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Il cardinale Angelo Bagnasco è ancora in sella alla Conferenza episcopale italiana e vi rimarrà fino alla scadenza naturale del mandato, nel 2017, nonostante da almeno un anno sia dato in uscita. La grande novità, in attesa del cambio della guardia – come detto, tutt’altro che imminente – è il ruolo del segretario generale, carica oggi ricoperta da Nunzio Galantino, tradizionalmente posizione più sfumata rispetto a quella del presidente. Di Mariano Crociata, ad esempio, e dei suoi predecessori (compreso Giuseppe Betori, braccio operativo di Camillo Ruini) non si rammentano così tante dichiarazioni alla stampa, alla radio e alla televisione. Un’esposizione che ha finito per emarginare Bagnasco, notano i vaticanisti.

DITO PUNTATO CONTRO LE BANCHE

A cavallo di Ferragosto, in un’intervista concessa al Corriere della Sera, mons. Galantino – scelto da Papa Francesco lo scorso dicembre – spronava il governo a lavorare per “le riforme più avvertite dalla popolazione” e puntando il dito contro le banche: “Non so – diceva – se i politici e i governanti si rendano davvero conto del livello di assoluta disperazione di tanti piccoli e medi imprenditori che danno lavoro e pagano le tasse ma non ottengono il denaro al quale hanno diritto”. Hanno diritto? Affermazione che ha fatto sobbalzare qualche banchiere anche cattolico.

NON DISCRIMINARE “CHI VIVE SITUAZIONE MATRIMONIALE IRREGOLARE”

Un altro giorno, intervenendo alla Settimana liturgica di Orvieto, ha auspicato “accoglienza” per i “fedeli in situazione matrimoniale irregolare”. Secondo mons. Galantino, queste persone “vivono la loro condizione con grande sofferenza e percepiscono la disciplina della Chiesa come molto severa, non comprensiva se non addirittura punitiva. Con sincerità, dovremmo riconoscere che anche gli altri fedeli percepiscono la disciplina della Chiesa come un’esclusione di questi fratelli e sorelle, e talora li osservano con uno sguardo carico di pregiudizio, imponendo loro un ulteriore fio da pagare, una loro discriminazione di fatto”. Ecco perché, è necessario aprirsi alla “accoglienza, comprensione, accompagnamento, supporto, e a percorsi di vita ecclesiale sebbene non possano ricevere la comunione”.

LE POLEMICHE PER LA FRASE SUI “VISI INESPRESSIVI”

Parla in modo franco, senza badare troppo alla prudenza o al rischio di inciampare in qualche ostacolo più alto del previsto. Mesi fa, prima dell’estate, aveva fatto discutere una sua intervista al Quotidiano Nazionale, in cui criticava la linea della Cei così come delineata nel ventennio ruiniano: “Pensiamo alla sacralità della vita”, diceva il presule, “in passato ci siamo concentrati esclusivamente sul no all’aborto e all’eutanasia. Non può essere così, in mezzo c’è l’esistenza che si sviluppa”. Ed ecco la frase che ha fatto discutere: “Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche che praticano l’interruzione della gravidanza, ma con quei giovani che sono contrari a questa pratica e lottano per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro”.

PERPLESSITA’ PER COME SI DIFENDONO I VALORI

Qualche tempo dopo, al periodico dehoniano Il Regno, tornava a parlare di difesa della vita e princìpi non negoziabili. Diceva, mons. Galantino, che “un pericolo sempre in agguato è quando i valori diventano ideologia, perché allora, anche senza volerlo, si possono assumere atteggiamenti contraddittori”. Si diceva “perplesso per gli atteggiamenti di violenza, anche verbale, con i quali si difendono i valori”. E per chiarire meglio il concetto, spiegava che a lasciarlo perplesso sono “le parole ingiuriose dette con la stessa bocca con la quale si difendono i valori”.

“A COSA PORTANO CERTE ADUNATE?”

Il riferimento, chiaro, è alle manifestazioni di piazza in difesa di quei valori: “Bisogna domandarsi quale frutto portano con sé certe adunate e interrogarsi se le energie investite trovano adeguata giustificazione alla luce dei risultati ottenuti”. Palese lo smarcamento rispetto alla Cei di battaglia nata dopo l’investitura, tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, di Camillo Ruini quale guida dell’episcopato italiano. “Il mandato missionario secondo Francesco”, spiegava mons. Galantino, “esige non tanto di occupare spazi, quanto di avviare processi del cui esito ultimo solo Dio conosce fino in fondo il significato”.

LA POSIZIONE SULLA CRISI IN MEDIO ORIENTE

Sempre al Corriere della Sera, il segretario generale della Cei aveva attirato l’attenzione del politologo ed editorialista del quotidiano rizzoliano Angelo Panebianco, che aveva notato l’originalità della posizione del vescovo rispetto alla nota e consueta prudenza dei vertici dell’episcopato italiano. Il tema era il conflitto in medio oriente, Gaza e Iraq su tutti. Galantino aveva passato in rassegna le posizioni sul tappeto, a cominciare da “quella di chi dimentica l’insegnamento della storia e preme per combattere una nuova guerra contro il cosiddetto Califfato: ma la democrazia non si esporta con le armi, e bisogna vedere se quel nostro concetto coincide con le aspirazioni locali”.

“SI PAVENTA ADDIRITTURA UN’EUROPA GIA’ CONQUISTATA”

Quindi, aggiungeva, “c’è la scelta degli Stati Uniti con i bombardamenti selettivi. C’è un tipo di fondamentalismo, ahimè, anche qui in occidente che vorrebbe cogliere l’occasione per distruggere ogni dialogo col mondo musulmano, quasi che la convivenza fosse impossibile, paventando addirittura un’Europa già conquistata. E c’è chi spinge per un sostegno a Israele, ritenuto l’unico contrappeso nell’area, dimenticando le ragioni palestinesi”. Panebianco, tre giorni più tardi, notava che Galantino “ha dato al lettore l’impressione, sicuramente sbagliata, di mettere sullo stesso piano il fondamentalismo occidentale, l’ostilità di molti occidentali per l’islam, e le azioni dell’Isis e degli altri movimenti jihadisti. Un messaggio più chiaro sarebbe sicuramente d’aiuto”.

Cei, tutte le parole poco ruiniane di Galantino

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