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Matteo Renzi pigliatutto. Il pensiero comune dipinge l’istrionico segretario del Pd come un piccolo Berlusconi, capace di attrarre i voti non solo del suo elettorato di riferimento ma anche del Centrodestra. L’exploit del suo Pd alle urne ha poi fatto sentenziare in massa che il premier ha cannibalizzato consensi da tutti i fronti, anche dal polo dei moderati. Uno studio dell’Istituto Cattaneo rivela invece che non è così.

Secondo l’analisi, in questa tornata elettorale il flusso che va dal Pdl al Pd “quasi non esiste”. C’è stata solo, in dimensioni assai modeste, a Genova, Parma e Firenze. Il successo di Renzi si deve soprattutto all’aver saputo mantenere i propri consensi precedenti senza perderli sulla strada dell’astensione e dal flusso proveniente da Scelta civica. “Assistiamo a uno svuotamento dell’area della coalizione, che faceva capo a Mario Monti nel 2013, a quasi totale favore del Pd”, dice lo studio.

Dove sono finiti dunque i due milioni di voti persi dal Centrodestra? Prevalentemente verso l’astensione, dice l’istituto Cattaneo: “E’presente e assai marcato in tutte le città del Nord da noi studiate, senza eccezioni. E’ evidente anche nelle città delle regioni rosse, Bologna, Parma e Firenze. E’ poco visibile a Pescara, ma è fortissimo a Catania e Palermo”.

Lo stesso flusso che gli studiosi evidenziano anche per il M5S. Il luogo comune è quindi sfatato: “La scarsa consistenza dell’apporto di ex-elettori del M5s e l’assenza di apporti di ex-elettori del Pdl mostra come l’impermeabilità tra gli schieramenti sia più resistente di quanto il dibattito politico di questi giorni sembra incline a sostenere”.

 

Sorpresa, Renzi non ha catturato voti da Berlusconi

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