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Nel suo discorso di fine anno, Giorgio Napolitano ha confermato l’intenzione di dimettersi. Ha voluto precisare, a questo proposito, la natura giuridica dell’atto che intende compiere, precisando che esso riguarda soltanto la sua volontà e non richiede il concorso di nessun’altra autorità dello Stato. Si è trattato di un modo elegante e formalmente corretto per non comunicare la data delle dimissioni che pur restano ‘’imminenti’’. In tali occasioni la forma è anche sostanza.

A me rimane il dubbio che la ‘’flessibilità’’ del momento fatidico dipenda soltanto dal proposito di assecondare il ‘’cronoprogramma’’ di Matteo Renzi e, in particolare, l’obiettivo di ‘’intascare’’ una nuova legge elettorale prima dell’elezione del nuovo capo dello Stato. Qui sta – si parva licet – il mio dissenso con Giorgio Napolitano: non ha impedito a questa squadra di ragazzotti di fare scempio della Costituzione e di varare una legge elettorale molto discutibile con aspetti costruiti su misura dei calcoli di Renzi e di Berlusconi, al di fuori di ogni logica politica; ciò, perché, per esempio, non vi è una ragione oggettiva che porti ad eleggere direttamente i capilista e limitare le preferenze agli altri candidati (chi scrive considera comunque il sistema delle preferenze lo strumento più sicuro di cui dispone la classe politica per appoggiare spontaneamente il capo sotto la mannaia delle procure).

Quanto al modo con cui avverrà la fine al bicameralismo paritario (i recenti processi legislativi di ‘’aggiustamento’’ hanno messo in evidenza la sua utilità) è meglio tacere e sperare che non se ne faccia nulla.

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A Giorgio Napolitano, tuttavia, va riconosciuto il merito di aver salvato il Paese almeno due volte. La prima quando ha operato perché Silvio Berlusconi si facesse da parte (mai ‘’congiura internazionale’’ fu più benefica, amico Brunetta!) evitando, così, che il Paese andasse a gambe all’aria ed  affidando a Mario Monti la missione (compiuta) di salvarlo. L’altra, quando ebbe l’idea di istituire un gruppo di lavoro bipartisan, nel mezzo dei veleni odiosi scaturiti dalle ultime elezioni politiche, dimostrando che la ‘’vita delle istituzioni’’ poteva continuare sulla base di quel reciproco riconoscimento tra forze diverse che nella Seconda Repubblica è sempre mancato. Almeno prima del Patto del Nazareno.

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Il presidente Napolitano ha il merito di aver negato ogni concessione alla peste bubbonica dell’antipolitica, ma di averne denunciato la deriva eversiva. Indicando sia gli autori che i ‘’paludati’’ mandanti.

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O capitano, mio capitano! Alzati a sentire il suono delle campane.

Tutti i meriti di Giorgio Napolitano

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