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C’è un attore poco citato nelle cronache della crescita globale, ma che nei prossimi anni potrebbe recitare un ruolo da protagonista. È la regione mediterranea, una delle destinazioni privilegiate per i progetti di investimento stranieri diretti secondo Ernst & Young che, nel corso dell’EY Strategic Growth Forum, ha presentato oggi a Roma i principali risultati di una ricerca dedicata all’area, BaroMed2015.

CHI C’ERA

La ricerca ha coinvolto 156 top manager di 20 Paesi del mondo, secondo i quali l’area del Mediterraneo è considerata un’area più attrattiva dell’Europa (51%), dell’Africa (60%) e dell’Asia (52%), perché conta su “una crescita economica sia più rapida rispetto alle altre regioni” e con “opportunità di business maggiori, spinte dalla crescita demografica e dall’urbanizzazione, con la nascita di nuove spettacolari città o distretti che sorgono negli Stati del Golfo, in Turchia e in Nord Africa”. Alcuni di loro erano presenti oggi all’evento, aperto dal ministro per le Riforme Costituzionali e per i Rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, l’ad di EY Italia e managing partner dell’area Mediterranea, Donato Iacovone e Maria Pinelli, EY global vice chair of Strategic growth markets.

I NUMERI

Se quella del Nord Europa è per molti versi un’economia ormai matura – è la conclusione dello studio – i Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum hanno ancora un grande potenziale da esprimere e l’Italia può essere capofila di questa crescita. Il Pil della regione supera già “i 10 mila miliardi di dollari e nel corso degli ultimi cinque anni sono stati realizzati oltre 17mila progetti di investimenti stranieri diretti“. Secondo la ricerca, “tra il 2009 e il 2013, i Paesi del Mediterraneo, Medio Oriente, e quelli del Golfo hanno attirato 17.110 progetti di investimenti stranieri diretti, principalmente realizzati nell’area dell’Europa Mediterranea e dei Paesi del Golfo (78% dei progetti complessivi)”. A causa di una relativa scarsità di potenziali aziende target da acquisire e delle potenzialità non espresse della regione, “le operazioni di fusione e acquisizione di aziende nel corso del 2013 rappresentano solo il 35% degli investimenti stranieri diretti totali, mentre gli investimenti greenfield (quelli che permettono la creazione da zero di attività produttive) sono il 65% con un totale di 85.8 miliardi di dollari, un valore superiore a quello della Cina”.

I SETTORI D’INVESTIMENTO

Per quanto riguarda quest’ultimo tipo d’investimento, le maggiori opportunità si riscontrano nel settore dei servizi alle imprese (15,4%), industria digitale (10,8%), servizi finanziari (10,6%). Per ciò che concerne invece il target delle acquisizioni, le aziende considerate più interessanti sono quelle appartenenti ai settori delle telecomunicazioni, dei media, delle tecnologie (17,3%), della vendita al dettaglio, dei prodotti di consumo (15,4%) e dell’energia (11,7%). “Sfruttando la posizione centrale tra Europa, Asia e Africa, la Regione sta sviluppando inoltre settori dell’immobiliare, del turismo e del commercio al dettaglio e del turismo“. Si assiste poi, secondo lo studio, a un fenomeno interessante: “alcuni investitori stanno riportando le proprie attività dall’Asia al Mediterraneo, per poter gestire al meglio la propria supply chain per la domanda dei mercati europei“, grazie alla presenza dei 18 porti su 100 e degli 8 aeroporti su 30 più trafficati del mondo.

COSA MANCA AL MEDITERRANEO

Ma la situazione dell’area non è solo rose e fiori. Nonostante l’outlook positivo, molti degli intervistati nel BaroMed2015 “hanno evidenziato potenziali rischi: l’instabilità (una media del 53% nelle 5 sotto-regioni) – come non pensare al terrorismo di matrice islamica, Stato Islamico in particolare, o alle crisi in Medio Oriente e in Libia, in Nord Africa – e la mancanza di trasparenza (29%) sono i principali ostacoli agli investimenti e ad una crescita sostenibile“. Inoltre, emerge “preoccupazione per la mancanza di infrastrutture in alcuni dei Paesi e per l’economica stagnante dell’Europa, la quale rimane la principale fonte di capitale dell’intera regione“. Per l’Italia è tuttavia importante agganciare questo treno: nel 2050, si apprende dalla ricerca, “le economie emergenti della Regione supereranno in termini di Pil, di crescita, d’innovazione e di adozione di tecnologie rivoluzionarie alcuni dei Paesi sviluppati“.

Dis

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