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In piena bagarre fra sinistra archeologica radunata dalla Cgil a Roma e renzisti rottamatori che alla Leopolda di Firenze rinnovavano i loro riti sacrali della giovinezza che non può che avanzare; a fronte di un centro-destra in preda ad una crisi di identità e al complesso di Anchise di cui non ci si riesce a liberare, il Corriere della Sera se n’è uscito con un sondaggio, ben organizzato e meglio argomentato, dal quale si evince un dato sorprendente soltanto per i ceti politici che si cannibalizzano reciprocamente: se si andasse a votare oggi, in pieno caos politico-parlamentare, l’unica formula possibile, e capace di assicurare un minimo di stabilità istituzionale, è una grande coalizione fra il Pd di Renzi e FI di Berlusconi, vale a dire la linea del Nazareno.

I più considerano inimmaginabile un destino prossimo alquanto simile all’esperienza germanica degli ultimi anni e tuttora in auge nella repubblica bicefala che nessuna link può aspirare a travolgere. Quanti si sono assuefatti ad essere sempre ceto politico senza sforzo (cioè senza avere un’idea propria da suggerire all’interno o all’esterno di una delle liste sul mercato), si spaventano per la sola prospettiva di una via tedesca per un’Italia politicamente pigra ma supponente. Però non è detto che, nella metà degli italiani (quelli che non vanno più a votare e che sono anche parecchio disillusi dalla boiata pazzesca delle primarie d’imitazione e sconnesse da una storia bicentenaria abbondante, fondata su quattro libertà irrinunciabili), non si cominci a riflettere sull’opportunità di abbandonare l’astensionismo e tornare – come ai tempi iniziali della Repubblica – a votare in gran numero: dividendosi fra una pluralità di movimenti in segno di rispetto per una società multiorientata (non classista, né ideologizzata, né corporativizzata) e, come immaginava De Gasperi, ai fini di una realistica alternanza democratica espressiva di una società plurale.

Sì, lo so: i pigmei miopi che controllano la pur vasta varietà di partiti e movimenti nella fase che viviamo, non sono in grado di capire il valore del pluralismo democratico e non possono, innaturalmente, trasformarsi in giganti. Ma ai giovani – cioè ai protagonisti del futuro – bisogna pur dare una speranza, che non sia limitata al propagandismo acritico delle primarie; le quali non sono salvifiche se non discendono da rami antichi, solidi, caratteristici di mentalità e mondi nuovi. Non sforzarsi di soffermarsi sulle esperienze che condussero alla liquidazione degli assolutismi e dei bigottismi all’avvento dell’illuminismo, non può che favorire aspirazioni demenziali e controproducenti.

Purtroppo, si rischia anche di fare solo vento cinguettando su twitter; immaginando di potere in tal modo ottenere omologazioni semplici con tecniche nuove, ma non certo più avanzate del sapere antico. Perché, a dirla tutta, se ci fate caso, a sbraitare contro l’universo mondo e a sbertucciare la cultura politica, sono di solito persone – magari perbene ma egoiste – che si sentono nate sapute; cioè non bisognevoli di leggere, qualche volta, un buon libro di idee attraenti, e non scritto da comici od associati.

Cosa rivela il sondaggio del Corriere della Sera

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