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Svolta nella crisi libica. Le fazioni, riunite a Ginevra sotto l’egida delle Nazioni Unite e grazie agli sforzi decisivi compiuti dalla diplomazia italiana, hanno raggiunto un’intesa su una road map per la formazione di un governo di unità nazionale, da definire la prossima settimana.

Ad annunciarlo è stato Bernardino Leon (nella foto), il rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu per la Libia e capo della missione delle Nazioni Unite.

L’AGENDA CONCORDATA

“I partecipanti – ha spiegato il Palazzo di Vetro – hanno concordato dopo un’ampia discussione un’agenda che comprende il raggiungimento di un accordo politico per formare un governo di unità nazionale consensuale e i necessari dispositivi di sicurezza per la fine di tutte le ostilità”.

I TEMI AFFRONTATI

I partecipanti hanno chiesto a tutte le parti di fermare il conflitto e di creare un contesto utile per il dialogo “esprimendo il loro impegno a una Libia unita e democratica governata dallo stato di diritto e dal rispetto dei diritti umani”, ha detto ancora l’Onu.
Tra i temi affrontati dai partecipanti ci sono stati la liberazione di tutte le persone detenute illegalmente; il ritorno degli sfollati nelle loro case ed ai propri posti di lavoro; la riapertura degli aeroporti e porti; e la libertà di movimento nel Paese.

I PROSSIMI INCONTRI

Oggi le delegazioni libiche sono rientrate in patria, “per consultazioni” e rientreranno a a Ginevra la settimana prossima, probabilmente martedì. L’Onu punta però a estendere ulteriormente la platea dei partecipanti al tavolo, al quale finora non si sono presentate le potenti milizie islamiste di Fajr Libia.

SITUAZIONE DIFFICILE

Lo scopo del negoziato è quello di cercare di uscire dal caos, in cui è precipitato il Paese dopo la caduta del regime di Muammar Gheddafi nell’ottobre 2011. Un vuoto politico che ha dato spazio a milizie ex-ribelli, che hanno scatenato una guerra per il controllo del territorio, influenzate talvolta da ingerenze esterne. La situazione è precipitata negli ultimi mesi con la creazione di due governi e due parlamenti paralleli (a Tobruk quello riconosciuto dall’Occidente) e con le due più grandi città del Paese, Tripoli e Bengasi finite interamente o parzialmente nelle mani delle milizie. Ad attendere Leon e i Paesi della regione, Italia in testa, c’è un lavoro delicato: è necessario da un lato evitare che si acuisca quella che ormai può definirsi a ragione una guerra civile; e dall’altro che si riducano le possibilità di un conflitto conclamato o di un intervento militare internazionale.

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