Skip to main content

La pretesa di abolire l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori somiglia di più ad un tentativo di rivolta degli ascari alleati del Pd, stanchi di “obbedir tacendo” e preoccupati di dovere “tacendo morir” sul piano politico. Pier Matteo Renzi-Tambroni ha avuto buon gioco (quello solito, delle tre carte) a replicare con la consueta “supercazzola” ricca di argomenti ambigui, interpretabili in ogni senso.

L’OPIONIONE DI RENZI

“È assolutamente solo un simbolo, un totem ideologico oggi l’articolo 18 – ha dichiarato il premier ragazzino – Proprio per questo trovo inutile stare adesso a discutere se abolirlo o meno. Serve solo ad alimentare il dibattito agostano degli addetti ai lavori”. E da “piccolo grande bugiardo” ha rilanciato, impegnandosi persino a riscrivere lo statuto dei lavoratori. Al che uno degli “addetti ai lavori” potrebbe chiedergli che cosa il suo governo intende fare nel momento in cui, rivedendone gli articoli uno dopo l’altro della legge n.300/1970, si arriva a quello contrassegnato con il numero 18. Ma passiamo oltre, ad argomenti più concreti. Renzi-Tambroni non ignora certamente che la Commissione Lavoro del Senato sta esaminando il disegno di legge delega che dovrebbe completare il Jobs Act, dopo la conversione in legge del decreto Poletti che ha riformato il contratto a termine (una misura sicuramente importante, anche se, per ora, solo un’eccezione) e semplificato il rapporto di apprendistato.

GLI INTERVENTI SUL LAVORO

Prima di rinviare all’autunno la calendarizzazione in Aula per cedere il passo all’abominevole legge Boschi, l’XI Commissione si era bloccata sull’articolo 4, quello che prevede, nei termini generici e di principio di una norma di delega, il codice del lavoro semplificato (come afferma Pietro Ichino “traducibile in inglese”) e l’istituzione del “contratto a tempo indeterminato a tutela crescente”, una sorta di sarchiapone legislativo sul quale si sono cimentate, da anni, le migliori intelligenze della sinistra allo scopo di salvare capra e cavoli: ribadire la prevalenza ed il primato del contratto di lavoro a tempo indeterminato, ma in modo accettabile e sostenibile per le imprese.

LE PROPOSTE DEGLI ULTIMI ANNI

Nel dibattito degli ultimi anni, sono state avanzate diverse proposte relative al contratto standard di nuovo conio, che, nella passata legislatura sono state oggetto anche di proposte di legge di parlamentari della sinistra. Una di esse prevede (per chi scrive la cosa non ha molto senso) un allungamento del periodo di prova fino a tre anni, trascorso il quale e stabilizzato il rapporto, diventerebbe operante nella sua pienezza (reintegra inclusa) l’articolo 18. Un’altra proposta ipotizza una soluzione più articolata: dopo un congruo periodo di prova si aprirebbe una fase in cui opererebbe solo una tutela di carattere obbligatorio attraverso la corresponsione di una penale; poi si entrerebbe, finalmente, nella “zona liberata” della reintegra giudiziale.

UN’IPOTESI RADICALE

Una terza ipotesi è più radicale: la sanzione normale sarebbe il risarcimento, tranne il caso in cui il licenziamento illegittimo fosse determinato da motivi discriminatori. Quale di queste proposte sarà assunta dal governo e dalla maggioranza per sbloccare il provvedimento e chiudere la partita del Jobs act? Paradossalmente sono le “anime belle” e le “menti lucide” della sinistra con due sole narici (Pietro Ichino, Tito Boeri e compagnia cantante) le più interessate a varare il nuovo contratto (che poi è solo quello tradizionale a tempo indeterminato corredato di una tutela giudiziaria meno invasiva, opprimente ed aleatoria dell’attuale).

CONTRATTO “MADE IN POLETTI”

I datori di lavoro il loro problema l’hanno già risolto, in gran parte, con il contratto a termine “made in Poletti”. Dopo quella riforma, che ha sancito l’abolizione per tutta la durata consentita – 36 mesi – di ogni causale nel ricorso al contratto a tempo determinato, le imprese preferiranno comunque avvalersi di tale tipologia molto meno a rischio di contenzioso e più pratica, anche rispetto a rapporti atipici di certo più precarizzanti, ma divenuti di utilizzo più complicato dopo la legge n.92/2012 (riforma Fornero). Marco Biagi sosteneva che nessun incentivo economico è in grado di compensare un disincentivo normativo. Non a caso le robuste incentivazioni per le assunzioni aggiuntive a tempo indeterminato (600 euro mensili per 18 mensilità) sono state efficaci fino a quando non è intervenuta la nuova disciplina del lavoro a termine con il dl n. 34. A quel punto le domande da parte delle imprese sono crollate, perché esse hanno preferito di gran lunga avvalersi del nuovo contratto a termine, benché privo di bonus e addirittura più oneroso dell’1,4%.

TEMPO INDETERMINATO

Le assunzioni a tempo indeterminato sono ora limitate a solo il 17% dei casi, a fronte del 70% degli accessi mediante un contratto a termine. Attenzione: questi sono dati di flusso; se consideriamo quelli di stock emerge con chiarezza che oltre i due terzi dei dipendenti italiani lavorano con un rapporto a tempo indeterminato. E nel numero dei contratti a termine l’Italia è in linea con gli standard europei.

Tutto ciò premesso, anche se la questione dell’articolo 18 ha perso d’importanza perché si tratta di forche caudine che possono essere aggirate per un periodo di almeno tre anni, ciò non significa che sia venuto meno il valore emblematico che – anche sul piano europeo ed internazionale – avrebbe una sua radicale riforma. Anche il Muro di Berlino dopo il crollo della DDR era diventato un ingombrante orpello. Ma i tedeschi non esitarono ad abbatterlo.

L'articolo 18 è come il Muro di Berlino: è giusto abbatterlo

La pretesa di abolire l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori somiglia di più ad un tentativo di rivolta degli ascari alleati del Pd, stanchi di "obbedir tacendo" e preoccupati di dovere "tacendo morir" sul piano politico. Pier Matteo Renzi-Tambroni ha avuto buon gioco (quello solito, delle tre carte) a replicare con la consueta "supercazzola" ricca di argomenti ambigui, interpretabili in…

La luna di miele di Renzi con i media internazionali non si è ancora interrotta

Pubblichiamo grazie all'autorizzazione dell'autore, l'editoriale di Pierluigi Magnaschi, direttore di Italia Oggi e di Mf/Milano Finanza Dopo gli anni devastanti di Silvio Berlusconi (che è stato il peggior comunicatore di se stesso all'estero che, oggi, ai tempi della globalizzazione, è l'ambito dove si costruisce la fortuna di un Paese) e dopo le meteore indecifrabili di Mario Monti e di Enrico…

Vi spiego perché è urgente intaccare il debito pubblico

Le vicende di questa ultima settimana segnano per l’Italia una fase nuova nella più lunga crisi economica mai vissuta dalla Unità: è ormai chiaro il fallimento della politica economica degli ultimi tre anni. Il rigore serve ma non basta. Anzi, non serve affatto quando ci sono squilibri strutturali, deficit di competitività da correggere. IL DIBATTITO SULLE RIFORME Sulle riforme il…

Cosa fare se la compagnia aerea smarrisce il nostro bagaglio?

Così come si assicura l’automobile di proprietà mettendo le assicurazioni Quixa a confronto con quelle di Direct Line o Genialloyd per proteggersi e circolare perfettamente in regola pur risparmiando, allo stesso modo quando si tiene a qualcosa è importante cercare di tutelarla in ogni modo. A questo scopo, l’assicurazione è forse lo strumento più valido a disposizione dei consumatori. Tutti…

La Casa Bianca contro K Street. Per finta

Durante la sua prima, trionfale, campagna elettorale Obama fu molto chiaro: "I am in this race to tell the corporate lobbyists that their days of setting the agenda in Washington are over". Correva l'anno 2007 e quella frase anti-lobbisti venne pronunciata in Iowa (leggi QUI). E appena preso posto alla Casa Bianca Obama non si smentì. Nel suo celebre order…

Perché politica estera e beneficenza non sono la stessa cosa

Finché ad assolvere funzioni di pura rappresentanza – prestigio molto, potere zero – fosse solo la figura dell’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune (Pesc) dell’Unione europea, sarebbe ancora accettabile. Se però a partecipare di questa poco invidiabile condizione risulta essere anche il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), ovvero la struttura diplomatica preposta dal Trattato di…

Ecco perché Renzi telefona a mezzo mondo

Matteo Renzi non ha ascoltato il richiamo del Generale Agosto. La sua prima estate a Palazzo Chigi meritava d'altronde di essere vissuta intensamente. Le tante interviste, le apparizioni, gli interventi: sono tutti segni di una comunicazione molto accurata che non vuole lasciare nulla al caso e che guarda principalmente all'opinione pubblica. Ma, c'è un ma. Dopo le tante critiche (comprese…

I piccoli Borghesi

  Massimo Borghesi è un filosofo kattolico, proprio con la kappa, e uomo davvero dabbene, un andreottiano di vasto respiro, il quale, a differenza del Divo Giulio - immortalato in tutta la sua splendida grandezza di politico verace e sottile da Sorrentino in un film non a caso screditato da altri kattolici dabbene, of course -, ha il difetto della…

Perché il Pd sull'articolo 18 dice no ad Alfano e Brunetta

Ogni estate ha il suo tormentone. E quello 2014 della politica italiana sembra essere ancora una volta l’articolo 18. La proposta di Angelino Alfano, rilanciata oggi da Maurizio Sacconi sul Sole24Ore, di abolirlo entro agosto ha suscitato un polverone. Apprezzamenti sono arrivati dal centrodestra, in primis da Renato Brunetta che ha provocato su Twitter il presidente del Consiglio: “Su misure economiche e moratoria…

×

Iscriviti alla newsletter