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“L’Italia è attualmente dietro altre potenze europee come Francia, Germania e Regno Unito in termini di visione e presenza nell’Indo Pacifico, ma ha una buona base per approfondire la sua visione” per la regione, ha detto Sujan Chinoy, direttore generale del Manohar Parrikar Institute for Defence Studies and Analyses, il più importante think tank indiano per gli studi di sicurezza e relazioni internazionali.

Chinoy, già ambasciatore in Giappone ed esperto di Cina e East Asia, parlava in audizione durante la seduta del Comitato Indo Pacifico di questa mattina, presieduta da Paolo Formentini, vicepresidente della Commissione Esteri della Camera che si sta occupando di creare un insieme di analisi, valutazioni e opinioni che possano essere usate come elementi per la strutturazione della strategia indo-pacifica italiana.

Roma c’è: “L’Italia è partner di dialogo del Pacific Islands Forum (Pif) e della Indian Ocean Rim Association for Regional Cooperation (Ior-Arc), partner di sviluppo dell’Association of Southeast Asian Nations (Asean), e ha un partenariato strategico con l’India, nonché un trilaterale lanciato con Giappone e India nel 2021 per la stabilità indo-pacifica”, ha ricordato Chinoy, menzionando alcune delle attività di presenza italiana nella regione.

L’esperto indiano ha ricordato anche la “grande potenza navale” italiana, ricordando le attività all’interno della Combined Maritme Forces, che ha come scopo la tutela delle acque dell’Indo Mediterraneo – area destabilizzata in questi mesi dagli attacchi degli Houthi, in cui l’Italia è già attiva con altre missioni, a cui andrà ad aggiungersi “Aspis”, quella specifica che entro poche settimane l’Ue metterà in acqua nel tentativo complesso di deterrere gli yemeniti.

L’India è particolarmente interessata a quella fascia marittima (e socio-culturale, lungo cui scorre il costrutto indo-abramitico). È una zona di connettività dove New Delhi esercita e proietta influenza. Attività che si congiunge agli interessi italiani. Tanto che Chinoy sottolinea che “la stabilità e la prosperità nel Mediterraneo sono legate alla pace e alla sicurezza nel Mar Rosso e nell’Indo-Pacifico”. È il valore delle interconnessioni tra i due grandi quadranti geo-strategici che spesso su queste colonne viene evidenziato.

È lì che si muovono i grandi progetti (che collegano anche Italia e India) come l’Imec su cui il Comitato ha mostrato ampia attenzione, e su cui Chinoy è stato sollecitato ricordandone il valore. A maggior ragione adesso che la rotta di Suez-Bab el Mandeb è destabilizzata il passaggio tramite il collegamento articolato rotaia-mare che taglia il Golfo è importante, anche per questo occorre risolvere la guerra a Gaza e la crisi regionale prodotta (visto che il progetto si lega anche alla normalizzazione tra Riad e Gerusalemme).

Il peso di quanto sta succedendo è già sul conto del nostro Paese. Due giorni fa, l’Italia ha per esempio subito gli effetti della crisi lungo le rotte indo-mediterranee sulla propria sicurezza energetica, con un carico di Gnl qatarino in arrivo all’Adriatic Terminal di Rovigo, il più grande in Italia, che è finito tra quelli cancellati per ragioni di sicurezza.

Se quello indo-mediterraneo è un contesto critico, Chinoy ha anche illustrato altri vari scenari delicati i cui effetti potrebbero ricadere sugli affari internazionali e intaccare anche in questo caso l’Italia. Dalla regione dell’Oceano Indiano, dove cresce l’assertività di Pechino, al Mar Cinese, si stanno creando quelli che ha definito “flashpoint” (termine analogo lo avevamo usato in una passata edizione di Indo Pacific Salad).

L’ex ambasciatore ha spiegato nel suo libro “World Upside Down: India Recalibrates Its Geopolitics” (prefazione affidata al ministro degli Esteri, Subrahmanyam Jaishankar) che dopo essere passato dal bipolarismo all’unipolarismo nell’ultimo decennio del secolo scorso, il mondo “è andato alla deriva verso il multipolarismo, in un’epoca in cui l’equilibrio di potere si sta rapidamente spostando”. Nell’analisi di Chinoy, emerge che l’India in questo “momento straordinario” deve assicurarsi una posizione di forza mentre naviga in un panorama geopolitico in continuo mutamento.

Per questa proiezione, New Delhi pensa anche all’Italia, percependo l’impegno attivo del nostro Paese all’interno di contesti geopolitici complicati come quelli indo-mediterranei, dove alle complessità messe in evidenza dagli attacchi Houthi si sommano quelle della sponda africana – il Corno d’Africa, e il retrostante Sahel che sono destabilizzati da divisioni e attività di attori statali e non statali, anche connessi alle sigle del terrorismo internazionale. È anche questo un punto di cooperazione italo-indiana.

“L’interesse naturale dell’India si estende da Suez a Shanghai”, come diceva Girija Shankar Bajpai, primo segretario generale del Ministero degli Affari Esteri indiano dal 1947-48, citato da Chinoy. È anche per questo che New Delhi guarda con estrema attenzione anche all’evoluzione di progetti come il Piano Mattei, cuore degli incontri della Conferenza Italia-Africa di lunedì prossimo.

Ecco le visioni comuni tra Italia e India. L'audizione dell'amb. Chinoy

Ospite al Comitato Indo Pacifico, l’ex ambasciatore indiano e attualmente direttore del think tank Isd, ha illustrato le priorità strategiche di New Delhi e come esse si colleghino a parte degli interessi dell’Italia. Focus sull’Indo Mediterraneo e sulla sponda dell’Africana affacciata sull’Indiano, ma anche attenzione alla Cina

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