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Nel report di fine anno (anno 2014) dei servizi di intelligence israeliani, si leggeva che il vero problema “del mondo” (o di Israele, ma nella lettura finale era la stessa cosa) non è tanto la minaccia jihadista globale lanciata dallo Stato islamico, ma l’arma atomica (o le potenzialità per crearla) in mano ai mullah iraniani, perché in fondo l’Is di Baghdadi sarebbe stato possibile schiacciarlo velocemente, se solo un esercito tra quelli ben organizzati in giro per il pianeta (escludere dunque quello iracheno) si fosse deciso a fare le cose perbene ─ cioè un serio attacco di terra.

Il rapporto è spesso citato, perché rappresenta una fonte affidabilissima di analisi e informazioni. La tesi conclusiva, sebbene va filtrata con il contesto socio-temporale israeliano da cui arriva (le elezioni, il nuovo governo, i nuovi leader, e il deterioramento del rapporto con gli USA), non è poi così strampalata. L’affermazione del periodo precedente è un’opinione; ma anche ad osservare i fatti, si cominciano a vedere i primi segni di bontà della lettura dei servizi di Tel Aviv (“si cominciano a vedere”, “i primi segni”, ma c’è molto altro).

A Tikrit, in Iraq, per esempio, dove gli iraniani hanno organizzato un’offensiva di terra seria e sensata, l’Is ha perso parecchio terreno. Nota: si dice “gli iraniani hanno organizzato” etc etc, perché è noto ormai che dietro l’operazione lanciata dal governo di Baghdad per riprendersi Tikrit, c’è la regia dell’eminenza grigia mediorientale Qassem Soleimani, capo operazioni estere dei pasdaran, potentissimo generale/politico che cura tutta la strategia estera dell’Iran. (L’assalto, tra l’altro, è visto come una cartina di tornasole per ogni futuro tentativo di riprendere la grande città settentrionale di Mosul, che sarà un’operazione molto più complessa).

Domenica, però (“ma c’è molto altro”, si diceva), il generale iracheno Abdulwahab al-Saadi ha detto ad AFP che l’offensiva su Tikrit, dopo gli iniziali successi, è adesso arrivata a un punto di stallo (è bloccata da quattro giorni): sarebbe ora, spiega l’ufficiale, che la Coalizione internazionale cominci a lanciare qualche raid aereo, perché gli uomini dell’Is si sono asserragliati nel centro cittadino e servirebbero gli occhi degli AWACS americani per avere info su dove colpire e la precisione chirurgica dei droni per evitare troppi danni in città ─ nella Tikrit pre-Is ci vivevano 250 mila persone.

Per il momento, gli americani non rispondono: anzi, la scorsa settimana, mentre gli iracheni viaggiano a gonfie vele su Tikrit, dal Pentagono sottolineavano con orgoglio di “non coprire dall’alto” le operazioni. C’è una questione di rispettabilità: i piani dell’offensiva irachena non sono stati passati agli americani, mentre invece sembra che Teheran li avesse ─ era abbastanza scontato, visto che senza il supporto delle milizie sciite filo iraniane, l’esercito di Baghdad non sarebbe riuscito nemmeno ad arrivarci su a Tikrit; e poi Baghdad deve aver fatto due conti, dato che secondo un alto funzionario governativo che ha parlato ad Associated Press, l’Iran ha già fornito 10 miliardi di dollari di armamenti all’Iraq, mentre la richiesta che il Pentagono ha fatto al Congresso, è per uno stanziamento di 1.6 miliardi che andranno in training delle truppe («Un aiuto incondizionato» ha definito quello iraniano Hadi al-Amiri, capo del partito/milizia iracheno Badr, emanazione sciita iraniana).

Con ogni probabilità, se le cose si metteranno male, Washington darà l’ok per un aiutino dall’alto, dato per altro il generale clima di distensione verso la repubblica degli ayatollah, che il presidente Obama promuove come mantra. Altrimenti, ci penseranno i caccia iraniani: il vice ministro della Difesa Ibrahim al-Lami iracheno ha detto a Reuters che a questo punto l’aviazione è necessaria, ma non ha specificato “quella di chi” ─ come a dire che se volesse, Teheran troverebbe i cieli aperti.

Apparentemente da Tikrit arriva un segno della perdita di potenza dell’Is che vale la pena evidenziare più delle sconfitte (o meglio dire “dei pareggi”, in questo momento) sul campo di battaglia. Diverse tribù locali sunnite (Tikrit è capoluogo delle provincia di Salahuddin, a maggioranza sunnita), si sarebbero messe in armi contro lo Stato islamico. Su queste notizie ci sono però un po’ di dubbi (analogamente su quelle che arrivano da Ramadi, in Anbar e dall’area di Mosul, dove advisor militari turchi sarebbero sul posto per addestrare i clan sunniti in vista dell’offensiva di primavera). Alcuni credono che le informazioni che circolano possano essere soltanto messaggi propagandistici messi in piedi proprio dagli apparati delle milizie sciite. Sullo sfondo il monito che era arrivato da più parti: chi prende Tikrit (le milizie sciite e l’esercito filo-sciita di Baghdad, quindi), deve assolutamente evitare settarismi contro i sunniti locali, pena il fallimento socio-politico che minerebbe l’intera (eventuale) vittoria militare.

In Libia

Sabato gli uomini della Brigata 166 hanno respinto il tentativo di attacco sulle zone est di Sirte, in Libia. La katiba 166 era stata inviata dal governo di Tripoli nei dintorni della città natale di Gheddafi già da diverse settimane, ma finora non si era mai scontrata con le unità combattenti dell’Is che controllano (tuttora) alcune fasce del centro cittadino. Durante la battaglia di sabato sono sopraggiunti rinforzi dalla fortezza di Misurata (la città/stato base ancestrale dell’operazione Alba della Libia, che ha “creato” il governo di Tripoli e di molti dei gruppi armati che la costituiscono).

Anche a Sirte le forze che combattevano contro lo Stato islamico hanno avuto l’appoggio di alcune tribù locali. E anche in questo caso, si tratta di una notizia che cerca conferme definitive, ma, come per i sunniti di Tikrit (e di quelli dell’Anbar o di Mosul) significherebbe che lo Stato islamico sta perdendo l’appoggio dei locali ─ che a Sirte erano rappresentati dai rancorosi gruppi gheddafiani, estromessi con violenza dal potere nel 2011.

Circostanze che potrebbero essere molto significative. Molto più dei “colpi” militari: anche perché, fermo restando valida in generale l’analisi degli israeliani e constatando che nelle ultime settimane l’Is si è posto sostanzialmente sulla “difensiva”, a Tikrit, dopo le sconfitte iniziali, la situazione sembra di momentaneo pareggio; a Sirte, invece, gli scontri sono stati soltanto episodi puntuali, e parlare di “sconfitte” è prematuro.

@danemblog

 

L'Is sta perdendo a Tikrit e Sirte?

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