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Il 12 ottobre 2014 oltre sei milioni di boliviani sono stati chiamati alle urne per eleggere il Presidente e rinnovare il Parlamento.

Tra i candidati, oltre al Presidente uscente Evo Morales, c’erano Samuel Doria Medina, presidente del partito conservatore Frente de Unidad nacional, ministro negli anni ’90 e imprenditore di successo, Jorge Tuto Quiroga, già Presidente della Bolivia dal 2001 al 2002, Juan del Granado, ex sindaco di La Paz ed ex alleato di Morales ed infine il leader indigeno Fernando Vargas.

Il popolo boliviano ha deciso di conferire il terzo mandato al leader del MAS (Movimento per il Socialismo), Evo Morales.

Politica interna

La vittoria, già preannunciata, è stata schiacciante. Morales ha ottenuto oltre il 60% dei consensi. Ad aver favorito la sua affermazione sono stati i segnali importanti che la Bolivia ha dato sotto la sua presidenza dal 2006 (anno in cui è salito al potere) ad oggi: il pil boliviano è triplicato; i cittadini sotto la soglia della povertà sono calati del 25%; la maggioranza indigena ha potuto finalmente far sentire la propria voce su questione politiche rilevanti; la nazionalizzazione di tutte le riserve del gas del paese e anche di altri settori ha fatto fiorire gli introiti delle entrate statali, favorendo gli investimenti nelle politiche sociali.

Nei prossimi 4 anni, però, le sfide che si presentano per la Bolivia non sono di poco conto.

Morales dovrà risolvere o quanto meno contenere i problemi relativi al lavoro minorile (il cosiddetto fenomeno delle maquilladoras), la violenza contro le donne, l’inefficienza del sistema giudiziario e la piccola criminalità organizzata.

Politica estera

Morales, subito dopo i ringraziamenti di rito, ha dedicato il suo trionfo a Hugo Chavez e Fidel Castro, definendolo la vittoria dell’antimperialismo e dell’anticolonialismo.

Nel nord del continente di certo gli yankee non si sono compiaciuti nel vedere ancora una volta El Indio (soprannome dato a Morales per le sue origini indigene) ricoprire la carica di Presidente. Questi è, infatti, considerato uno dei leader mondiali più ostili al neo-liberismo e al capitalismo ( marchi di fabbrica made in USA), considerati il male da estirpare.

Inoltre, è anche il leader del movimento sindacale dei cocalero boliviani, una federazione di colonizzatori campesinos quechua e aymara, che coltiva coca.

I cocalero da anni conducono una lotta contro le politiche di Washington che vogliono sradicare le coltivazioni di coca nella provincia di Chapare, nella Bolivia centro-orientale.

Morales, in definitiva, rappresenta l’altra faccia dell’America. Leader come lui, Chavez e oggi Maduro in Venezuela, Correa in Ecuador rappresentano la corrente del cosiddetto ” socialismo del XXI secolo”.

La sua ideologia, di chiara ispirazione marxista anche se revisionista, si rifà a personaggi quali Che Guevara, Allende, Castro, ma anche a movimenti quali lo zapatismo messicano e il sandinismo nicaraguense.

Il socialismo del XXI secolo, inoltre, porta avanti temi quali l’indigenismo, l’antiglobalizzazione, l’ecosocialismo.

Morales è da anni che rilancia sull’integrazione dei popoli latino-americani; così come ha fatto Chavez, anche egli è un forte sostenitore del bolivarismo, ideologia che punta alla creazione di un’unione politica tra i paesi e le società sudamericane.

La strada da seguire per arrivare ad un’ unica entità politica nel Sudamerica, alternativa ai cugini del Nord, è da anni perseguita sotto diversi aspetti. Il Mercosur (Mercato Comune del Sud America), il Can (Comunità Andina), l’Unasud(Unione delle Nazioni Sudamericane) e, infine, l’ALBA (Alternativa Bolivariana per l’America) sono organizzazioni che si sono prefissate, in modi diversi, l’obbiettivo di favorire l’integrazione commerciale, doganale, politica, culturale e sociale.

La Bolivia sotto la guida di Morales, negli ultimi anni, è stata in grado di erigersi al ruolo di protagonista nel continente e, soprattutto, a baluardo contro l’imperialismo, affermando un sistema politico, economico e sociale in netta contrapposizione al neo-liberismo occidentale.

Nei prossimi 4 anni vedremo se la storia darà torto o ragione ad uno dei leader più carismatici e popolari dell’America Latina.

Chissà che non sia proprio lui l’alternativa bolivariana per l’America?

 

 

L'altra faccia dell'America

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