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Sei anni di lavoro d’indagine basata su oltre sei milioni di pagine di documenti dell’intelligence e del Pentagono. Sono questi alcuni dei numeri del rapporto della Commissione intelligence del Senato degli Stati Uniti sulle tecniche d’interrogatorio praticate da agenti della Cia dopo l’11 settembre 2001.

Un documento (qui una versione integrale) che divide l’opinione pubblica e la classe politica americana, che si chiedono: la necessità di garantire la sicurezza dei cittadini può mettere a rischio il godimento dei diritti fondamentali e le garanzie di libertà?

COSA DICE IL RAPPORTO

Una domanda naturale, viste le numerose informazioni emerse sulle modalità utilizzate dall’agenzia in alcune carceri segrete in Europa e Asia. Tra queste il waterboarding, l’annegamento simulato, ma anche la privazione del sonno e altri dettagli, come il fatto che la Cia si andata ben oltre i limiti stabiliti e abbia mentito alla Casa Bianca sull’utilità di questi interrogatori e sulle informazioni da essi ottenute.

LA RAGION DI STATO

Dal canto suo, Formiche.net ha coinvolto nel dibattito i filosofi Dario Antiseri e Corrado Ocone, intenti a definire il rapporto tra libertà e sicurezza. Mentre negli Usa la notizia è intervenuta a gamba tesa nel dibattito politico. Il rapporto racconta molti aspetti, finora non pubblici, del programma della Cia denominato “Rendition, Detention and Interrogation”, che George W. Bush autorizzò dopo l’attentato alle Twin towers. A difendere l’operato dell’agenzia – come spiega l’edizione americana dell’Huffington Post – ci sono un po’ tutte le figure chiave di quell’amministrazione repubblicana. In primis l’ex vice presidente degli Stati Uniti, Dick Cheney, che ai microfoni di Fox News ha definito il rapporto “pieno di sciocchezze“.”Credo che sia deplorevole. E mi pare molto carente“. Aggiungendo: “Abbiamo fatto esattamente quel che bisognava fare per mettere le mani su chi aveva preparato gli attentati dell’11 settembre e per evitare altri attacchi: abbiamo rispettato questi due obiettivi. Cosa avremmo dovuto fare?“.

E c’è anche chi, come l’editorialista del Washington Post, David Ignatius, considera tardivo e ipocrita il risveglio del Congresso, che – espletando i propri doveri – avrebbe dovuto chiedere prima maggiori ragguagli sulle attività della Cia e sugli interrogatori, dei quali era al corrente.

INUTILE TORTURA?

A guidare il fronte degli scontenti, invece, c’è proprio il presidente in carica, Barack Obama, che in linea con la commissione senatoriale presieduta da Dianne Feinstein, ha definito i metodi utilizzati dalla Cia come “incompatibili con i valori americani“. Tra le accuse più gravi citate nel rapporto, in aperto contrasto con la versione repubblicana, spiega il New York Times, c’è che la Cia fornì informazioni inaccurate“, che tra l’altro “non sono state efficaci, non avendo portato a risultati di rilievo ai fini investigativi”. Gli esponenti del Gop, Cheney in testa, assicurano che il programma era autorizzato, perché la Cia non voleva procedere senza autorizzazione, e che fu supervisionato dal Dipartimento di giustizia. E hanno provato in ogni modo ad ostacolare la pubblicazione del report, che potrebbe avere come conseguenza quella di mettere in pericolo i militari e i cittadini americani che si trovano in Paesi non considerati sicuri. Già nel suo primo anno di mandato, Obama pose fine alle cosiddette tecniche di interrogatorio “incrementate”, che prevedevano un approccio più duro, in aggiunta alle prassi tradizionali per estorcere informazioni a detenuti e in particolare ai terroristi. Una linea che ha tenuto sino ad ora, non opponendosi al lavoro della Commissione.

Chi critica e chi difende l'operato della Cia

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