un altro una recluta.

Dall’inizio del 2015 sono in corso operazioni anti terrorismo in Tunisia. A metà febbraio sono state arrestate 32 persone che stavano organizzando piani per colpire in modo «grandioso» gli obiettivi turistici di Tunisi.

La Brigata 166, che è una milizia sotto il comando dello pseudo governo di Tripoli, in Libia, e che sta combattendo gli uomini dello Stato islamico nell’area di Sirte, ha da poco diffuso un elenco sulla possibile (parziale) leadership dell’Is libico. Daniele Raineri ha pubblicato sul Foglio la descrizione di alcuni dei principali notabili del gruppo. Ci sono elementi mandati in Libia per gestire l’espansione direttamente dal Califfo ─ come i noti Abu Nabil e Abu Bara’ al Azdi ─, uomini che provengono dal cuore dello Stato islamico, l’Iraq e la Siria. E poi ci sono alcuni “locali”: tra questi è interessante notare la presenza di Abu Iyad al Tunisi, che è quello stesso ben Hassine, capo di Ansar al Sharia tunisina di cui è parlato in precedenza ─ oltre al Ahmed al Roussi. Segnali interessanti di intrecci e smottamenti. Il link tra i jihadisti dei due Paesi confinanti, è rintracciabile anche nelle parole dal ministro tunisino della Sicurezza Rafik Chelly, che ha spiegato oggi che due dei terroristi dell’attacco al museo Bardo, avevano seguito un addestramento militare in Libia.

@danemblog

 

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