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No a manager pubblici reclutati grazie a legami con il politico di turno e a logiche di appartenenza partitica. Sì alla valorizzazione di meritocrazia, conoscenze e capacità professionali, risultati raggiunti sul campo. Perché l’azione della Pa deve essere guidata da principi di correttezza, neutralità, a-politicità. A garanzia di tutti i cittadini.

È il messaggio condensato nella lettera aperta scritta dal segretario generale del sindacato dirigenti dello Stato UNADIS Barbara Casagrande e trasmessa a tutti i responsabili dei ministeri più importanti.

Una stagione di nomine fondamentali

L’organizzazione che comprende e rappresenta i vertici amministrativi delle pubbliche amministrazioni nazionali – e a inizio giugno avevano presentato un progetto di riforma della burocrazia alternativo rispetto a quello del governo – ha scelto di promuovere l’appello ai ministri alla vigilia di una fase cruciale e delicata per la vita degli apparati statali.

A settembre infatti l’esecutivo procederà al rinnovo delle nomine e all’attribuzione delle mansioni dei manager di numerose strutture amministrative, ministeriali, finanziarie. La riorganizzazione degli uffici, spiega Casagrande, si preannuncia complessa anche alla luce dei considerevoli tagli di spesa e risparmi imposti dal programma di riforma della Pa messo in cantiere da Matteo Renzi e Marianna Madia.

Una burocrazia decentrata e neutrale

Ai responsabili politici dei dicasteri UNADIS ha richiesto innanzitutto un’adeguata valorizzazione degli uffici periferici e decentrati nell’opera di accorpamento preannunciata dal governo. “Ma la logica centralista prevale troppo spesso sulla strategia di maggiore vicinanza alle esigenze dei cittadini”.

La paura dei dirigenti statali è l’affermarsi di scelte che vanno al di là delle norme di legge e dei contratti collettivi. Anziché prestare attenzione prioritaria ai curriculum, ai risultati, alla storia professionale – rileva Casagrande – aumentano le voci relative all’arrivo di responsabili esterni alla Pa, non vincitori di concorso, legati politicamente al ministro. L’opposto dei percorsi istituzionali di selezione e reclutamento, fondati sulle valutazioni rigorose delle competenze del personale interno.

Un ceto dirigente rinnovato

La rappresentante sindacale dei manager pubblici non esita a parlare di “politicizzazione degli statali tramite immissione di sodali degli esponenti partitici”. E rifiuta la versione corrente di un ceto amministrativo formato da vecchi burocrati gelosi dei propri privilegi e restio ad aprirsi alla modernità: “La gran parte dei responsabili è composta di giovani preparati e formati all’innovazione”.

Rispetto delle regole vigenti e dei principi di trasparenza e merito nel conferimento dei ruoli dirigenziali, continuità dell’incarico in mancanza di valutazioni negative, priorità ai risultati conseguiti. È questa la stella polare che orienta l’iniziativa di UNADIS. A partire dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, “in cui i 38 posti disponibili a livello nazionale non sono stati messi a bando”.

No a manager politici

La riforma della Pa promossa da Palazzo Chigi, rimarca Casagrande, non garantisce tali principi: “Anziché valorizzare le professionalità interne, il disegno di legge governativo compie un’equiparazione tra i responsabili che hanno intrapreso tutte le tappe di una faticosa selezione e formazione e il personale esterno designato dalla classe politica. Oltre a rimuovere il possesso della laurea tra i criteri per divenire dirigente”.

Critiche puntuali che non equivalgono a un rifiuto del confronto sul metodo di reclutamento dei manager: “Restiamo aperti a ogni ragionamento su una valutazione meritocratica, stringente, non omologante. E siamo pronti a riesaminare il ruolo della stessa Scuola superiore della Pubblica amministrazione. Tuttavia cambiare non vuol dire distruggere o eliminare l’esistente soltanto perché proveniente dal passato”.

Rimodulare lo spoil system

Esempio emblematico di tale mentalità – evidenzia l’esponente di UNIDAS – è l’applicazione della logica dello spoil system: “Metodo che va bene per gli uffici di diretta collaborazione del responsabile politico. Ma che non può venire esteso in maniera generalizzata. La Pa deve mettere in campo le competenze amministrative con la loro necessaria continuità. È in gioco l’azione dello Stato, non della politica”.

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