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In un contesto segnato dal ritorno della guerra in Europa e dalla competizione tra potenze, il Global Combat Air Programme per il jet di sesta generazione è un programma “minilaterale di capacità e tecnologia avanzate”. Esso, infatti, risponde a tre caratteristiche: coinvolge tre Paesi – Italia, Regno Unito e Giappone – con visioni del mondo condivise, fa riferimento a una nozione di capacità sovrana costruita sulla collaborazione e persegue capacità specifiche per un vantaggio operativo. A scriverlo sono Alessio Patalano e Peter Watkins in un’analisi per il Freeman Air and Space Institute del King’s College London.

Il programma sta procedendo. A livello trilaterale, i tre governi hanno dato vita, a dicembre, all’organizzazione per la gestione del programma che prevede lo sviluppo del jet di sesta generazione che dovrebbe entrare in servizio nel 2035 come frutto delle ricerche giapponesi sul jet F-X e italo-britanniche sul Tempest. A livello nazionale, il governo giapponese ha modificato le norme per consentire l’export del nuovo caccia (scatenando, come raccontato su queste pagine e come prevedibile, la reazione cinese). A livello industriale, le aziende stanno sviluppando lavorando sul progetto, e non soltanto le capofila Bae Systems (Regno Unito), Leonardo (Italia) e Mitsubishi Heavy Industries (Giappone): il colosso industriale giapponese Ihi, leader nel settore difesa e aerospazio, ha recentemente annunciato l’apertura, entro la fine dell’anno, di centri di ricerca e sviluppo in Italia e nel Regno Unito.

Serve, però, compiere un ulteriore passo, suggeriscono il professor Patalano e Watkins, già direttore generale della strategia al ministero della Difesa britannico. Non è la prima volta di grandi progetti intergovernativi a lungo termine nell’aeronautica. Basti pensare al Tornado e all’Eurofighter Typhoon. Essi, però, “hanno incontrato notevoli difficoltà, esacerbate dalle diverse priorità strategiche, culture politiche e strutture organizzative degli Stati partecipanti”, osservano i due. Un “Learning and Educational Awareness Programme”, acronimo “Leap” (ovvero “salto”), da affiancare al programma di acquisizione principale, permetterebbe di sviluppare una comunità tra i governi, le forze armate e le industrie dei tre Paesi, puntando su competenza culturale, capitale umano e sviluppo professionale, al fine di “costruire una resilienza strategica intorno al progetto”.

Il Gcap ha bisogno di un salto in avanti per costruire resilienza. Report King’s College

Un’analisi per il King’s College London si sofferma sull’importanza del “minilaterale di capacità e tecnologia avanzate” suggerendo l’istituzione di un programma per sviluppare una comunità d’esperti ed evitare le tensioni già viste in casi precedenti

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