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“Diversi segnali convergenti ci dimostrano che il cibo rientra oggi nella definizione di asset strategico”, afferma Francesco Galietti, classe 1982, scenarista esperto di relazioni internazionali e autore del libro Pappa mundi, pubblicato da Guerini e Associati.

IL CIBO, UNA QUESTIONE DI STATO

A pochi mesi dall’apertura di EXPO, ce lo ricordano il blocco alle importazioni di cibo da parte di Vladimir Putin per rispondere alle sanzioni occidentali sull’Ucraina; le scosse telluriche che attraversano la Cina quando, nell’estate 2014, una maxi partita avariata nei fast food si trasforma in questione nazionale; il fondo sovrano dell’emiro del Qatar, che da anni ha un ramo di investimenti (Al Hassad) dedicato esclusivamente all’approvvigionamento di cibo. Ma non è tutto. Le recenti sommosse popolari lungo l’arco del mediterraneo hanno avuto nell’improvvisa scarsità di generi alimentari e nel rialzo dei prezzi il proprio detonatore. Per simmetria, negli USA l’acquisizione del maxi-allevamento suino Smithfield da parte dei cinesi è stata gestita dai militari del comitato sugli investimenti stranieri, increduli che il «target» del fondo sovrano di Pechino fosse davvero un super-porcaro.

LA FAME DEL DRAGONE

Suscita perplessità, nel 2014, la voracità con cui Pechino compra terre in Africa, coltivazioni di grano in Ucraina e olio in Italia. Suscitano ulteriori perplessità i pescherecci cinesi che gettano reti sempre più larghe, sempre più in là.

“Niente di nuovo, in realtà – sostiene Galietti – si tratta di uno schema tipico degli imperi per aggirare la finitezza della terra”. Lo sapeva bene Roma, cuore pulsante di un impero che a un certo punto scelse di divincolarsi dagli angusti limiti del «chilometri zero» dei suoi tempi – le morbide colline laziali – e perseguì con decisione una politica di diversificazione alimentare. Molto prima che la dottrina geopolitica occidentale elaborasse il concetto di food security, Roma interpretò da potenza militare e commerciale il destino della sua geografia di stivale nel bel mezzo del Mediterraneo, cercando continuamente nuove frontiere, spingendo il limes sempre più in là.

UNA QUESTIONE GEOPOLITICA

La fame del Dragone è forse la più evidente delle macro-tendenze in atto, quella che è capace di spostare significativamente la curva di domanda e alterare gli equilibri di prezzo del mercato food. Non è, però, l’unica. Proprio perché lo spazio del food è a valenza geopolitica, della geopolitica esso segue le regole e nei suoi campi di forza è imprigionato. Tensioni derivanti da placche geopolitiche che si scontrano coincidono quasi inevitabilmente in frizioni nel mercato alimentare, sia perché colpiscono direttamente la produzione o il consumo di alimenti o materie prime, sia perché interessano alcuni dei fattori coinvolti nella loro produzione, distribuzione e consumo.

E L’ITALIA?

Sulla penisola italiana insistono quattro grandi forze esterne: migrazioni e risorse prime dall’Africa; petrolio e gas dalla Russia; soldi crescenti dalla Cina; basi militari degli Stati Uniti. A tutti gli effetti, è la conferma che Roma è nella scomoda posizione di chi si trova esattamente sul punto di tangenza di più placche geopolitiche. Oggi il ritorno della storia ha messo in ebollizione il Mediterraneo e la geografia dello Stivale è nuovamente un elemento interessante, ma il fardello del quarto debito pubblico al mondo e le crescenti difficoltà della politica nel conciliare rigore di bilancio con tornaconto elettorali non consentono facili ottimismi.

IL CIBO DEL FUTURO

I progressi esponenziali di nuove tecnologie e la combinazione tra mondi diversi come biologia e informatica, rendono attuale ciò a cui solo la penna di scrittori cyberpunk aveva dato corpo. È l’America a segnare il passo in questo campo e, in particolare, la California.

Al grande gioco del cibo partecipano infatti grintosi venture capitalist californiani e i rami di investimento dei nuovi poteri digitali. Come Google, che ha investito in Impossible Foods, una start-up la cui specialità è quella di trasformare biomasse in carne, e Amazon che ha in fase di progetto pilota Amazon Fresh, prima avventura nel mondo della consegna a domicilio di alimenti freschi. I soldi, sempre di più, arrivano dai paperoni della tecnologia. Ma attenzione a credere che gli attori statali siano disinteressati alle diavolerie tecnologiche applicate al food. Le istituzioni democratiche occidentali si trovano alle prese con un progressivo svuotamento delle proprie prerogative, mentre le forze di mercato si rivelano sempre più spesso maggiormente efficienti nello svolgere gli stessi compiti che in precedenza erano appannaggio degli Stati. Pubblico e privato sono destinati a unirsi sempre di più, anche attraverso la geopolitica del cibo.

La geopolitica del cibo cucinata da Galietti

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