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Mentre la comunità internazionale teme un default in Grecia o in Ucraina, il Venezuela è già da qualche mese in recessione. In quello che potrebbe essere uno dei Paesi più ricchi al mondo per via delle sue risorse naturali, ieri il governo di Nicolás Maduro ha annunciato la maggiore svalutazione della moneta nella sua storia.

ECONOMIA REALE VS. ECONOMIA FITTIZIA

La Banca centrale del Venezuela ha illustrato ieri la nuova normativa che regolerà da subito il cambio della valuta. Dal 2003 l’acquisto di qualsiasi moneta straniera in Venezuela era sotto controllo dello Stato, per un tentativo, non riuscito, di evitare la fuga di capitali all’estero. Il risultato di questo intervento nel sistema economico nazionale è stata la nascita di indici fasulli, mentre l’economia reale va in un’altra direzione.

NUOVO SISTEMA DI CAMBIO

Il nuovo sistema si chiama Sistema Marginal de Divisas (Simadi) e da un giorno all’altro ha cambiato il valore del bolívar fuerte (Bs.F) da 6,3 Bs.F a 170 Bs.F per ogni dollaro. Un cambio 27 volte più alto di quello ufficiale, che resterà valido per le importazioni autorizzate dal governo. Resterà in vigore anche un altro sistema di cambio chiamato Simadi, nel quale ogni dollaro costa 12 Bs.F, mentre nel mercato nero è arrivato a 190 Bs.F. La decisione di quale sistema usare per ogni settore resta a discrezione dello Stato.

LEGALIZZARE IL MERCATO NERO

Secondo la Bbc, la misura del governo è una legalizzazione del mercato nero sotto mentite spoglie per cercare di stabilizzare l’economia. Per il ministro dell’Economia venezuelano, Rodolfo Marco Torres, si tratta semplicemente di un “valore completamente libero”. “Il sistema di cambio non è stato fatto per arricchire chi è già ricco, ma per garantire la crescita e i diritti del popolo”, ha detto il presidente Maduro. Nonostante gli annunci, queste manovre hanno fatto sparire circa 20 miliardi di dollari tra il 2012 e il 2013 ad opera della cosiddetta “mafia cambiaria”.

PROTEGGERE LA POPOLAZIONE

Per tutelare la popolazione dalla speculazione, invece, il governo cercherà di proteggere il sistema ufficiale di cambio. “Con questo si protegge l’industria nazionale. Il 70% delle necessità saranno garantite a 6,3 Bs.F”, ha detto il ministro Torres. Il Venezuela ha l’inflazione più alta del mondo, arrivata al 70% nel 2014 e ha subito una pesante caduta della produzione nazionale.

STORICO DECLASSAMENTO

Qualche giorno prima della svalutazione, l’agenzia Moody’s aveva declassato il debito sovrano del Venezuela di due gradini per farla arrivare a “Caa3”, il livello più basso assegnato ai Paesi non in default, pari a quello della Giamaica, che ha dichiarato due default dal 2010. Inoltre, Fitch aveva declassato a gennaio i bond venezuelani al livello “CCC”, mentre a settembre S&P’s li aveva retrocessi a “CCC+”.

MANCANO DOLLARI

Per l’economista Asdrúbal Oliveros, analista del centro indipendente Ecoanalítica, non ci sono dubbi: “Il dollaro resterà nel mercato nero”. Il numero uno dell’opposizione ed ex candidato alla presidenza, Henrique Capriles, ha commentato che “il governo ha svalutato la moneta. Loro dicono che ci sarà il dollaro per cibo e medicine, ma non ci sono dollari!”.

USO DI ARMI MILITARI

Ieri era il primo anniversario dalla morte di 43 persone nelle proteste contro il governo di Maduro. Circa 3500 manifestanti sono stato arrestati, tra cui l’oppositore Leopoldo López, ancora in galera per un processo giudiziario, non ancora iniziato, per “tradimento alla patria”.

Nello stato di Tachira e in alcuni municipi di Caracas ci sono stati scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Nonostante la crisi economica e la criminalità – motivi della protesta un anno fa – siano peggiorati, i venezuelani hanno preferito restare a casa per evitare altro spargimento di sangue. Da un mese il governo ha autorizzato sulla Gazzetta ufficialel’uso di armi militari per mantenere l’ordine pubblico durante le manifestazioni”.

GOLPE DI STATO

Il governo venezuelano ha anche denunciato ieri il tentato di un colpo di Stato. Maduro non ha rivelato l’identità dei responsabili né i dettagli dell’operazione, ma ha detto che i servizi di intelligence hanno reagito in tempo: “Abbiamo smontato un tentativo di colpo di Stato contro la nostra democrazia. Volevano provocare violenza con bombardamenti al palazzo presidenziale”. Il presidente ha anche accusato l’opposizione e “l’imperialismo nordamericano” della mancanza di alimenti, dell’inflazione e della crisi economica.

PODEMOS IN SPAGNA

Il Paese sudamericano è sull’orlo del collasso economico, ma c’è chi continua a ispirarsi al modello socialista del XXI Secolo: il partito politico spagnolo Podemos.

Legato apertamente alle linee politiche del defunto presidente Hugo Chávez, il leader Pablo Iglesias (e anche il premier greco Alexis Tsipras) insiste nell’assicurare che il modello politico, sociale ed economico del Venezuela potrebbe funzionare in Europa a beneficio del benessere collettivo.

Un altro leader di Podemos, Íñigo Errejón (qui il ritratto di Formiche.net) ha lavorato a Caracas per il governo venezuelano e, secondo il quotidiano spagnolo El Economista, avrebbe ricevuto anche un finanziamento di due milioni di euro dal Venezuela un mese prima di creare Podemos.

STESSA RETORICA, STESSO INGANNO 

Il giornalista venezuelano Antonio Fernández Nays, esiliato a Madrid, ha pubblicato una lettera aperta agli spagnoli, avvertendo dei rischi portati da Podemos: “Io li conosco bene, non mi ingannano… Imparano in fretta a replicare il malessere delle piazze, la digeriscono, la fanno proprio, la rigurgitano. Alla fine ti convincono, perché dicono le cose che volevi sentire. Interpretano il ruolo del grande controllore morale, il vendicatore, il salvatore della patria. Non mi ingannano più”.

Venezuela, tutti i trucchetti di Maduro (non solo per svalutare la moneta)

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