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L’avventura intrapresa in Ucraina si è rivelata essere un’impresa ad alto costo per Mosca. Non solo da un punto di vista economico, a causa delle sanzioni imposte dall’Occidente nei confronti della Russia, ma anche dal punto di vista politico-militare: mentre al fronte le capacità russe vengono erose nel conflitto d’attrito con le forze di Kyiv, l’influenza di Mosca sta declinando in varie regioni dove la Russia è stata storicamente presente, dall’Asia Centrale al Caucaso. Ma la Federazione Russa si è dimostrata capace di reagire a quest’evolversi della situazione, ad esempio trovando escamotage atti ad aggirare le sanzioni occidentali o individuando nuovi canali di vendita delle proprie risorse naturali. Anche se indebolita, essa rimane comunque un attore capace di sfidare la posizione e gli interessi degli Stati Uniti e dei suoi alleati.

Come dunque la sfida rappresentata da Mosca? A questa domanda prova a rispondere l’ultimo report del Center for a New American Security, intitolato in modo molto simbolico “Identifying Russian Vulnerabilities and How to Leverage Them”. Nel documento viene delineato come sia necessario sviluppare una strategia di lungo periodo, ispirata a quella che nella seconda metà degli anni ’40 è diventata nota come containment. Ed esattamente come nel caso dell’approccio promosso da George. F. Kennan nei confronti dell’allora Unione Sovietica, la nuova strategia di Washington (ma non solo) deve incentrarsi oggi sulle debolezze e sulle contraddizioni interne della Russia di Vladimir Putin.

Gli analisti del Cnas identificano 10 dimensioni cruciali su cui una simile strategia deve fondarsi. A partire dall’ambito della Difesa, dove la Federazione Russa non soffre soltanto l’accesso alle componenti tecnologiche di alto livello (tipicamente di manifattura occidentale), ma anche l’erodersi delle proprie capacità di azione nello spazio cibernetico, che fino a poco tempo fa rappresentavano un’eccellenza della struttura militare di Mosca. Inoltre, la diminuita capacità produttiva dell’apparato militare-industriale russo impatta, oltre che sullo svolgimento delle operazioni al fronte, anche sull’esportazione di materiale militare, una delle punte di lancia dell’azione diplomatica del Cremlino all’estero, oltre che fonte di importanti profitti.

Nella fondamentale dimensione economica, i principali vulni individuati dagli autori del report sono la limitata capacità di azione della politica fiscale e di quella monetaria, per via del peso delle sanzioni comminate dall’Occidente, assieme ovviamente alla forte dipendenza dall’esportazione di idrocarburi, che lascia la Russia suscettibile ad eventuali variazioni nei prezzi delle risorse energetiche, ma anche ad eventuali azioni disruptive nel sistema di produzione ed esportazione.

Sul piano politico-diplomatico viene evidenziato come dall’inizio del conflitto la Russia abbia perso il suo leverage con diversi Paesi del Near Abroad, come l’Armenia o il Kazakistan, a causa dell’incapacità di mantenere i suoi impegni locali per la necessità di impegnare le proprie risorse nel conflitto ucraino. Conflitto che si protrae da 18 mesi, e che con il passare del tempo rende sempre più alti i costi imposti da Kyiv all’aggressore. E che ha permesso l’emergere di sfide interne al regime putiniano come mai prima d’ora, di cui il “colpo di Stato” di Yevgeny Prigozhin è stato soltanto il culmine: dal calo del supporto popolare alla nascita di centri di potere alternativi, la presa di Vladimir Putin sulla Federazione Russa è certamente meno salda rispetto a 18 mesi fa. Vi è inoltre un altro fattore, ovvero quello del massiccio esodo di civili, oppositori politici e non, in seguito allo scoppio del conflitto. Questi emigrati rappresentano per l’Occidente allo stesso t tempo un canale di comunicazione con la società civile russa, bacino di talenti e un’opportunità di investire in un rapporto migliore con la Russia del futuro.

Queste sono le “falle” che Stati Uniti, Europa, ed i loro partner dovrebbero sfruttare per indebolire la Russia. Senza dover essere finalizzati direttamente al raggiungimento di un regime change, ma lasciando ai russi la libertà di agire come vogliono. Come riportato nella presentazione dello stesso documento, “gli Stati Uniti e i loro alleati dovrebbero sfruttare al meglio i difetti della Russia per contribuire a creare condizioni più favorevoli ai riformisti all’interno della Russia che lavorano per una nazione più liberale e meno ostile. Gli Stati Uniti e i loro alleati non dovrebbero rifuggire da azioni che facilitino questo cambiamento politico per paura di ciò che accadrà dopo Putin. Il cambiamento politico in Russia comporta rischi di violenza, caos e conflitto interno, ma apre anche la possibilità di un futuro più speranzoso per la Russia e per le sue relazioni con i vicini e l’Occidente”.

Un nuovo containment per Mosca. La ricetta secondo il Cnas

Il nuovo report pubblicato dal Center for a New American Security si concentra sulle vulnerabilità che l’Occidente dovrebbe sfruttare per rispondere alla sfida posta dalla Russia di Vladimir Putin, in un’ottica di lungo periodo

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