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Lo scorso 9 settembre, l’Onu ha approvato una storica risoluzione, la 68/304, che propone la creazione di un contesto giuridico internazionale per regolare i processi di ristrutturazione del debito sovrano dei Paesi. Questo fatto non è una semplice notizia, ma molto di più, perché apre una strada formale ed istituzionale per la creazione di una nuova struttura finanziaria globale, fatto interessante per tutti i Paesi che prima o poi dovranno ristrutturare il proprio debito sovrano.

La risoluzione incoraggia esplicitamente a adottare e sviluppare, attraverso un processo di dialogo intergovernativo, un quadro giuridico multilaterale per la ristrutturazione del debito sovrano, al fine di, tra le altre cose, “aumentare l’efficienza, la stabilità e la prevedibilità del sistema finanziario internazionale”.

La mozione al trattamento della proposta lanciata dall’Argentina, è stata fatta dal presidente del G77, il boliviano Sacha Llorenti Soliz, che con il supporto strategico della Cina ha raccolto il voto positivo di 124 Paesi.
Si capisce perfettamente l’interesse degli 11 voti negativi, che sono arrivati da Stati Uniti, Giappone, Germania, Regno Unito, Canada, Israele, Australia, Finlandia, Ungheria, Irlanda e Repubblica Ceca.

Un fatto da analizzare sono le 41 astensioni; un’astensione chiaramente non significa un’approvazione alla proposta, ma per come si è svolta la votazione in realtà ha voluto dire un voto contrario alla posizione statunitense, permettendo che questa iniziativa possa andare avanti nel contesto dell’Onu, senza però polemizzare troppo con le istituzioni attuali.

Tra questi Paesi ci sono Messico, Francia e Italia. Anzi, Francia e Messico hanno presentato un “amicus” in favore dall’Argentina per la sua posizione dinanzi alla Corte Suprema degli Stati Uniti nel confronto con i fondi avvoltoi, dopo la sentenza del giudice Thomas Griesa.
Una prima e semplice analisi che si può fare di questo voto storico ci dice che per prima volta, l’Onu decide di discutere un argomento legato ai problemi del debito dei Paesi, argomento che tradizionalmente era stato ritenuto di stretta competenza delle istituzioni nate a Bretton Woods (Fmi e Banca Mondiale).

Bisogna augurarsi che una nuova regolazione del mercato finanziario vincolata con i processi di ristrutturazione del debito sovrano possa stabilire un limite alle operazioni speculative dei fondi avvoltoi, ma questo non è ancora possibile garantirlo. La crescita del potere politico ed economico di Cina, nell’insieme del gruppo Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), e la possibilità di sostituire gli Stati Uniti come prima potenza mondiale non è la soluzione magica per mettere fine ai poteri imperiali, politici, finanziari e commerciali.
In ogni caso, un’altra cosa da sottolineare è che la discussione su una nuova regolazione internazionale ha ottenuto la sua legittimità formale sul tavolo dell’Onu, cominciando un processo diplomatico di negoziazione su nuove regole globali senza precedenti negli ultimi 70 anni.
Per lasciare un ultimo argomento su cui riflettere: sarà grazie a questa iniziativa che nascerà l’opportunità di creare un nuovo sistema che metta al primo posto la sovranità dei Paesi e il benessere dei loro abitanti? Forse è un’utopia, ma altrimenti a cosa serve esprimere liberamente le proprie opinioni anche con questi articoli?

Esteban Guida è presidente della Fondazione Pueblos del Sur e partner network internazionale di OpenEconomics.

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