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Citigroup, Goldman, il broker Icap (e chissà quanti altre banche d’affari) stanno studiano piani di azione in caso di Grexit. Lo afferma, citando “fonti vicine alla questione” il Wall Street Journal: “banche e altre istituzioni finanziarie stanno testando i loro sistemi interni e rispolverando piani vecchi di due anni per includere nelle possibilità l’uscita della Grecia dall’Eurozona dopo le elezioni di fine mese”.

SE VINCE SYRIZA

Il 25 gennaio il popolo greco è chiamato alle urne per eleggere il governo che subentrerà a quello di Antonis Samaras. I sondaggi danno favorito Aléxis Tsipras, il quarantenne antieuropeista di Syriza che agita le folle promettendo la fine dell’austerità e – fino a qualche giorno fa – anche dell’euro. La posizione del nostro, in effetti, si è molto ammorbidita.  Con l’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale e di uscita dalla moneta unica ora lui stesso parla meno. L’ipotesi è poco quotata anche tra gli analisti di mercato per alcune ragioni incontrovertibili.

PERCHE’ ATENE RESTERA’ NELL’EURO

La prima è che nel Trattato di Maastricht e negli altri istitutivi dell’Unione non è previsto un meccanismo di uscita: l’Unione monetaria è un biglietto di sola andata. Se davvero Atene optasse per la marcia indietro, le regole sarebbero tutte da costruire. Allora, l’unica soluzione sarebbe chiudere banche e Borsa e inventarsele velocemente per evitare eccessive uscite di capitali – movimento già in corso nelle ultime settimane: secondo il Sole 24 Ore “Eurobank e Alpha Bank avrebbero chiesto alla banca centrale ellenica contanti di emergenza a seguito di un deflusso crescente di depositi”, stimato in oltre 3 miliardi di euro. Le banche rischierebbero seriamente di fallire, mentre le aziende che hanno contratti internazionali in euro si troverebbero con debiti insostenibili. Senza considerare il costo per i maggiori finanziatori del debito sovrano ellenico, ovvero il Fondo europeo di stabilità e la Bce.

La seconda ragione è che a febbraio è previsto un importante appuntamento con la Troika per il rinnovo degli aiuti concessi al Paese: saltare questo appuntamento sarebbe un non senso e un probabile suicidio. Perché è vero che il rapporto debito/Pil rimane saldamente intorno al 170%, ben oltre i parametri, ma è altrettanto vero che il debito greco è più sostenibile perché a lunghissimo termine e a costi davvero infimi.

COSA PUO’ OTTENERE TSIPRAS

Tuttavia, l’ascesa al potere del giovane dissidente avrebbe in ogni caso importanti effetti. “Alcune delle richieste di Aléxis Tsipras potrebbero trovare una certa comprensione da parte della Troika – scrive Jean-Pierre Durante, economista di Pictet Wealth Management – Tra queste un alleggerimento del servizio del debito, anche se i margini di manovra sono limitati visto che le cedole sono già state diminuite considerevolmente e le scadenze allungate.

Sempre sul fronte del bilancio statale, la proposta di escludere gli investimenti pubblici dai calcoli per il rispetto dei criteri di Maastricht potrebbe essere accolta con favore. Un altro punto del programma di Syriza che potrebbe addirittura ricevere il sostegno della Troika è la volontà di infrangere i monopoli esistenti nell’economia greca. Al di fuori di questi tre argomenti, le richieste di Tsipras rischiano però di scontrarsi con un netto rifiuto da parte delle autorità europee”.

Molte delle altre proposte rappresentano “un incremento di spesa per lo Stato (elettricità gratis per talune famiglie) o una perdita di competitività per l’economia (aumento del salario minimo) e quindi costituirebbero un passo indietro nel momento in cui gli enormi sforzi consentiti dalla popolazione cominciano a dare i loro frutti”.

…E COSA LA PERIFERIA

E se uno choc come l’uscita dall’euro avrebbe impatti terrificanti anche sul resto della periferia con gli spread che probabilmente tornerebbero a volare sulla scia di Atene – mentre da un anno e mezzo si sono del tutto decorrelati – la vittoria di Syriza con una posizione più morbida sarebbe per i Paesi più un difficoltà una manna dal cielo. Perché a quel punto con il primo governo non collaborativo con la Troika si creerebbe un precedente e le posizioni dell’Europa in merito all’austerità dovrebbero per forza attenuarsi. “La reazione dei mercati – conclude Durante – dipenderà in larga misura dalla composizione del futuro governo. In caso di vittoria con maggioranza assoluta da parte di Syriza, la minoranza radicale di quel partito avrà molto più spazio e quindi le richieste della Grecia rischiano di essere più aggressive. Uno scenario di questo tipo creerebbe sicuramente volatilità sui mercati finanziari dopo le elezioni. Se Syriza non otterrà la maggioranza assoluta, dovrà formare una coalizione con un partito di centro sinistra, il Pasok o il nuovo partito Potami, più moderati. Questo scenario favorirebbe una soluzione negoziata in grado di rassicurare maggiormente i mercati”.

Ecco come Citigroup, Goldman & Co. hanno studiato le elezioni in Grecia

Citigroup, Goldman, il broker Icap (e chissà quanti altre banche d’affari) stanno studiano piani di azione in caso di Grexit. Lo afferma, citando “fonti vicine alla questione” il Wall Street Journal: “banche e altre istituzioni finanziarie stanno testando i loro sistemi interni e rispolverando piani vecchi di due anni per includere nelle possibilità l’uscita della Grecia dall’Eurozona dopo le elezioni…

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