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Per la prima volta un investitore cinese punta ad una vera e propria istituzione finanziaria italiana: prosegue lo shopping di Pechino a Roma, questa volta si tratta di 460 milioni di euro, pari al 2,014% di Generali. E così dopo aver rilevato quote in Enel, Eni, Fiat-Chrysler, Telecom Italia e Prysmian, la banca del Popolo raggiunge i 3,1 miliardi complessivi investiti in Piazza Affari.

PERCHE’ GENERALI
Non sorprende la volontà della banca centrale cinese di scommettere proprio su Generali, osserva Fabio Savelli sul Corriere della Sera, in quanto come Mediobanca è protagonista “di un vero e proprio cambiamento nella governance, ora molto più snella anche per il tramonto (recente) dei patti di sindacato e un minor peso delle fondazioni bancarie (non è un caso che nell’ultima assemblea dei soci a Trieste i fondi esteri erano complessivamente il primo azionista con il 15,8% del capitale)”.

OSSERVATORIO ASIA
Parola d’ordine marketing. Ne è convinto Alberto Forchielli, presidente di Osservatorio Asia, secondo cui l’operazione è da ricondurre ad una sorta di “biglietto da visita da presentare all’opinione pubblica italiana” che mal digerisce la presenza cinese nel nostro Paese, come Forchielli aveva già sottolineato in una intervista a Formiche.net: “Prato è una vetrina terribile per noi e per loro e anche la recente truffa dei pannelli solari Suntech (560 milioni di euro utilizzando falsi bond tedeschi a garanzia di un massiccio investimento in Puglia e Sicilia, ndr.) non hanno certo contribuito a rasserenare il clima”.

STRATEGIA
Cosa cambia dopo la primizia della scalata a Generali? Il prossimo passo potrebbe essere ancora più deciso e secondo quanto riporta sulla Stampa Sandra Riccio le prossime mosse potrebbero essere “rivolte a grandi istituti del nostro Paese Unicredit, e Intesa Sanpaolo“. In Borsa ieri il titolo Generali ha reagito con un rialzo dell’1%, anche se ha chiuso in parità a quota 15,10. Pesano sia la sterzata imposta dal Ceo Mario Greco, sia la presenza più consistente degli investitori stranieri.

INVESTITORE ISTITUZIONALE
People’s bank of China necessita di impiegare le sue “enormi riserve e lo sta facendo prendendo posizioni in società top”. E’ l’analisi di Alessandro Daffina, ad di Rothschild Italia, secondo cui Pechino giudica queste realtà delle eccellenze “con l’ulteriore vantaggio che sono, al momento, sottovalutate dal mercato”. Dalle colonne della Stampa, l’ex advisor di diverse operazioni cinesi in Italia, osserva che la Cina ormai si comporta come un vero e proprio investitore istituzionale, con una serie di rilevanti vantaggi strategici.

SCIVOLA TOD’S
Il gruppo di Della Valle in un anno ha perso il 33,49%: ieri le azioni sono crollate in mattinata fino ad essere sospese con un ribasso del 10% e chiudendo con un minuscolo recupero. Gli analisti delusi avrebbero influito non poco sul titolo, basti pensare che Banca Akros ha tagliato il target price da 100 a 92 euro. Il motivo? Prima causa la flessione delle vendite in Cina con un meno 3,6% a cambi costanti che diventa un meno 7,6% a cambi correnti. A seguire tutti gli altri, con i tagli fatti da Ubs, Mediobanca, Kepler Cheuvreux, Deutsche Bank. Deludono i conti semestrali, ma è “la crociata anticorruzione di Pechino”, secondo quanto osservato da Laura Verlicchi de Il Giornale, a penalizzare le vendite.

twitter@FDepalo

 

 

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