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Twitter e la politica: un binomio ormai inscindibile. È stato questo il leit motiv della tavola rotonda tenutasi stamani presso la sala Capranichetta di Piazza Montecitorio e durante la quale è stato presentato “TweetPolitics”, il rapporto che mostra una fotografia della conversazione politica e istituzionale su Twitter realizzato da Comin&Partners e Eikon Strategic Consulting.

LE PAROLE DI COMIN

Ed è stato proprio Gianluca Comin, fondatore dell’agenzia Comin&Partners, ad introdurre il dossier: “Con Twitter è cambiato il modo di fare politica e di comunicare. Twitter è un acceleratore che crea consenso e rappresenta uno strumento di analisi straordinario per il monitoraggio di tematiche e influencer tra i parlamentari”.

I NUMERI DEL RAPPORTO

Ecco alcuni dati emersi dalla ricerca, che ha monitorato 150 mila tweet di quasi 700 account di parlamentari, politici e partiti italiani nel bimestre 1 ottobre-30 novembre. Beppe Grillo, seguito da Matteo Renzi, risulta avere il maggior numero di follower. Fra gli account che aumentano di più il loro seguito i “soliti noti” Grillo e Renzi, ma anche alcuni nomi da tenere d’occhio come il Presidente del Senato Pietro Grasso, il segretario della Lega Matteo Salvini. Il più attivo, con quasi 134 tweet al giorno, è Maurizio Gasparri, seguono Giovanni Biliardi (Ncd), un altro protagonista indiscusso del tweet e del retweet, e gli account di Lega e Forza Italia. Fra le istituzioni, l’account di Palazzo Chigi è il più seguito, con 250mila follower. Fra i ministri Angelino Alfano vanta il primato dell’attivismo. I parlamentari che hanno un profilo attivo su Twitter sono 620 (il 65% del totale). Il partito con il maggior numero di follower è il Movimento 5 Stelle (quasi 320mila), seguono PD e Sinistra e Libertà. Gli hashtag più ricorrenti #M5S, #salvini e #renzi.

CHE COSA DICONO POLITICI ED ESPERTI

Tra infografiche, filmati e hashtag, ad animare il dibattito sono stati molti nomi della politica, della comunicazione e del giornalismo. Da Enrico Pozzi, docente di psicologia sociale presso l’università la Sapienza di Roma, che ha definito Twitter «l’endecasillabo moderno, espressione di una disintermediazione politica e del bisogno, quindi, di ridurre la complessità del linguaggio e accorciare i tempi della politica». Al presidente dei deputati di Forza Italia, Renato Brunetta, che ha spiegato il segreto del successo – «la capacità di compressione semantica» – de “Il Mattinale”, che per il rapporto “TweetPolitics” è la fonte media più ritwittata dai parlamentari. Passando per Antonio Palmieri, deputato di Forza Italia e responsabile del settore internet del partito, per cui il social dei cinguettii è «utilissimo per lanciare e approfondire tematiche della politica, creare connessioni e dialogare con gli utenti». E per Francesco Nicodemo, responsabile comunicazione del Pd, secondo cui «Twitter non è una semplice agenzia di stampa ma un utilissimo strumento per fare engagement e costruire consenso».

ISTRUZIONI PER L’USO

Per Paolo Messa, fondatore della rivista Formiche, chi si occupa di comunicazione politica e lo fa utilizzando un new media come Twitter deve necessariamente conoscere bene il proprio «pubblico di riferimento e deve essere in grado di monitorare gli elettori potenziali», in altre parole saper analizzare i “big data”: «È vero che i social media permettono di migliorare il sistema di rappresentanza politico-parlamentare – ha detto – ma è necessario saperli usare adeguatamente».

COME CINGUETTARE

Mario Sechi, collaboratore del Foglio e di Radio 24, e Andrea Romano, deputato del Pd, hanno sottolineato come Twitter possa nascondere delle insidie. Per il primo, il problema sta nel linguaggio: «Oggi paga più un tweet che picchia duro», ha detto l’ex direttore del Tempo. E ha lanciato un monito: «Quali saranno le conseguenze di questa tendenza?». Mentre il deputato del Partito Democratico ritiene che il social dei 140 caratteri «sia a rischio tribalismo», che faccia cioè da aggregatore tra simili e che quindi «non si sia saputo adeguare alla mobilità che caratterizza sempre più l’elettorato italiano».

DIETRO IL TWEET, NULLA?

L’intervento più scettico (e come al solito un po’ sopra le righe) sull’uso di Twitter in politica è stato senz’altro quello di Roberto D’Agostino che dice non credere nella politica del tweet, «perché è solo una forma di esibizionismo, una masturbazione contemporanea». Per il direttore di Dagospia, infatti, la politica si fa con azioni concrete non con «i messaggini». Pur riconoscendo la rivoluzione epocale apportata dal web, D’Agostino ritiene che non siamo stati in grado di assorbirne gli effetti. In una parola – secondo il fondatore di Dagospia – viviamo in una società anacronistica.

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