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Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il cameo di Riccardo Ruggeri apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Da qualche tempo, ipotizzo una nuova generazione di spettacoli politici in Tv, il primo della serie è stato lo streaming fra Renzi e Di Maio (inutili gli altri sei partecipanti, tre per parte: mi hanno ricordato le festicciole della mia pubertà, ragazzine timide e maschi goffi come me, destinati a fare «tappezzeria»). Le elezioni europee hanno invecchiato di colpo, in termini televisivi, tutte le leadership, Merkel esclusa. Ovvio, Merkel è una donna-houdini, ciascuno di noi, a seconda della sua sensibilità, può immaginarla come una mamma, una sorella, una moglie, un’amante (perché no?), in realtà lei è una donna (vera), che fa (bene) gli interessi della Germania, e come tale è percepita. Il suo modo di comunicare non sarà entusiasmante, ma ha una caratteristica oggi rara: è credibile.

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È la credibilità il vero differenziale comunicativo nei periodi di Grande Crisi. Osservate Hollande, Cameron, Juncker, Schulz, e pure tutti i nostri politici, giovani o vecchi, non provate con me un senso di disagio? Non vi sembrano spezzoni restaurati della Settimana Incom? Non hanno nulla da dire, eppure parlano, parlano: credibilità zero. Il primo tentativo di cambio del paradigma comunicazionale lo dobbiamo a due cicloni, Renzi e Grillo, che hanno trovato due slogan vincenti: «Tutti a casa» l’uno; «Sono l’ultima chance dell’Italia», l’altro. Grazie a questi slogan, entrambi velleitari e falsi, e una modalità di comunicare basata sulla fusione di due format, «comizio» e «spettacolo», Renzi ha vinto, Grillo è diventato l’opposizione «giacobina a Sua Maestà». Il povero Berlusconi si è suicidato, salendo le scale del Nazareno.

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Sono stati Renzi e Grillo a capire per primi le nuove esigenze dei cittadini-spettatori; questi, a loro volta, si stanno convincendo che le loro leadership non sono in grado di farli uscire dal cul de sac in cui li hanno precipitati, ma proprio loro non hanno il coraggio di trarne le conseguenze E allora? Come ovvio capiscono che questa non è una Grande Crisi, ma una Grande Guerra, fatta dalle élite contro di loro, eppure, ripeto, non vogliono trarne le conseguenze, non sono ancora pronti a pagar pegno, sono pieni di dubbi, sono storditi, preferiscono farsi sottrarre, attraverso una tassazione criminale, petalo dopo petalo, i loro esigui patrimoni personali. Questa evoluzione l’ho colta da un «segnale debole» di uno dei miei «marcatori» preferiti, il pubblico in studio di «L’aria che tira» (La 7). Durante il consolato Berlusconi era diventata un’imbarazzante claque, ottusamente antiberlusconiana, uscito il Cav. si è trasformata in uno dei pochi «salotti di periferia» intelligenti e affidabili, ove anche gli ospiti più scaltri del programma non riescono darla loro a bere.

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Per i cittadini-spettatori il momento della verità si avvicina, in autunno i nodi verranno al pettine, sapranno che le promesse di Renzi sono state una collana di bugie, ma in questo momento sono loro che vogliono sentirsele dire, e proprio da lui, sanno che è illusorio far pagare ad altri il prezzo che compete loro, attraverso nuove stravaganti istituzioni, curiosi «tetti» retributivi per quattro gatti, crono-programmi dove il 100 e il 1.000 si confondono. Queste tante «bolle blu», ripetute come mantra, destinate a tornare subito acqua, curiosamente rendono sereni i cittadini. E allora, perché privarli di piccole illusioni? Si godano ancora un paio di mesi di vacanza sotto l’ombrellone, nuotando spensierati, tanto poi l’autunno arriverà, e presenterà il conto.

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Per soddisfare queste esigenze consolatorie della «gente», come ultimo tentativo, Renzi (il vincitore) e Di Maio (l’opposizione) hanno ribaltato lo schema in essere dei talk show, loro si sono fatti «format», sganciandosi per un giorno dalla sudditanza della Tv ufficiale. Ma a questa devono tornare, perché lo streaming è onanismo, la trasparenza tanto ricercata è solo teatralità, mentre la Tv è «arcanum», è puro sesso. La fauna televisiva dei talk show che ha dominato questo ventennio si è improvvisamente risvegliata invecchiata. Forse sono out pure tutti i format e i conduttori di quella stagione e generazione, per non parlare degli ospiti (Travaglio, Cacciari, e pochi altri si salveranno). Così, i talk show. In autunno, per sopravvivere, occorrerà cambiare. Quali sopravviveranno? Per me, Virus e L’aria che tira e per due motivi: a) il profilo culturale e umano di Myrta Merlino e di Nicola Porro, l’eleganza dei loro approcci e linguaggi, la loro riconosciuta onestà intellettuale (col nuovo paradigma, costruito sulle bolle blu, questo è l’asset fondamentale); b) la «configurazione-leggerezza» dei loro format, concepiti per accogliere il nuovo.

Ragazzi, da settembre, tutti in poltrona, ne vedremo delle belle.

Merlino e Porro, chi salvo tra i conduttori di talk show

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