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Questo articolo è stato pubblicato oggi Bresciaoggi e Giornale di Vicenza

Matteo Renzi ha tre vantaggi nella scelta per il Quirinale: è il leader del partito più forte in Parlamento. E’ il presidente del Consiglio più in sella a palazzo Chigi, quasi senza avversari esterni e interni che possano oscurarlo. Ed è un politico giovane che continua a godere della fiduciosa attesa da parte degli italiani. Eppure, tanta forza e tanto consenso potrebbero non bastare per vincere la partita più difficile da quando l’uomo ha lasciato l’amministrazione di Firenze per insediarsi alla guida del governo. Il voto per il Colle non perdona.

L’ultimo e ancora fresco precedente gioca contro di lui. Uno dopo l’altro, si ricorderà, i grandi elettori delle Camere in seduta congiunta impallinarono prima Franco Marini e poi Romano Prodi, candidati del Pd bocciati nel segreto dell’urna dall’ormai famosa “carica dei 101” del Pd. Anche la figura importante del presidente in uscita paradossalmente non aiuta il premier nella scelta: non è facile trovare un candidato capace di proseguire l’operazione di “pronto soccorso” alla Repubblica che l’anziano Giorgio Napolitano sta compiendo da più di otto anni e mezzo. Un capo dello Stato che è stato costretto ad “accompagnare” di continuo la claudicante politica, oltretutto in epoca di notevole crisi economica.

Come se non bastasse, col suo modo di governare deciso e verboso al tempo stesso Renzi s’è creato nemici dentro e fuori il partito. Per i quali l’appuntamento del Quirinale può essere la ghiotta e invisibile occasione della vita. E poi il tanto evocato “profilo”: nessuno come il giovane premier sa quanto gli italiani vogliano una persona che della politica dia quell’idea del cambiamento a cui lui per primo (“rottamatore”) ha legato la sua novità.

Dunque, i precedenti, il buon Napolitano, l’inconfessabile desiderio degli anti-renziani e la voglia di una scossa degli italiani impongono al presidente del Consiglio una strategia preventiva per non fare il bis del predecessore Pierluigi Bersani, bruciato dai 101. Ecco perché Renzi, per vincere la partita che è di tutta la politica, ma soprattutto di tutti gli italiani, deve convincere il suo Pd all’unità. Le dichiarazioni accomodanti di Silvio Berlusconi e dialoganti di Angelino Alfano confermano che non sarà il centro-destra a mettersi di traverso. Ma la Lega, Sel e Cinque Stelle vorranno far pesare la loro opposizione.

E allora, la politica non è mai pura aritmetica. Ma per il Quirinale i voti dei grandi elettori non si pesano: si contano.

f.guiglia@tiscali.it  

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