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Critiche nette all’impostazione del governo sul decreto. Stime della riduzione di credito per effetto del provvedimento dell’esecutivo.

Non stanno con le mani in mano all’associazione che riunisce e rappresenta le banche popolari dopo l’approvazione del decreto governativo che impone ai dieci maggiori istituti di credito del settore la trasformazione in società per azioni entro 18 mesi.

LE CRITICHE A RENZI E PADOAN

E’ la filosofia di fondo espressa dal premier Matteo Renzi e anche da Piercarlo Padoan che viene stimmatizzata dai banchieri di Assopopolari: “Meno credito bancario e più strumenti finanziari per aumentare la liquidita’ del sistema imprenditoriale”. Chiosa l’associazione presieduta da Ettore Caselli (nella foto): “Il ministro dell’Economia dovrebbe sapere che proprio questo modello di intermediario è stato all’origine della gravissima crisi finanziaria diffusasi nell’economia mondiale dal 2007 e successivamente della recessione, con conseguenze pesantissime per l’economia reale. Tuttavia, con queste parole il ministro dell’Economia Padoan ha voluto definire l’obiettivo del decreto che impone alle prime 10 banche popolari di trasformarsi in spa”.

L’IMPATTO STIMATO DEL DECRETO

Ma cosa significa più finanza e meno credito in un tessuto socio-economico, quale quello italiano, fatto in prevalenza di piccole e medie imprese e famiglie?, si chiedono gli istituti del comparto. L’associazione capitanata dal segretario generale Giuseppe De Lucia Lumeno ha effettuato alcune stime. Ecco le conclusioni: “La misura contenuta nel decreto riguardante le Popolari determinerà, in termini di PIL, una contrazione pari a 3 punti percentuali aggravando così l’attuale situazione recessiva e quella già di per sé drammatica dell’occupazione e annullando le debolissime possibilità di ripresa dell’attività economica”.

LE STIME SUL MINOR CREDITO A FAMIGLIE E IMPRESE

“Il decreto – secondo Assopopolari – metterà in moto un meccanismo speculativo tale da determinare un progressivo trasferimento della proprietà di una parte rilevante del sistema bancario italiano alle grandi banche internazionali, stimabile in un totale di attività pari a 528 miliardi di euro, ed avrà i seguenti effetti: riduzione di 80 miliardi di euro di crediti alla clientela, di cui 25 miliardi in meno alle famiglie e 55 miliardi in meno alle imprese”.

I NUMERI DEL COMPARTO

La trasformazione in società per azioni delle prime 10 Banche Popolari, con un totale attivo superiore agli 8 miliardi di euro (oltre il 90% dell’intera Categoria del Credito Popolare), penalizzerà fortemente i territori di riferimento e l’economia reale del Paese. Attualmente le Banche Popolari erogano crediti a clientela per circa 375 miliardi di euro, un valore che rappresenta il 27% degli impieghi complessivi del sistema bancario italiano, nota Assopopolari.

GLI EFFETTI SULL’ECONOMIA E SULL’OCCUPAZIONE

Inoltre, oltre agli effetti negativi derivanti dal minore sostegno dell’economia reale, del tessuto produttivo, delle famiglie e delle PMI, per il venire meno di crediti per 80 miliardi di euro, un valore stimabile in 5 punti percentuali di PIL – dicono i banchieri di Assopopolari – è necessario considerare le ovvie e conseguenti ricadute in termini occupazionali: “I processi di consolidamento che si metteranno in moto al fine di ottenere una maggiore redditività attraverso un drastico taglio dei costi si tradurrà, inevitabilmente, in una contrazione del personale bancario quantificabile, per le prime 10 Banche Popolari, in circa 20.000 unità nel giro di due anni”.

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Ecco come le banche popolari stimmatizzano Renzi e Padoan

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