Skip to main content

L’Europa del calcio esce con le ossa rotte dal Mondiale brasiliano. Soltanto sei squadre del Vecchio Continente figurano tra le sedici che disputeranno gli Ottavi di finale. A parte la Germania, che pure non ha brillato, a tenere alto l’onore europeo restano la Francia, l’Olanda, il Belgio, la sorprendente Svizzera e l’incredibile Grecia di Giorgos Samaras, attaccante essenziale e ruvido che nel Celtic vive le glorie che la patria gli nega.

La Grecia è l’avamposto di un’Europa che non crede a se stessa; l’Europa dei burocrati senz’anima e dei tecnocrati che tengono la cravatta allacciata anche quando un Cannibale uruguaiano si aggira per le contrade sportive assaggiando carne ben frollata. Gli ellenici arrivano laddove i blasonati Paesi non dovrebbero consentirgli di arrivare. Poveri in canna, derelitti come paria e orgogliosi per discendenza erano fino a pochi giorni fa i parenti poveri delle grandi potenze calcistiche. Ma con la palla si fanno giochi che gli spregiudicati prestidigitatori di Francoforte neppure si sognano. Si manda in paradiso un popolo, per esempio, condannato dai contabili dell’usura internazionale alla Geenna, apocalittica valle di perdizione eterna dove dimorano i dannati.

Ma i popoli non sono merci che trovano ricetto nelle colonne del dare e dell’avere. La Grecia che partorì l’Europa non si chiese quale sarebbe stato il suo destino. In tre o quattro millenni ne ha viste di tutti i colori, ma tenendo sempre accesa la fiaccola della civiltà. Potevano spegnerla i ragionieri dell’Unione decretandone, come abbiamo temuto, addirittura la fine? Ma no, se l’anima non è rattrappita ed i piedi sono buoni le nazioni vanno avanti. E da Maratona in poi nessuno più l’ha tolto dalla testa agli ellenici che, poveri ma non miserabili, s’attaccano al loro mito di forza e bellezza per tornare a credere di poter avere un destino.

Mai un gesto sportivo come il rigore trasformato da Samaras, ai danni dell’ottima Costa d’Avorio, che ha segnato il superamento del turno della Grecia, è stato letto come la disperata conferma di un protagonismo sportivo certo, ma che lo supera indiscutibilmente, di una nazione intera che se non si è scrollata di dosso l’immane debito pubblico e l’internazionale sudditanza economica, ha fatto riapparire la gioia mediterranea in terra sudamericana, supplendo alle deprecabili manchevolezze di Italia, Spagna e Portogallo affondate nell’apatia frutto della sazietà che rende molli e privi di sana aggressività.

La Grecia è oggi l’Europa che non c’è – o c’è solo in minima parte – in Brasile. La rappresenta molto più di Germania e Francia, per una sorta di etica dei vinti che hanno fame di rinascenza. Naturalmente l’augurio è che tutte le formazioni europee arrivino il più lontano possibile, ma sentirsi greci, piuttosto che tedeschi, francesi, svizzeri, belgi o olandesi, con tutto il rispetto e l’amore di questi nostri fratelli, è più facile, più bello, più appagante.

Se il Modiale brasiliano ha segnato la fine della “centralità” calcistica europea con l’esclusione dalla fase finale delle vecchie potenze continentali, ha proiettato sullo scenario internazionale nuovi soggetti che vanno ad affiancarsi al Brasile e all’Argentina, come il Cile, la Colombia, la Costa Rica, l’Uruguay, gli Stati Uniti (non più Cenerentola, dopo la cura Klinsmann), in attesa che si confermino le nazionali africane ed asiatiche. Ciò vuol dire che i ricchi investimenti – provenienti soprattutto dai Paesi del Golfo e dagli oligarchi russi che preferiscono foraggiare i club europei in cambio di altre fortune oltre a quelle immediatamente finanziarie, come l’acquisto d’ influenza presso le il notabilato politico e mediatico continentale – nei prossimi anni si sposteranno verso i Paesi emergenti dai quali non sarà più necessario ai calciatori emigrare per conquistare fama e fortuna sui campi più prestigiosi.

Se l’Europa del football vuole salvarsi e riprendersi l’egemonia che sta perdendo, non deve cercare in esotici campionati “stelle” che spesso si rivelano precocemente cadenti ed ingaggiarle sbarrando le porte a giovani indigeni promettenti che però non possono garantire subito mirabolanti successi. E, nello stesso tempo, dovrebbero trovare i club e le rappresentative nazionali la specificità che da tempo hanno perduto.

Si dirà che il calcio, come tutto il resto, non poteva restare immune dal contagio globalista. È vero, ma quanto ci ha perso in termini di spettacolarità, di bellezza, di fascino? Il football di sir Stanley Matthews era molto diverso dal futbol di Mané Garrincha e quello di Mario Kempes non aveva nulla da spartire con l’altrettanto eccentrico ed inimitabile calcio di Johan Cruijff, così come gli stellari Pelé e Maradona avevano in comune la genialità, non certo l’interpretazione del gioco. E perfino Yashin e Gilmar, grandissimi nel loro solitario ruolo, erano diversissimi. Le tattiche, le tecniche, le assimilazioni ben oltre le vocazioni dei singoli e dei   gruppi stanno uccidendo il calcio. E quello europeo è in decadenza per mancanza di idee, pur non mancando di talenti, mentre altrove si cerca con l’agonismo di nascondere l’assenza di superlativi talenti, a parte le ovvie eccezioni.

Abbiamo visto come giocano le squadre africane. Diamo loro il tempo che l’economia si sviluppi e tanti Drogba non avranno più bisogno di cercare casa lontano dai focolari domestici. E non è detto che prima o poi non s’inventino formule fortunate che rivoluzionino il calcio come accadde quando, grazie agli olandesi volanti degli anni Settanta, esso divenne “totale”.

Comunque vada, in Brasile si è aperto un laboratorio. Perciò, almeno finora, quel che si è visto non è stato seducente come era lecito attendersi. Ma è solo questione di tempo. E non è detto che il calcio per reinventarsi non torni per esempio al passato; un passato fatto di terzini, mediani, liberi, stopper, ali, mezzali e centravanti. E di numeri che sulle maglie significano qualcosa.

Brasile 2014, contagio globalista. Il taccuino mundial di Malgieri

L'Europa del calcio esce con le ossa rotte dal Mondiale brasiliano. Soltanto sei squadre del Vecchio Continente figurano tra le sedici che disputeranno gli Ottavi di finale. A parte la Germania, che pure non ha brillato, a tenere alto l'onore europeo restano la Francia, l'Olanda, il Belgio, la sorprendente Svizzera e l'incredibile Grecia di Giorgos Samaras, attaccante essenziale e ruvido…

Le contraddizioni del ministro Poletti sugli esodati

Alla Camera stanno lavorando al sesto intervento di salvaguardia per i cosiddetti esodati, che, nel complesso, saliranno così a 170mila. La misura si è resa possibile grazie a risparmi derivanti dalla seconda e dalla quinta salvaguardia. Erano stati sovrastimati gli utenti e quindi si è ritenuto di ridurre, in corrispondenza, gli stanziamenti. Nella sesta salvaguardia entreranno a far parte 32mila…

Wimun 2014 a Roma. Formiche media partner

Si terrà a Roma dal 30 giugno al 4 luglio Wimun 2014-International Model United Nations, un’iniziativa in esclusiva mondiale organizzata dall’Onu attraverso la Wfuna, la federazione mondiale delle associazioni per le Nazioni Unite. L'evento si svolge con la collaborazione della Sioi presieduta dall'ex ministro degli Esteri Franco Frattini e la media partnership di Formiche. È un meeting formativo di cinque…

Specchi musicali a Siena

Siamo alla vigilia della Settantunesima Settimana Musicale Senese dell’Accademia Musicale Chigiana in programma dal 10 al 17 luglio e che ha come titolo Specchi, poiché è un ideale gioco di specchi e di rimandi in cui i più antichi repertori di musica e danza popolare del nostro paese e non solo, si confrontano con la musica dei tanti compositori -…

Perché lo Spazio è una risorsa preziosa per una nuova politica industriale

Una realtà che coinvolge in una profonda correlazione industria, università, istituzioni. Un comparto che occupa 6mila addetti e ricercatori in oltre 120 aziende - in gran parte piccole e medie imprese innovative - producendo un fatturato complessivo pari a 1,45 miliardi. Grazie ai livelli di eccellenza scientifica e al suo dinamismo, il settore aerospaziale italiano costituisce un modello esportabile nel…

Adesso l'Europa di Juncker rilanci la domanda interna dell’Eurozona

La fiducia del mondo produttivo conferma, nel complesso, i segnali di una contenuta ripresa. Dopo tre trimestri di stagnazione, questi segnali dovrebbero tradursi in qualcosa di positivo a partire dal secondo trimestre. Nello specifico, la manifattura sembra procedere a ritmi moderati, da giudicare inadeguati tenuto conto della caduta che è alle spalle. Si evidenzia un accenno di inversione di tendenza…

Urgenze e prevenzione contro il rischio idrogeologico

“Sono necessarie e urgenti nuove politiche strutturali per la rigenerazione urbana e per la riqualificazione del territorio italiano”. Questa è l’esortazione che proviene dall’Aitec, l’Associazione Italiana Tecnico Economica del Cemento, in occasione dell’Assemblea pubblica annuale durante la quale è stato presentato uno studio sul rischio idrogeologico nel nostro Paese. Gli esperti hanno creato una mappa dettagliata delle provincie più a…

L’occasione green di Renzi

Lunedì 30 giugno alle ore 11, presso la sede del COBAT a Roma, il Consiglio Nazionale della Green Economy presenta alla stampa (ed agli italiani) un documento con le sue proposte per una politica europea capace di accelerare la transizione verso un’economia realmente sostenibile, cioè capace di coniugare lo sviluppo economico, quello sociale e del lavoro, con la tutela del…

Metodo Boffo contro Montanelli?

In un editoriale pubblicato l’altro ieri il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, ha celebrato a suo modo i quarant’anni dalla fondazione del quotidiano. In una simile operazione, Sallusti non poteva non fare i conti con l’ingombrante figura di colui che quel quotidiano, nel lontano 1974, ebbe l’ardire di concepirlo: Indro Montanelli. Il titolo dell’editoriale – “L’orgoglio di avere il lettore…

Linkiesta, le confessioni del direttore Marco Alfieri

Botta e risposta. Dopo la pubblicazione dei conti dell’editoria digitale indipendente in Italia da parte del quotidiano economico Italia Oggi, Marco Alfieri, direttore de Linkiesta, risponde con un lungo editoriale a Claudio Plazzotta, che sul quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi ha parlato di un rischio liquidazione per Linkiesta e ipotizzato un possibile pentimento da parte del giornalista per aver lasciato a…

×

Iscriviti alla newsletter