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Il Parlamento europeo ha votato sì, pur con molti astenuti e contrari, alla missione straordinaria che il presidente della Commissione, il lussemburghese Juncker, si è posto per il futuro dell’Unione. Le occasioni per mettere alla prova gli equilibri sempre precari della grande coalizione popolare-socialista non mancheranno. Sono molte le sfide che si troverà ad affrontare lungo il cammino delle riforme necessarie al superamento dello stallo economico e del perfezionamento del mercato del lavoro.

Paradossalmente, le tematiche economiche e quelle del lavoro rappresentano le sfide minori che gli Stati membri andranno a perseguire insieme ai leader dell’Unione. In un quadro comune, sia le proposte della BCE sia quelle della Commissione vertono verso una omogeneità delle normative economiche e fiscali attraverso strumenti di cessione concordata di sovranità nazionale mediante l’uso di finanza strutturata e riequilibri di shock sistemici, cui una minore integrazione politica ha portato.

Parimenti, il mercato comune del lavoro è stato bloccato da quei Paesi che della crescita sistemica e del rigore dei conti hanno fatto le basi per una armonizzazione dell’Unione.

L’apertura del mercato unico del lavoro in Europa non è andato oltre il sito Eurojobs.eu.

Tutto il programma di integrazione delle politiche del lavoro, delle pensioni e delle contribuzioni con un fondo perequativo di sussidiarietà non è stato nemmeno preso in considerazione, ma fa bella mostra di sé all’interno del Trattato costitutivo di Lisbona.

Juncker, che giocoliere non è, ha parlato immediatamente del piano di investimenti da 300 miliardi che sarà attivato entro fine anno all’interno dell’Unione e verso quei Paesi che sono sulla via dell’integrazione e del partenariato. Non che questi fondi siano stati stanziati a parte, ma provengono da quelli del programma di buon vicinato che ha prodotto poco in termini economici e sociali, ma molto in termini di stabilità e coesione.

Chi gestirà questi progetti sotto la guida della Commissione saranno le BEI e il FSE. I progetti di investimento dovranno essere attivati di concerto con le priorità che gli Stati indicheranno nei loro programmi economici. Le priorità degli investimenti però, avranno una condizione a cui soggiacere, ossia quella del completamento di progetti comunitari indicati dai programmi Ue Horizon 2020.

L’Italia in questo è stato uno dei Paesi fondatori che meno ha attratto project financing all’interno dei propri confini. Il richiamo alle riforme, fondamentale per molti Paesi, significherà mettere alla prova, per l’ultima volta, la volontà di poter individuare interventi infrastrutturali e sociali che portino posti di lavoro e benessere collettivo agli Stati.

Saranno i parlamenti nazionali e i governi gli unici responsabili delle mancate occasioni con la Storia. La responsabilizzazione delle nazioni ha mostrato quel che l’Europa cerca dai propri membri, una visione identitaria non mediata dalle incapacità amministrative e strutturali degli Stati membri.

Se questa è la logica che ha spinto anche Renzi a mettere le mani sul vulnus ipernormativo nazionale, nel proporre il DPEF con un taglio netto ai bilanci regionali e ministeriali, in buona parte incapaci anche di amministrare le opportunità che l’UE offre ai propri membri con i suoi programmi, significa che Palazzo Chigi è in sintonia con Bruxelles.

Chi tra i governatori regionali e i direttori generali ministeriali non si impegna a trovare soluzioni tecniche e normative atte a ridurre gli sprechi enormi del clientelismo politico, il gap tra economia sociale e mondo produttivo che tutela e produce il lavoro collettivo secondo il programma governativo, è meglio che rinunci al proprio impegno rassegnando le dimissioni. Le sfide a cui l’Italia è chiamata coincidono con le minacce comuni all’identità europea che si fondano sulle libertà condivise tra gli spazi comuni delle genti.

Perciò le incognite nel programma di Juncker saranno tutte concentrate sulla situazione geopolitica globale, dal terrorismo ai programmi di partenariato strategico, dalle guerre finanziarie alle minacce asimmetriche dell’immigrazione e delle pandemie.

L’inizio dei lavori sarà a partire dal primo di novembre, sotto gli auspici di Ognissanti, cosicché Junker potrebbe trasformare l’Europa laica in un giorno sacro all’Unione di tutti.

Perché Juncker può cambiare davvero l'Europa

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