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L’esortazione a non sentirsi “immortale” e “indispensabile”. Perché “una Curia che non fa autocritica, non si aggiorna e non cerca di migliorarsi è un corpo infermo”. La critica a un’“eccessiva pianificazione”, che porta a “voler rinchiudere e pilotare la libertà dello Spirito Santo”. La denuncia di chi ha “perso la memoria dell’incontro con il Signore”, “della rivalità e della vanagloria”, “dell’apparenza e onorificenza trasformata in obiettivo primario della vita”.

La contestazione della “schizofrenia esistenziale” delle persone che vivono “una doppia vita, frutto dell’ipocrisia e del progressivo vuoto spirituale”, e sono assetati di potere e profitti mondani. L’accusa nei confronti del “terrorismo delle chiacchiere”, della tendenza a “divinizzare i capi e corteggiare i superiori, ad accumulare beni e a privilegiare “l’appartenenza ai circoli chiusi”.

Le “malattie spirituali” che Papa Francesco ha richiamato di fronte alla Curia romana in occasione della tradizionale udienza per gli auguri di Natale rappresentano esclusivamente l’invito a un “esame di coscienza” collettivo o preannunciano un programma ben preciso di rinnovamento della Chiesa da mali storici tuttora aperti? Formiche.net lo ha chiesto a Giancarlo Galli, intellettuale cattolico, saggista economico e editorialista di Avvenire, nonché autore di libri e inchieste che hanno messo in luce trame e ambizioni dell’establishment.

Quale è il valore del messaggio rivolto dal Pontefice alla Curia?

Leggendo i “15 punti” sulle patologie della Chiesa cattolica, e vedendo i gesti di Papa Francesco a partire dalla scelta del nome e dell’appartamento nella residenza di Santa Marta fuori dei Sacri Palazzi, ritengo vi siano i segni di un’enorme coerenza. Ci troviamo di fronte a un Pontefice fantastico che viene dalla “fine del mondo”. A riprova che il cristianesimo è presente ed è vissuto con intensità molto lontano dall’Europa e dalla Curia romana.

Gli “elettori” di Jorge Mario Bergoglio avevano consapevolezza della portata della loro decisione?

Pochi avevano colto quanto il nuovo Papa potesse essere rivoluzionario sul piano dei costumi e dei comportamenti. Forse la sua ascesa al soglio di Pietro è stata veramente un segno della Provvidenza. Ma il pontificato di Bergoglio resta nell’alveo del suo operato di vescovo in Argentina. Un autentico “pastore di gregge” ben poco attento alle esigenze delle élite. Penso che in quelle terre il cattolicesimo abbia ritrovato il riconoscimento dei propri valori e la purezza originaria del messaggio evangelico. Mentre l’Europa, l’Italia e Roma costituiscono il terreno della nuova evangelizzazione.

Nelle parole del Pontefice vede un riferimento esplicito alle turbolenze che hanno coinvolto lo IOR?

Non lo so. Riscontro una grande coerenza tra il dire e il fare. Papa Francesco ha promosso e favorito un’azione molto precisa e diretta sul piano del rinnovamento e trasparenza della banca vaticana. E non si è lasciato coinvolgere né catturare dai poteri in campo.

Il ruolo della Curia romana resta influente nella Chiesa cattolica?

Le gerarchie ecclesiastiche più legate a una visione temporale e attente alle relazioni con il potere mondano sono molto presenti nei gangli gestionali e amministrativi. Molto più che nel piano della teologica e della fede. Per fortuna Papa Francesco sta procedendo a un complessivo ricambio dei vertici curiali.

L’iniziativa del Pontefice presenta tratti di affinità con l’opera di Carlo Maria Martini, storico arcivescovo della Sua Milano?

No. Rilevo più analogie con la figura di Francesco d’Assisi. Bergoglio rappresenta una novità anche nell’universo dei gesuiti. Martini era un aristocratico raffinato e uno studioso rigoroso. Il Pontefice è una persona popolare. È il parroco che abbraccia tutti a partire dai bambini. Non è un pozzo di scienza, ma “un pozzo di umanità”.

Teme che anche Papa Bergoglio possa compiere il gesto clamoroso delle dimissioni per accelerare il percorso di rinnovamento?

L’attuale Pontefice è posseduto da un’enorme carica di energia riformatrice. E così lanciato in tale opera che una sua rinuncia al magistero potrebbe provocare una battuta d’arresto nel cambiamento di un mondo cattolico percorso da slanci di utopia spesso poco comprensibili a noi laici.

Perché le ramanzine di Papa Francesco alla Curia sono salutari. Parla il saggista Galli

L’esortazione a non sentirsi “immortale” e “indispensabile”. Perché “una Curia che non fa autocritica, non si aggiorna e non cerca di migliorarsi è un corpo infermo”. La critica a un’“eccessiva pianificazione”, che porta a “voler rinchiudere e pilotare la libertà dello Spirito Santo”. La denuncia di chi ha “perso la memoria dell’incontro con il Signore”, “della rivalità e della vanagloria”,…

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