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La Banca centrale europea non può riservare alla Grecia un trattamento di favore per favorirne l’uscita dalla crisi. È questo il senso della decisione dell’istituto capitanato da Mario Draghi di non ammettere i titoli di Stato ellenici come garanzia per iniziative di politica monetaria.

Una scelta provocata dalla volontà del nuovo capo del governo di Atene Alexis Tsipras di rimettere in discussione gli accordi stipulati con la Troika dal suo predecessore Antonis Samaras. E che si traduce nel blocco dei finanziamenti alle banche del paese mediterraneo da parte dell’Eurotower.

LE POSIZIONI

L’esito dell’incontro a Berlino tra i responsabili delle Finanze greco e tedesco Yanis Varoufakis e Wolfgang Schäuble, riporta il Financial Times, ha contribuito a favorire tale sbocco. La richiesta ribadita con forza dal rappresentante della Germania, per cui il governo ellenico deve accettare il ruolo guida di Commissione Ue, Bce e Fondo monetario internazionale nel portare avanti il programma di salvataggio di Atene, è stata nettamente respinta dal suo collega greco. Il quale, riferisce Bloomberg, ha replicato proponendo un “piano ponte” fino a maggio per formulare una proposta all’Europa. Salvaguardando il 60-70 per cento delle intese raggiunte tra Bruxelles e il precedente governo, ma anticipando la restituzione dei prestiti rispetto al rimborso degli interessi sul debito pubblico greco.

LO SCENARIO

A prescindere da punti di vista che appaiono radicalmente antitetici, è necessario approdare a un rinnovato accordo per un programma di risanamento di lungo termine della più antica democrazia politica del mondo. Un’occasione che si presenterà nella riunione dell’Euro-gruppo prevista a Bruxelles il 16 febbraio. Consesso nel quale, scrive la testata economica statunitense, Atene può contare su una manciata di alleati pronti a fornire supporto per il progetto proposto a Berlino. Nell’eventualità di una rottura delle trattative, evidenzia Bloomberg, la Banca centrale europea riterrà gli istituti creditizi ellenici detentori dei titoli sovrani di Atene “insolventi”. E a quel punto “lo scenario di una permanenza della Grecia nell’Euro-zona apparirebbe assai arduo”.

IL RUOLO DEL FMI

È questa la ragione per cui lo stesso Fondo monetario internazionale, creditore di Atene con Bce e Ue, ha chiesto alla Grecia di proseguire con il programma di risanamento dei conti concordato in passato. È Repubblica a parlare della “volontà da parte dell’organismo finanziario di Washington di evitare un rischioso contagio” nel Vecchio Continente. Pur dichiarandosi pronto a discutere le idee, le proposte e la direzione delle strategie del nuovo governo ellenico, il direttore della comunicazione del Fmi Gerry Rice ribadisce che “l’accordo quadro sulla sostenibilità del debito greco resta in piedi”. E che “finora non vi è stata alcuna discussione con le autorità locali su possibili cambiamenti”.

E L’ITALIA?

Gli effetti di un mancato accordo, rileva La Stampa, ricadrebbero soprattutto sull’Italia. Gli aiuti concessi alla Grecia sono pari a 623 euro per ogni cittadino italiano. Roma ha dovuto contrarre un debito aggiuntivo con un onere per interessi stimabile in circa 22 euro annui pro-capite. Mentre per i tedeschi il costo ammonta a 17 euro. Atene dovrebbe lentamente ripagarci a partire dal 2020 fino al 2057. Se i negoziati per la restituzione delle risorse dovessero fallire, il nostro paese potrebbe perdere l’intera cifra erogata e subire una nuova fase di instabilità finanziaria.

IL COMMENTO DI MONTANINO

Una previsione ottimistica è fornita sempre su La Stampa da Andrea Montanino, direttore del Global Business and Economics Program all’Atlantic Council di Washington.
Ricordando come “il percorso più probabile e logico passi per una proroga del programma concordato con l’Unione Europea al fine di guadagnare il tempo necessario a negoziare la gestione del  debito pubblico ellenico”, l’ex dirigente del Fondo monetario internazionale ritiene che l’esecutivo greco debba mostrare flessibilità e apertura nel ricercare un compromesso con le istituzioni comunitarie. Una soluzione di lungo termine, osserva, costituisce un’ipotesi realistica rispetto allo spettro di una fuga di capitali da Atene con ripercussioni negative sui circuiti finanziari. A suo giudizio le risorse ricevute dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca centrale europea vanno restituite. Ma la gran parte dei crediti provengono dai governi europei: “Che potrebbero decidere di trasformarli in ‘un prodotto perpetuo’”.

ASSE CON PUTIN?

A rendere complicato il rebus relativo alle ricette per salvare la Grecia dalla crisi economica e finanziaria è l’apertura di un canale di dialogo fra Atene e Mosca, focalizzato sul terreno energetico, del turismo, della cultura, dei trasporti. Come riferisce Il Sole 24 Ore, a seguito dell’ultimatum ricevuto dalla Bce e del drammatico summit con Schaeuble il premier Tsipras ha avuto una lunga telefonata con il presidente russo ValdimIr Putin. Tra gli argomenti di confronto anche “l’Ucraina e la necessità di salvaguardare la pace e la stabilità nella regione”. Il capo del governo greco ha più volte smentito voci e illazioni sulla possibilità di ricevere soldi dalla Russia per risolvere il problema del debito pubblico. Ma ad apparire strana, scrive il quotidiano economico, è la tempistica della telefonata. La Grecia poi ha diritto di veto sulle decisioni per varare nuove sanzioni verso Mosca sulla crisi ucraina. Tema sul quale, precisa Il Sole, è necessaria la volontà unanime di tutti i paesi Ue: “Atene, messa alle strette sul fronte dell’accettazione del piano di aiuti dell’Euro-gruppo, potrebbe essere tentata di alzare la tensione nel consesso europeo in un terreno cruciale dal punto di vista geo-politico”.

Ecco su cosa si accapigliano Tsipras, Draghi e Merkel

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