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Il mercato unico rimane il Graal dell’Unione europea, ma va potenziato e protetto – con nuovi accordi di libero scambio, un’iniezione decisa di politica industriale, ma anche adeguate contromisure per chi non gioca secondo le regole – per assicurarsi di essere competitivi anche in futuro. Questo, in soldoni, è il messaggio con cui il commissario al mercato interno Thierry Breton ha presentato la nuova relazione annuale sul mercato unico e la competitività della Commissione europea, una fotografia che cattura le condizioni attuali in attesa dei due rapporti di Enrico Letta e Mario Draghi su come indirizzare l’azione nel futuro.

Il quadro complessivo è positivo: 9 dei 19 indicatori che descrivono la salute del mercato Ue sono positivi, 3 sono stabili e 5 negativi (per gli ultimi due non ci sono ancora i dati). Però servono “maggiori sforzi per affrontare i costi dell’energia” e soprattutto “evitare di sostituire vecchie dipendenze nei combustibili fossili per nuove dipendenze” nel campo delle rinnovabili. Ma anche garantire un miglior coordinamento degli investimenti comunitari e nazionali nelle tecnologie del futuro onde “creare posti di lavoro di qualità nell’Ue”.

Così Breton in un comunicato ufficiale, con lo sguardo nemmeno troppo velatamente rivolto alla Cina. Nel documento c’è un richiamo fin troppo esplicito all’indagine sulle auto elettriche cinesi, avviata dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen a settembre 2023 e destinata a produrre risultati – possibilmente dazi per correggere le distorsioni di mercato – nel giro di 13 mesi.

Nel merito della questione auto elettrica, l’indicazione (fin troppo chiara) della Commissione al Parlamento e al Consiglio europei è di “migliorare l’arsenale di strumenti di protezione commerciale per aumentare la sicurezza e la resilienza economica del blocco”. Occhi aperti anche dalle parti dell’industria del solare, già decimata dalla concorrenza sottocosto cinese, a sua volta ispirazione per le parole del commissario francese sulle nuove dipendenze.

Da un lato è importante potenziare il mercato unico costruendo “una rete più moderna di accordi commerciali, partenariati e alleanze, continuando a lavorare per rafforzare la cooperazione multilaterale e il commercio aperto”, rileva il documento. Impossibile non pensare all’accordo Ue-Mercosur, su cui si contratta da anni e la cui chiusura sembra difficile prima delle elezioni europee di giugno, anche per via delle proteste degli agricoltori europei. Il Vecchio continente trae forza da accordi del genere, sottolinea Breton, in qualità di “maggior esportatore al mondo” con il 16% delle quote globali e un presidio deciso della filiera agricola, “non ultimo il ‘Made in Italy’” – un richiamo esplicito in sede europea all’importanza del settore.

Dall’altro lato, Bruxelles “dovrebbe impiegare la difesa commerciale per proteggere il mercato unico quando necessario e lavorare costantemente per valutare e affrontare i rischi per la sicurezza economica in un ambiente complesso”. La risposta europea alle sfide esogene passa dal “monitorare attivamente la resilienza delle supply chain strategiche” e dall’allineare le strategie dei Ventisette anche per potenziare la capacità industriale in settori di importanza strategica, in particolare nei settori dei semiconduttori, delle materie prime critiche e della decarbonizzazione industriale.

Infine, gli alleati: nelle parole di Breton serve “promuovere la diversificazione attraverso la cooperazione tra gli operatori industriali europei e dei Paesi partner in progetti legati alle materie prime e ai partenariati digitali”. Una spinta già avviata in diverse sedi e con Washington in qualità di convitato di pietra in più settori, che però procede generalmente a rilento e potrebbe trovare un ostacolo in una presidenza Trump 2.0.

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