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Questo articolo è stato pubblicato su L’Arena di Verona, Il giornale di Vicenza e Bresciaoggi

Per il governo peggio dell’autunno caldo poteva esserci soltanto l’inverno gelido. E sta puntualmente arrivando. Non solo per un maltempo che flagella in particolare il Nord Italia, causando frane, inondazioni e un mare di polemiche per l’incuria che per troppi anni le varie amministrazioni hanno mostrato verso il territorio e l’ambiente.

Oggi i cittadini ne pagano le pesanti conseguenze, come le vittime, i feriti e i danni alle cose e alle case testimoniano. Alle istituzioni non resta altro che invitare le popolazioni a non lasciare le abitazioni. E’ il colmo dell’impotenza politica: correre tardivamente ai ripari, anziché aver dato retta agli allarmi di chi da sempre aveva sollecitato prevenzione. Ma oltre alle ferite procurate dal meteo che non perdona, il governo si trova anche alle prese con un malcontento diffuso e con un disagio che un cardinale come Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, esorta la politica ad ascoltare.

Si va dai cosiddetti scioperi sociali promossi in venticinque città agli scontri nella periferia di Roma, alle proteste per le occupazioni abusive di case a Milano, al corteo di automobili per rivendicare il lavoro che non c’è in Sardegna. La febbre degli italiani sembra salire ovunque e per i più disparati motivi, mentre l’economia di nuovo rallenta. L’annunciata riforma del lavoro, che pure è in corso, ancora non basta per la svolta necessaria. E allora l’aria di rivolta che pullula dappertutto non può lasciare impassibile il destinatario finale di ogni corteo, marcia e malumore, cioè il governo.

Come succede quando il termometro supera i 39, il medico chiamato a intervenire deve prima di tutto rassicurare il paziente-Italia. Deve saper dare e spiegare la ricetta giusta per affrontare l’emergenza, che ormai è a un tempo climatica, sociale ed economica. Un’emergenza che rischia di diventare esplosiva, perché mette insieme ogni genere di insofferenza, di ingiustizia, di indignazione. Chi rappresenta lo Stato a ogni livello deve saper rispondere in modo rapido e convincente a questo malcontento dilagante. Per esempio facendo rispettare il diritto della gente a non vivere nel degrado e, nello stesso tempo, garantendo il dovere dell’accoglienza per i deboli, i minori, i non protetti da nessuno.

Guai se la rabbia dei cittadini si trasforma in una guerra tra poveri, o nell’esasperazione permanente fra italiani e immigrati. Al ritorno dal G20 in Australia Matteo Renzi e i suoi ministri dovranno soprattutto rasserenare il Paese. Prima che sia troppo tardi.

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