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Ma perché è opportuna proprio “adesso” una nuova riflessione sulla patria? La risposta è sotto i nostri occhi. La ascoltiamo e leggiamo nel dibattito politico italiano, in cui, con monotona e devastante inutilità, ancora una volta tornano a scontrarsi in questi primi anni venti del XXI secolo idee identitarie e settarie di patria e di chi dovrebbero essere i veri patrioti.

Ma ancora di più lo è nella constatazione che nel mondo intorno a noi – a cominciare dall’Europa e dall’Unione europea – nessuno, giustamente, si illude che il privarsi di questo concetto costituisca un viatico efficace verso diverse e necessarie sintesi politiche più ampie.

Qualunque cosa rappresenti, qualunque significato vogliamo ascrivere alla parola – che la si ami, la si detesti, ci risulti indifferente o ci commuova – il concetto di patria è tornato nel lessico della vita e della politica italiana.

Spesso brandito come un’arma nei confronti degli avversari, talvolta aggettivato per screditarne l’utilizzo altrui ed esaltarne il proprio, il termine patria finisce sovente per essere impiegato nell’accezione opposta al suo originario significato: non per unire, ma per dividere, al limite per consentire a una parte di appropriarsi del tutto.

Ma altrettanto spesso la scelta di chi desidera impedire questa appropriazione indebita è quella – debole, rinunciataria – di negare il valore del concetto di patria per camuffare la propria incapacità di difenderlo, relegandolo a un vetusto armamentario lessicale ottocentesco.

Eppure l’idea di patria è ben viva nel dibattito mondiale e rappresenta un formidabile moltiplicatore di energie, abnegazione e spirito di sacrificio: è in grado di creare un senso civico che, in sua assenza, non arriva a compiere quel balzo in avanti, il solo capace di saldare l’esperienza delle comunità in cui ognuno di noi è immerso con le istituzioni che creano e garantiscono le regole del nostro vivere associato.

Senza un senso della patria, nessuna idea di riforma delle nostre istituzioni, nessuna rigenerazione della politica, nessuna individuazione di corpi intermedi appropriati per il XXI secolo e nessun processo di sincera, ulteriore e necessaria unificazione europea è possibile e percorribile con successo.

Perché chiunque voglia affondare uno di questi tentativi non avrà altro da fare che recuperare il proprio strumentale simulacro di patria, per riuscire nel suo intento. Una selva di idoli protagonisti ciascuno di un monoteismo intollerante è sempre a disposizione e pronta per essere scagliata contro l’idea pluralistica, inclusiva, accogliente, duttile e cangiante di madre patria di cui abbiamo bisogno.

Il punto è che, a prescindere da tutte le ragioni che possono essere individuate per spiegare la difficoltà del nostro sentimento patrio ad affermarsi, una patria è necessaria. Lo è tanto più nel momento in cui la strutturale volatilità del mondo ci chiede una capacità di interazione e integrazione con gli altri sempre più profonda.

Senza un’identità forte e consapevole ci sentiamo deboli e insicuri, non siamo in grado neppure di capire che cosa possiamo concedere senza perdere noi stessi. Tutto diventa intrattabile se non sappiamo che cosa per noi non può essere messo in discussione, quali sono le nostre fondamenta e radici, quali sono i valori e i tratti che ci caratterizzano.

Per quanto possa suonare paradossale, solo un’idea di patria solida e condivisa può guidarci con maggior serenità e minori ansie verso una effettiva integrazione europea.

Solo un progetto condiviso e solido di patriottismo e un’idea chiara di madre patria ci può consentire di tenere a bada il razzismo, il sovranismo, l’identitarismo – quest’ultima una sindrome che, in forme diverse, affligge tanto la destra quanto la sinistra. Solo un forte senso di quali caratteri definiscono la nostra Patria ci può permettere di aprirci agli altri senza paura di perderci.

Non possiamo lasciare solo a partiti che troppo spesso rappresentano pure e semplici macchine elettorali al servizio di questo o quella leader il compito di elaborare il concetto di madre patria, che è – e deve essere – politico ma che non è – e non può essere – di parte (partigiano), e che costituisce il principale argine capace di contenere la lotta tra le fazioni.

La patria è sì un valore politico, ma può svilupparsi esclusivamente a partire da un’elaborazione sentimentale e culturale che scaturisca dai cuori e dalle menti dei cittadini e delle cittadine, i quali erano qui prima che le forze politiche contemporanee prendessero forma e saranno qui dopo che queste ultime saranno scomparse e, in alcuni casi, persino dimenticate.

Perché oggi più che mai è importante parlare di patria. La versione di Parsi

Di Vittorio Emanuele Parsi

La patria, formidabile moltiplicatore di energie, abnegazione e spirito di sacrificio, in grado di creare quel senso di identità che è il solo punto di partenza possibile per aprirsi agli altri senza paura di esserne invasi e snaturati, è al centro dell’ultimo volume di Vittorio Emanuele Parsi, “Madre patria. Un’idea per una nazione di orfani (Bompiani). Ne pubblichiamo di seguito un estratto

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