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Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Caro Direttore, nel dibattito che Formiche.net anima in merito alla Costituente popolare – dibattito che seguo con attenzione – non mi è sfuggita la riflessione che Daniele Marchetti ha dedicato al Nuovo Centrodestra. Riflessione severa, a tratti anche ingenerosa, ma appassionata e dunque meritevole di una risposta. Anche perché, alla vigilia del nostro primo anniversario e dell’intrapresa di una nuova avventura, offre l’occasione per mettere qualche punto fermo.

Ncd è nato con una ragione sociale ben precisa: salvare l’Italia da un salto nel buio dagli esiti imprevedibili (l’abbiamo fatto); contribuire con le nostre idee a cambiarne il volto sotto il profilo economico, strutturale e istituzionale (lo stiamo facendo); porre le premesse per una dinamica politica di stampo europeo, che veda popolari e socialdemocratici contendersi da avversari e non da nemici la guida del governo in un quadro istituzionale chiaro ed efficiente (lavoriamo per questo).

Ci siamo sbagliati? I fatti dicono di no. Ci dicono che abbiamo preso la strada giusta. Ce lo dice il lento ma inesorabile assestamento del quadro politico verso una logica quadripolare, con un centrosinistra e un centrodestra avversari disposti a collaborare nell’emergenza e pronti a contendersi nel tempo ordinario quell’elettorato moderato che nelle urne fa la differenza, con due ali più estreme a destra e a sinistra, e con la progressiva marginalizzazione dei populismi alla Grillo. Ce lo dicono gli obiettivi centrati al governo: probabilmente dobbiamo escogitare una comunicazione più incisiva, ma è un fatto che se si parla di articolo 18 e di costi standard nella sanità e negli enti locali, di diritto di proprietà e di sburocratizzazione, di intercettazioni e responsabilità civile dei magistrati, di specificità delle forze dell’ordine, è perché al governo c’è una forza popolare che si chiama Nuovo Centrodestra.

Che siamo nel giusto ce lo dice, soprattutto, l’atteggiamento di Silvio Berlusconi che dopo aver sbagliato tutto un anno fa, ora fa di tutto per occupare il nostro spazio politico e vorrebbe essere il presidente di Ncd!
Basta tutto questo? Non più. E’ sufficiente la spinta propulsiva di un atto di coraggio ad affrontare le sfide del futuro? Certamente no. Se è ingeneroso non riconoscere a Ncd ciò che fin qui ha costruito (chi ha vissuto giorno per giorno quest’avventura sa che è una specie di miracolo!), è altrettanto evidente che una fase si è esaurita e che un’altra deve prendere rapidamente avvio.

Con un nuovo nome: non perché sia in dubbio la nostra alterità rispetto alla sinistra, ma per render chiara l’idea di un orizzonte che si allarga. Con un nuovo entusiasmo: non perché in casa nostra ne manchi (altrimenti non saremmo riusciti a mettere in piedi un partito senza un euro di finanziamento pubblico) ma perché dal giorno della nostra nascita il quadro politico è radicalmente cambiato e un nuovo orizzonte necessita di un secondo sprint. Insomma, con un nuovo soggetto politico che come un fiume si arricchisca di affluenti e trascini con sé nuove energie.

E’ possibile fare tutto questo volgendo lo sguardo all’indietro, riattaccando cocci, illudendosi di risuscitare un passato che ci siamo lasciati alle spalle? Sarebbe un tragico errore. Da stagioni ancora meno prossime della storia d’Italia credo che bisognerebbe invece mutuare la serietà dell’appartenenza, la dimensione della comunità, perché se è vero che i vecchi partiti del secolo scorso non esistono più è altrettanto vero che delle comunità politiche, ancorché rinnovate, non si può fare a meno e le cronache di questi mesi ce lo dimostrano.

Ripartiamo dunque da qui, cogliendo fino in fondo il potenziale di cambiamento della stagione che ci è dato di vivere da protagonisti ma con la capacità di guardare oltre. A quando chiusa questa parentesi eccezionale, costruito con le riforme il pavimento del terzo tempo della Repubblica, dovremo presentarci al Paese come alternativa in grado di incarnare le idee e i principi che dalla sinistra ci dividono oggi e continueranno a dividerci domani.
Questa è la riflessione sulla quale dobbiamo concentrarci: come cambia la linea di faglia (chi parla bene direbbe il “cleavage”) di fronte a una sinistra che sta vivendo la sua Bad Godesberg (anche se 2.0)? Cosa nel caotico confronto politico di questi mesi, fra quel che ci divide, deriva da irrinunciabili principi di fondo e cosa è figlio della contingenza di un momento? E’ dalla risposta a questi interrogativi che possiamo ricavare la nostra rotta futura, è su questo che vale la pena discutere!

GAETANO QUAGLIARIELLO, coordinatore nazionale del Nuovo Centrodestra

 

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